AMBROISE Vollard (1866-1939) è stato uno dei mercati d’arte – o meglio di quadri, come lui stesso si definiva – più incredibili dell’inizio del XX secolo; Pablo Picasso (1881- 1973), uno dei geni più stupefacenti, innovativi e irriverenti delle avanguardie artistiche d’inizio secolo.
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L’incontro tra i due è stato un sodalizio a dir poco proficuo, nonostante i contrasti, gli allontanamenti e i riavvicinamenti che hanno caratterizzato i quasi quarant’anni di attività insieme.
150 opere a Venezia ne ripercorrono le tappe fondamentali, proponendo l’attività grafica che Vollard spronò a realizzare e che Picasso creò solcando una strada che si rivelerà molto confacente alle sue caratteristiche artistiche. Per la prima volta sono raccolte tutte le serie più importanti che l’artista realizzò per o su commissione del mercante; le famose 100 incisioni della “Suite Vollard” – di cui porta il nome e a cui Picasso lavorò dal 1927 al 1937, pubblicate solo dopo la morte di Vollard – la “Minotauromachia”, le 30 acqueforti originali per l’“Histoire Naturelle” di Buffon e infine le acqueforti della serie dei “Saltimbanchi”.
Vollard fu uomo dotato di un acume particolare tanto da essere il mercante di artisti all’inizio sconosciuti o reietti come il giovane Picasso e Cézanne, o il paladino di molti altri molto contestati come Derain o Roualt. Questo ci indica che fiuto eccezionale ebbe nell’intuire il talento ed il potenziale di molti artisti che avrebbero poi fatto la storia dell’arte ma soprattutto l’importanza di essere il ponte tra le grandi avanguardie artistiche del Novecento e i più grandi collezionisti europei e americani.
“Pittori incisori è un termine di cui si è poi abusato, applicandolo a professionisti dell’incisione che erano tutto fuorché pittori. La mia idea era invece di chiedere delle incisioni ad artisti che non facessero gli incisori di professione”: questo dichiara Vollard, e fu grazie a quest’ulteriore felice intuizione che un artista come Picasso produsse delle opere grafiche di così eccezionale bellezza.
Si rapportò infatti con una tecnica non sua ma che si rivelò subito molto affine al suo “modus operandi” e ai grandi temi che sviluppò anche sulle tele, facendo di lui forse il più grande incisore moderno dopo Durer, Rembrandt e Goya.
La produzione grafica di Picasso attraversa tutte le sue fasi pittoriche, da quella più classicista del “periodo blu” a quella cubista, talvolta accostandosi anche ad esiti surrealisti. Analizzò temi cari alle sue radici spagnole come la corrida con la serie “Minotauromachia” tentando di raggiungere una ideale commistione tra l’incisione e la pittura attraverso le tecniche dell’acquatinta e l’acquaforte, creò delle incisioni che sono veri e propri azzardi – ovviamente perfettamente riusciti – e tavole dai toni più pacati.
Certo è che anche in questa tecnica – che grazie all’impegno di Vollard diventò al pari di pittura e scultura – Picasso si confermò, grazie all’intuito del suo amico e mercante, il grande genio che le sue tele hanno tramandato alla storia.