Ce l’ha fatta. Tra giganti del web, piattaforme multimilionarie e progetti iperfinanziati, ha vinto la Casa Italiana Zerilli-Marimò. Il suo nuovo sito si è aggiudicato il Webby Award 2025 nella categoria “General Desktop & Mobile Sites – Community”, battendo la concorrenza con un’arma rara nell’ecosistema digitale: l’autenticità.
Un risultato storico per l’istituto culturale affiliato alla NYU, che da oltre trent’anni costruisce dialoghi tra Italia e Stati Uniti con grazia, rigore e passione. Il nuovo sito della Casa era stato selezionato tra i cinque finalisti, accanto a progetti con budget ben più ampi e strutture globali. Ma a fare la differenza non sono stati gli effetti speciali. È stato lo spirito. La capacità di essere presenti, accessibili, umani – anche online.
Dietro questo risultato ci sono mesi di lavoro silenzioso: idee che si sono fatte codice, ore piccole davanti allo schermo, riunioni infinite, revisioni minuziose. Come ha detto Stefano Albertini, direttore della Casa dal 1994: “Abbiamo cercato di portare online quello che facciamo dal vivo da più di trent’anni. È stato faticoso, ma ne è valsa la pena. Volevamo un sito bello, accessibile, libero. E ce l’abbiamo fatta”. Il sito, progettato da Giuseppe De Lauri insieme all’agenzia creativa Takt, è un esempio raro di equilibrio tra estetica e funzione. È una vera e propria biblioteca viva: video, conferenze, documentari, poesie, articoli, fotografie – tutto gratuito, tutto accessibile, senza pubblicità, senza tracciamenti. Una dichiarazione politica, oltre che culturale.
Fondata nel 1990 dalla baronessa Mariuccia Zerilli-Marimò, la Casa nel corso degli anni, ha ospitato storici, poeti, registi, filosofi, e lo ha fatto senza mai trasformarsi in un evento mediatico. Per Albertini e il suo gruppo, il premio è meno un traguardo e più una conferma che è ancora possibile costruire spazi digitali che non si misurano solo in clic. E che forse, proprio per questo, riescono a durare.
Il premio Webby, assegnato da una giuria internazionale, è spesso considerato l’equivalente di un Oscar per il digitale. Non comporta ricompense economiche, ma garantisce una visibilità enorme. E per una realtà pubblica che lavora con risorse limitate, ma si rivolge a un pubblico ampio e trasversale, è un riconoscimento prezioso. Un modo per dire che un’altra rete è possibile.