Nel film Io Capitano di Matteo Garrone, Seydou e il suo amico Moussa vedono l’Europa come un miraggio. Un luogo lontano dalla polvere e dalla fatica, che immaginano attraverso gli schermi dei telefoni, nei racconti di chi ce l’ha fatta. Non scappano dalla guerra, non fuggono dalla fame estrema. Partono perché vogliono di più. Il 20 marzo 2025, alla Casa Italiana Zerilli-Marimò della NYU, il cinema e l’antropologia si incontreranno per provare a raccontare questo viaggio. Il film, candidato agli Oscar 2024 come Miglior Film Internazionale, sarà proiettato in collaborazione con il Center for European and Mediterranean Studies.
Garrone non si limita a parlare di migrazione, ma la mette in scena come un’odissea contemporanea, un rito di passaggio che si snoda tra deserti e centri di detenzione, tra illusioni e naufragi. Il mare non è il primo ostacolo, è solo l’ultimo. E quando Seydou si ritrova al timone di un peschereccio sovraccarico, sotto un cielo senza coordinate, il ragazzo che è partito non esiste più. Al suo posto c’è qualcuno che urla “Io, capitano”, con la voce spezzata, con il respiro corto, con la consapevolezza improvvisa che chi guida non sempre sceglie di farlo.
Ma cosa succede prima del mare? Chi sono davvero questi ragazzi che partono, senza sapere cosa significa partire? Cosa ci dice questo film, al di là delle emozioni che suscita? A discuterne, dopo la proiezione, sarà Naor Ben-Yehoyada, Professore alla Columbia University che ha seguito per anni le traiettorie della migrazione irregolare, il gioco di specchi tra Europa e Nord Africa, tra chi parte e chi accoglie – o respinge. Il suo libro The Mediterranean Incarnate racconta il legame invisibile che unisce Sicilia e Tunisia, due terre separate da un tratto di mare che è sempre stato più ponte che confine. Il Mediterraneo, nelle sue ricerche, non è solo uno spazio geografico, ma un campo di battaglia culturale, un’arena dove si decidono destini individuali e politiche globali.
A moderare l’incontro sarà Isabella Trombetta, Visiting Assistant Professor alla New York University, che prima di approdare al mondo accademico ha vissuto l’esperienza diretta del soccorso in mare a bordo della nave Aquarius con SOS MEDITERRANEE, osservando da vicino il fragile confine tra salvezza e tragedia, spesso racchiuso in poche miglia.