Captain America salì alla ribalta tirando un cazzotto in faccia a Hitler. Era il marzo 1941, un anno prima dell’entrata in guerra degli Stati Uniti: la propaganda antinazista aveva trovato il suo paladino, coraggioso e senza mezzi termini. Quel giornalino con la copertina di Jack Kirby, pubblicato da Timely Comics, non ha prezzo. O meglio, ce l’ha ed è straordinario come il protagonista dell’avventura. È stato venduto sei anni fa da Heritage Auctions a Dallas per 915 mila dollari, cifra record che lo inserisce fra i primi cinque fumetti più costosi al mondo. Rarissimo, ricercato, introvabile, fa il paio con l’altro Santo Graal dei collezionisti: il leggendario numero 15 della serie Amazing Fantasy, datato 15 agosto 1962. Diventato famoso perché rappresenta l’epifania di Spider-Man.
I due albi – e tanto altro fra tavole originali, manifesti, giochi da tavolo, videogame, figurine, adesivi, quaderni, pupazzi della Mego Corporation – sono esposti fino al 9 marzo nelle sale di Palazzo Falletti di Barolo a Torino. La mostra intitolata “Amazing” celebra gli anni gloriosi della Marvel attraverso la parata dei personaggi più famosi: un coloratissimo lunapark per lettori padri e figli, cresciuti (o in crescita) a pane e supereroi. A metterli in fila ci si accorge di quanto sia lungo l’elenco tra buoni, cattivissimi, alieni e comprimari dalla A di Abigail Brand alla Z di Zorba. A ciascuno il suo preferito, però in fondo piacciono tutti a tutti anche se per motivi differenti.

Certo è bello sapere che il pianeta Terra è protetto da cavalieri di giustizia e verità, a partire dai Fantastici Quattro: la Cosa, Mister Fantastic, Torcia Umana, la Donna Invisibile. E poi in successione Hulk, Thor, Iron Man, Devil, gli X-Men, il Dottor Strange e Silver Surfer. Ci affidiamo a loro quando appare il nemico di turno. Però anche i criminali hanno qualcosa che affascina. Eccoli, i malvagi impossibili da odiare. Caratterizzati da nomi che ne descrivono la bizzarra peculiarità, fisica o psicologica: il Camaleonte e l’Avvoltoio, il Riparatore o il Dottor Octopus. E ancora Lizard, Cervello Vivente, Electro, i Duri, l’Uomo Sabbia, Kraven, Mysterio, Goblin. A comandare il circo c’era un genio creatore: Stan Lee detto The Magician o The Smiling, mago sorridente. Quando arrivò in Italia a Lucca Comics, edizione 1973, il formidabile affabulatore incantò gli aficionados che l’accolsero da maestro tra i maestri Hugo Pratt, Crepax, Don Rosa, Lee Falk e Al Capp.
La sua vita è stata un’avventura. Il ragazzino nato a New York nel 1922 era ricco di fantasia ma senza un dollaro, primogenito di una coppia di ebrei emigrati negli States dalla Romania. Si arrangiava componendo necrologi per i quotidiani, poi esordì nella Timely Comics. “Il mio compito era cancellare le linee a matita che rimanevano nelle tavole”, raccontava rievocando il lavoro da addetto alle copie. Era il 1939, Stan aveva 17 anni, di lì a poco avrebbe indossato la divisa dell’esercito. Prima di partire scrisse un testo promozionale per Capitan America: la prova generale di un fuoriclasse della letteratura a strisce. A guerra finita non fu però facile rimettersi a inventare meraviglie. Il conflitto mondiale aveva creato psicosi e incubi, la crisi delle vendite ne fu la conseguenza: resistevano in edicola solo le testate di Superman, Batman e Wonder Woman della concorrente Dc Comics.

“Volevo chiudere. Mia moglie mi convinse: non devi mollare, ripeteva, scrivi le storie che senti”. Fu uno choc benedetto. Nel 1961 la Timely si trasformò – grazie all’editore Martin Goodman – nella Marvel di cui Lee fu sceneggiatore, supervisore, caporedattore, direttore artistico ed editoriale, presidente. Organizzava le pagine della posta, si occupava dei redazionali. Faceva tutto. In un amen rivoluzionò il panorama dei comics presentando un battaglione di personaggi nuovi. La procedura era standard. Il guru discuteva la storia con gli artisti, preparava una sintesi e la consegnava al disegnatore, che riempiva le pagine stabilendo composizione e successione delle vignette. Terminato il lavoro preparatorio, era sempre lui a inserire le didascalie e i dialoghi, infine controllava lettering e colore. Senza le sue intuizioni, l’universo Marvel non esisterebbe. Anche se la discussione su ruoli e meriti è ancora aperta, specie per le tavole disegnate da Jack Kirby e quelle firmate Steve Ditko, che se ne andò sbattendo la porta all’ennesimo contrasto su Spider-Man.
Ditko venne sostituito nel 1966 da John Romita senior, capace di aggiungere un gusto estetico moderno alla serie dell’Uomo Ragno. Il lavorio di lima e scalpello, matita e china, evidenzia negli ottanta bozzetti in mostra un inedito dietro le quinte. “C’è differenza tra leggere una storia a fumetti e osservare la tavola originale. Puoi ricostruire mentalmente la storia dell’opera, immaginare i pentimenti nascosti dietro una cancellatura, capire perché una vignetta è stata rifatta”, spiega il curatore Luca Bertuzzi. Ditko resta l’autore del costume e della maschera di Speady, ispirati a un vecchio catalogo per il Carnevale dei bambini. E c’è tanto di suo nei bracciali che sparano ragnatele artificiali. Ma è stato Lee e Lee soltanto a immaginare il personaggio. “Osservando una mosca che camminava sul muro ho pensato: non sarebbe bello se un essere umano potesse fare la stessa cosa? L’ho visto come un adolescente insicuro, con un sacco di guai e pochi soldi. Prima che arrivasse lui, c’erano i buoni onnipotenti. Ho cambiato le carte perché anche i supereroi hanno problemi personali”.

Superman è figlio dello spazio, viene da un altro mondo irrompendo nel nostro con poteri extraterrestri. Spider-Man & Co. sono invece ordinary people, persone qualunque che per un accidente del destino acquistano capacità smisurate. “Il loro successo sul pubblico sta nella parola immedesimazione”, sottolineava Stan. La sua scomparsa a Los Angeles il 12 novembre 2018, a 95 anni, non esclude il ritorno: i supereroi come lui non possono morire.