È il duetto di Giorgia e Annalisa a vincere la serata delle cover del Festival di Sanremo con il brano Skyfall, singolo del 2012 di Adele, theme song dell’omonimo film, 23simo capitolo della saga cinematografica di James Bond. Al secondo posto Lucio Corsi che canta Nel blu dipinto di blu con Topo Gigio. Terzi, Fedez e Marco Masini con la cover di Bella stronza.
La quarta serata sanremese si apre con la presenza di Roberto Benigni, “un sogno che si realizza” per Carlo Conti. Il comico toscano premio Oscar intona insieme al conduttore l’“Inno del corpo sciolto”, un brano scritto da Benigni nel 1979: un satirico invito alla defecazione come gesto liberatorio di rivalsa di tutti i vinti nei confronti degli oppressori. Mordace anche sull’attualità politica, col richiamo al potere planetario di Elon Musk che si accingerebbe a compiere la marcia su Roma: o Roma o Marte! Grazie a lui Trump si prenderà Sanremo e, dopo la Groenlandia e il Canada, annetterà agli Stati Uniti l’intera Liguria, applicando un dazio sulle trofie al pesto. Non si tratta di un vero monologo, ma di un brillante scambio col conduttore, al termine del quale si annuncia il grande ritorno di Benigni su Rai1, mercoledì 19 maggio, con lo spettacolo Il Sogno.
Spetta a Rose Villain aprire i canti insieme a Chiello, omaggiando Battisti con l’intimistico brano Fiori rosa, fiori di pesco, rivitalizzato con un graffio rock.
Entra in scena Mahmood, il co-conduttore maschile della serata, già vincitore del Festival di Sanremo nel 2019 con il brano Soldi e nel 2022 in duetto con Blanco con Brividi. In total black e occhialino da intellettuale annuncia l’accoppiata dei Modà con Francesco Renga, che si esibiscono sulle note di Angelo, brano con cui Renga, con una tenera dedica a sua figlia Jolanda, vinse Sanremo edizione 2005. Nonostante i due artisti, paritari quanto a potenza vocale, interpretino il brano con intensità, non manca qualche sbavatura, dettata probabilmente da un errore nello scambiarsi parti del testo.
Nel ventesimo anniversario della scomparsa di Nicola Calipari, Alto Dirigente del Sismi che sacrificò la vita per salvare quella della giornalista del Manifesto, Giuliana Sgrena, rapita in Iraq da una cellula terrorista, Carlo Conti ricorda che il Festival venne interrotto per dare la notizia della sua morte, annunciando che sulla storia di Calipari uscirà il 6 marzo al cinema il film Il Nibbio con Claudio Santamaria.

È poi il turno della co-co femminile Geppy Cucciari, che esordisce con un ironico non-monologo sulle accoppiate, proponendo di definire i due generi come “cantante 1” e “cantante 2” per preservare il politically correct e sui complicati meccanismi di voto attraverso un’infografica proiettata sul maxischermo dell’Ariston.
Si continua, tenendo i soliti ritmi battenti dello show che hanno contrassegnato questa puntualissima quanto ansiogena edizione, con una cover di The Sound of Silence, il brano più classico del duo folk statunitense Simon & Garfunkel, interpretato da Clara insieme a Il Volo. I tre giovani artisti, che vinsero Sanremo nel 2015 con il brano Grande amore, vendendo da allora decine di milioni di copie nel mondo, dopo un incipit a cappella, armonizzano pomposamente il brano, portandolo in una direzione più convenzionale rispetto all’originaria dimensione intimistica, esprimendo la sensazione di angoscia derivante dalle difficoltà comunicative tra umani e, come conseguenza, l’incapacità di amarsi. Il tormento dell’amore è rappresentato anche nella successiva cover di Tutto il resto è noia di Franco Califano, cantata da Noemi e Tony Effe. I due inscenano con intensità appassionata la cinica quanto realistica visione dell’amore del Califfo, laddove la cieca illusione dell’innamoramento lascia il posto alla maledetta noia che si sviluppa nel tempo lungo di una relazione.
Francesca Michielin duetta con Rkomi sulle note de La Nuova stella di Broadway, una ballata di Cesare Cremonini ispirata al musical Chicago pubblicata nel 2013. Michielin si accompagna al pianoforte, ma poi azzarda qualche passo attraverso il palco col piede fasciato incastrato nei sandali. Riceve i fiori dal galante Conti, che non sbaglia un colpo neanche stasera; la rosa viene rimpallata a Rkomi e da lui riciclata a una violinista dell’orchestra in un giro di valzer di cordialità.
La sesta cover è un richiamo all’italianità più rappresentativa nell’immaginario collettivo: Nel blu dipinto di Blu, canzone nota universalmente come Volare. Non è certamente prevedibile né convenzionale l’accoppiata dei protagonisti del brano scritto e interpretato da Domenico Modugno nel 1958. Scenicamente, appare poeticamente onirico il duetto tra Lucio Corsi e Topo Gigio, il pupazzetto antropomorfo creato nel ’59 cui Leo Valli (pseudonimo di Carlo Migliorin) presta la voce. Tenero e quasi realistico il topino che canta e suona un piccolo pianoforte bianco affacciato dalla sua casetta giunta all’Ariston direttamente dallo Zecchino d’Oro. Gigio è forse la vera star della serata, cui il conduttore Carlo Conti (che ha condotto la 67sima edizione della kermesse dei cantanti in erba nel novembre 2024) porge un mini bouquet e a cui Mahmood chiede un selfie in diretta.
I tre conduttori mettono in scena, tra un duetto e l’altro, divertenti siparietti, scherzando ad esempio sull’uso dell’Auto-Tune, in un’edizione in cui questo sistema di manipolazione dell’audio è poco usato da voci che, nella maggior parte dei casi, ne hanno poco bisogno. È il caso del duo Serena Brancale, nel suo mood tra il soul e l’R&B, e Alessandra Amoroso che, interpretando la cover di If I Ain’t Got You di Alicia Keys, sia pure con timbro e sfumature di colore differenti, alzano l’asticella tecnica della competizione delle cover che – ricordiamo – fa gara a sé. Dopo la rievocazione di un brano iconico della musica italiana, Figli delle Stelle, portato al successo da Alan Sorrenti nel 1977, con l’invito al pubblico a intonarlo da parte del conduttore, è la volta della slow ballad Say Something del duo statunitense A Great Big World feat. Cristina Aguilera, proposta dal cantante in gara Irama con Arisa, che esalta le doti di intensità interpretativa di Irama, chiedendo per se stessa – usignolo d’Italia – solo un complimento per la parrucca liscia e nera.
La giovane Gaia duetta – quale privilegio! – col leggendario artista brasiliano Toquinho, alla sua quarta partecipazione sanremese, sulle note de La voglia, la pazzia, interpretata originariamente da Ornella Vanoni con Vinícius de Moraes e lo stesso Toquinho. Gaia, avvolta da un lungo vestito scintillante in stile charleston, una Jessica Rabbit dark, accenna qualche passo di samba, ma è troppo fasciata per riuscire a muovere le anche.
Si balla sulla cover del recente successo di Sal Da Vinci Rossetto e caffè. Il cantante di cittadinanza statunitense duetta con The Kolors, che coinvolgono il pubblico scendendo in platea. Sono invece Bengji & Fede a infiammare il palco del Suzuki Stage in Piazza Colombo con la loro hit Dove e quando. E mentre il pubblico in galleria urla a gran voce “Carlo, sali!”, incitando il conduttore a raggiungerli, sale sul palco Marcella Bella con i Twin Violins, due angeli in bianco che volteggiano attorno alla vecchia gloria della canzone italiana, che si presenta fasciata in un elegante abito di velluto vermiglio intonando il brano L’emozione non ha voce, pubblicato nel 1999 con testo di Mogol e musica di Gianni Bella, presente in prima fila e doverosamente omaggiato. I due gemelli del violino suonano ancora il brano Viva la Vida dei Coldplay, che li rese famosi durante la pandemia da Covid-19. È con l’immagine di Pino Daniele proiettata sul maxischermo del palco insieme a Rocco Hunt, in gara, e Clementino, che partono le note blues napoletaneggianti di Yes, I know my way. I due cantanti napoletani introducono nel brano barre rappate e danno una bella sferzata di energia al pubblico, che risponde battendo le mani e alzandosi in piedi quando sente la voce di Pino Daniele che chiude inaspettatamente il brano. L’indimenticato musicista napoletano sarà celebrato il 18 settembre in Piazza del Plebiscito a Napoli in una serata intitolata “Pino è – Il viaggio del musicante”, che sarà condotta proprio da Carlo Conti insieme a Fiorella Mannoia.
Nel mezzo della serata, il co-conduttore Mahmood propone un medley dei suoi successi che, con balletti iconici, è uno show nello show. Circondato da ballerini-batman e vestito di un rosso sgargiante, tra paillettes e voile, come look batte tutti e tutte, soprattutto quando si denuda il petto. Ci si mette anche Carlo Conti a ballare Tuta gold, beccandosi un involontario colpo al naso da Mahmood. Tredicesima cover in gara è Io sono Francesco, la filastrocca per bambini che tocca corde profonde anche nei in cuori adulti: brano che, dal sapore autobiografico, richiamando la sua infanzia difficile, segnò l’esordio del cantautore Tricarico. I due Franceschi sul palco, Gabbani e Tricarico, vestiti di bianco a richiamare la purezza dell’infanzia, vengono circondati nel finale da uno stuolo di bambini con in mano dei cartelli con su scritto “Viva Francesco”. Suona come un buon auspicio, nella serata in cui il Pontefice Francesco è stato ricoverato al Policlinico Gemelli di Roma per un’infezione alle vie respiratorie. Segue il duetto vincitore della gara, che vede Giorgia e Annalisa, elegantissime in black&white, impegnate, tra gorgheggi e virtuosismi, nell’interpretazione di Skyfall.
Aperta dai versetti in aramaico del Salmo 51, la cover de La Cura di Battiato, interpretata da Simone Cristicchi e Amara, ci avvolge con la sua aura mistica, cui seguono le atmosfere ricercate e sperimentali degli Ofenbach che duettano con Sarah Toscano sulle note del loro brano Overdrive, successo del 2023.
Con il duetto dei Coma_Cose e Johnson Righeria, sembra di fare un tuffo in una delle tante discoteche di riviera nell’estate dell’85. Il pubblico tradizionalmente composto dell’Ariston, si alza e balla, memore di un’adolescenza lontana da cui, forse, per chi c’era, non siamo usciti mai. Il Righeira survivor, un po’ imbolsito ma con occhiale futurista d’acchiappo, come attitude gliel’ammolla ancora, si direbbe a Roma.
Joan Thiele e Frah Quintale cantano Che cosa c’è, una canzone di Gino Paoli del 1964. Il brano, scelto dalla cantante italo-colombiana in virtù di un forte legame emotivo col testo, riesce a restituire le sue emozioni e alla fine della performance, commossa, abbraccia il suo collega ospite.
Animata e frizzante la versione de Il Pescatore di Fabrizio De Andrè di Olly con Goran Bregović e la Wedding and Funeral Band, con la sua festosa brass session e le colorate coriste coi tradizionali abiti bulgari. Balla ancora il pubblico, che questa sera fa gli squat sulle poltrone.
Nella cover di A mano a mano e Folle città si realizza la fusione delle atmosfere malinconiche di Riccardo Cocciante e dell’eccentricità popolare di Loredana Berté in un omaggio a Roma da parte dei due cantanti di borgata Elodie e Achille Lauro. Coppia scenicamente dirompente, artisticamente folle. E Lauro è l’unico che riesce a rompere i rigidi schemi della scaletta intonando a sorpresa la canzone Ancora di Eduardo De Crescenzo, dedicandola a Elodie per San Valentino.

Ancora evocato Pino Daniele sol suo capolavoro del ’91 Quando. Reso classico e forse un po’ di maniera da Massimo Ranieri, impreziosito dalle armonizzazioni impeccabili dei Neri per Caso. Si succedono, a seguire, due terzetti: Willie Peyote con Tiromancino (Zampaglione) e Ditonellapiaga che interpretano Un tempo piccolo, brano intenso e malinconico di Franco Califano, canzone che quest’anno compie 20 anni, e Brunori Sas con Riccardo Sinigallia e Di Martino con L’anno che verrà di Lucio Dalla, di cui si conserva l’impostazione acustica e cantautorale. Doveroso, da parte di Carlo Conti, il ricordo di alcuni personaggi importanti per la musica e la cultura italiane, recentemente scomparsi, come Giorgio Cocilovo, storico chitarrista di Renato Zero, il regista Francesco Ebner e il critico musicale Ernesto Assante.
Forse per evitare le polemiche riguardanti il testo, bollato come maschilista e offensivo per le donne, Fedez riscrive e rappa le strofe di Bella stronza di Masini con una connotazione fortemente autobiografica. Il controcanto di Masini sostiene la melodia originaria del brano, che pur ibridato funziona benissimo, tanto da finire sul podio.
La cover di Creuza de mä di Fabrizio De André interpretata da Bresh in coppia con Cristiano De André presenta problemi tecnici e si rifà tre volte, ma la si risente volentieri, perché c’è tanto dello spirito e del sangue originari.
Merito di Shablo riportare sul palco dell’Ariston Neffa, uno dei precursori dell’hip hop italiano. Bel groove potente la cover di Amor de mi vida (Sottotono) e Aspettando il sole (Neffa) insieme a Guè, Joshua e Tormento. Chiude la serata il duo Paolo Kessissoglu e sua figlia Lulita, in arte lamolllie, che col brano Paura di me, esplorano in maniera autobiografica il rapporto tra genitori e figli e il disagio giovanile. Momento impegnato e forse un po’ retorico che tutti i monologhi spazza via.