La magia del Fauno colpisce ancora, o forse è solo l’avveduto e anticipato ricordo che l’anno che verrà segna il 75esimo anniversario della morte di Vaclav Fomič Nižinskij, ovvero Vaslav Nijinskij, nato a Kiev nel 1889 e deceduto a Londra nel 1950. Sia come sia, Roberto Zappalà sarà il 3 e 4 dicembre con Performative speech: studio sul Fauno, all’Istituto Italiano di Cultura di New York e dal primo dicembre al Knl Theatre di Manhattan con Body Teaches 2.0 .
Per il coreografo catanese e la sua Compagnia Zappalà Danza sarà un bel dono di Natale, ma anche per chi avrà modo di incontrare questo intrepido artista. Attivo da trent’anni, e con 80 coreografie a suo carico, fondò nel 2002, a sue spese e a quelle della sua famiglia, Scenario Pubblico, ai tempi unico e accogliente istituto di danza moderno-contemporanea, munito di teatro e ristorante-bar e oggi, a Catania, diventato uno dei quattro Centri Nazionali di Produzione della Danza riconosciuti dal Mibact (Ministero italiano per i Beni e le attività Culturali) nel 2015. La particolarità di questo coreografo è aver modulato sulla scorta della sua formazione eclettica non solo accademica, anzi interdisciplinare, un vocabolario dinamico e a tratti gestuale.
Nella maggior parte delle sue creazioni Zappalà ha tenuto viva la storia e l’attualità della sua terra, la Sicilia. Ha denunciato le mafie; le migrazioni, lo scempio delle morti in mare, il terrore di un vulcano, l’Etna, che ancora non si dà e non dà pace a chi gli abita ai piedi e sul pendio. Ma ha anche cantato la bellezza delle zagare in fiore, parola derivante dal siciliano zàgara, e a sua volta dall’arabo زَهْرَة (zahra, “fiore”), per esprimere le particolarità di una terra di atavici incroci etnici, di sensualità ed erotismo come ci ricordano i tanti artisti romantici tedeschi e non solo, che nel XIX secolo non potettero esimersi dal famoso viaggio nell’isola del sole e degli agrumi.
Ancor prima, Goethe scrisse nel suo meraviglioso poema Italienische Reise (steso tra il 1786 e il 1788) che “l’Italia senza la Sicilia non lascia un’impressione durevole nell’animo; qui sta la chiave di tutto”. Parole che nascondono nostalgia ed estasi; se il paragone non fosse disequilibrato, si tratta, più o meno, delle stesse espressioni che Zappalà pronuncerà all’Istituto di Cultura newyorkese per presentare il suo Fauno, o meglio il suo Preludè à l’après-midi d’un Faune di Nijinskij su musica di Claude Debussy. La pièce del 1912, nata in seno ai Ballets Russes di Sergej Djagilev, fece scandalo per il feticistico amplesso della fantasiosa creatura, il Fauno, inghiottito e nascosto in un fondale di Léon Bakst, dal rigoglioso fogliame, sin tanto che un gruppo di sei ninfe, in abiti grecizzanti, ma dall’andatura di profilo, rivela quella Musa e ninfa che il Fauno predilige, insegue, cattura pure lui con un’andatura di profilo e una serie di gesti anche facciali come l’urlo muto, rimasti indelebili nella storia della danza. Purtroppo la ninfa prediletta risponde alla foga del Fauno con la fuga, dimenticandosi il proprio scialle setoso. Su quell’oggetto, il Fauno, con plateale feticismo, si stenderà e darà sfogo alle sue ossessoni erotiche. Nel 1912 intervenne la censura, e Djagilev impose a Nijinskij di mitigare il suo finale amplesso sino a renderlo quasi irriconoscibile, senza riuscirci del tutto.

Si nota infatti quel quid auto-erotico a cui anche Filippo Domini, uno dei danzatori della Zappalà Dance Company, alluderà all’Istituto Italiano di Cultura di New York, dando le spalle al pubblico per poi tornare a danzare chissà perché allegramente per buona parte del Prélude, composto da Debussy tra il 1891 e il 1894 e ispirato al poema Il pomeriggio di un fauno di Stéphane Mallarmé. In abiti quotidiani, Domini è stato e sarà l’unico interprete del Prélude come nella Trilogia dell’estasi, ultima fatica di Zappalà, comprendente anche Bolero e il Sacre du printemps. La sua interpretazione sarà tuttavia preceduta da una proemio del compiaciuto coreografo: non sull’impressionistica composizione musicale, bensì sulle parole di Mallarmé e sull’incredibile tête-à-tête con la sua Sicilia (“[…]una festa s’esalta nel fogliame-Estinto: Etna!, è tra le tue pendici -Visitate da Venere che posa il bianco piede sulla dura lava[…]”). Ma non solo: ricordando lo spazio angusto del balletto, originale in tutti i sensi perché privo di prospettiva, Zappalà dedica attenzione al tappeto sul quale il suo danzatore si trasfoma in Fauno dei nostri giorni: potrebbe essere un clochard ma anche un Aladino pronto a volare ovunque pur di riavere la sua lampada magica, oppure un islamico che danzando prega verso la Mecca.

Quanto alla pièce Body Teaches 2.0 . ha debuttato nel 2022 ed è come annuncia il suo titolo, una sorta di “lezione” sul corpo danzante con sette ballerini: Samuele Arisci, Giulia Berretta, Filippo Domini, Anna Forzutti, Fernando Roldan Ferrer, Silvia Rossi, Erik Zarcone. L’intento è mostrare il linguaggio messo a punto negli ultimo 20 anni da Zappalà, il Modem, una sorta di confronto dinamico, nella divulgazione di un’idea di corpo capace di essere accogliente, riflessivo e mutevole. Body Teaches 2.0 ha le sue radici in Patria una “rilettura’ del concetto esposto alla luce della situazione attuale dove “globalizzazione e immigrazione fanno emergere tutta la fragilità delle democrazie e dei valori liberali, mentre spinte populistiche ne destabilizzano i fondamenti politici e sociali”. Niente paura per il pubblico americano con il quale i danzatori proveranno ad entrare in dialogo celebrando la necessità comunitaria della condivisione globlale.