Ponyboi è un film che segna un punto di svolta: è il primo lungometraggio con un protagonista intersex interpretato da un attore intersex. Diretto da Esteban Arango, il film, in concorso al 42° Torino Film Festival, non è un manifesto di rivendicazione, né un saggio sulle sfumature dell’identità di genere. “Volevamo che fosse un film popolare, capace di parlare a tutti, ma senza mai tradire ciò che siamo”, sottolinea il protagonista River Gallo, modello, attore e attivista Latinx non binario. “E’ un film che osa portare sullo schermo ciò che raramente si vede: la storia di una persona intersex che si dibatte tra il peso delle aspettative altrui e il desiderio di essere, semplicemente, se stessa<2.
Al centro della trama troviamo Ponyboi (Gallo), una persona intersex che conduce una vita complessa e malinconica. Lavorando come sex worker in una lavanderia gestita dal manipolatore e spacciatore Vinny (Dylan O’Brien), Ponyboi si ritrova intrappolato in una relazione clandestina con quest’ultimo. Vinny aspetta un figlio dalla migliore amica di Ponyboi, Angel (Victoria Pedretti), e cerca di spingere Ponyboi a modificare il proprio corpo per ragioni che poco hanno a che fare con i suoi desideri personali e molto con la sua avidità.
Nel film il desiderio non è orientamento, né scelta consapevole, né approdo definitivo. È un vento che spiazza e scompone, un mosaico che si ricompone in modi inaspettati. “Per me, Ponyboi è la personificazione di un viaggio di scoperta”, precisa Gallo. “È un sognatore e un combattente, qualcuno che cerca di abbracciare tutte le parti di sé, anche quelle che gli altri vorrebbero nascondere o cambiare”. Il regista colombiano-americano aggiunge: “La storia si muove tra il noir e il sogno, giocando con gli elementi del genere per esplorare l’oppressione che Ponyboi vive in un mondo iper-mascolino. Deve confrontarsi con il suo passato per liberarsi dalle catene autoimposte da una vita distruttiva”.
Il progetto Ponyboi ha avuto origine da un cortometraggio concepito dallo stesso Gallo, ma la sua evoluzione in un lungometraggio è stata il frutto di un lavoro lungo un decennio. “Questa storia è nata come un pezzo teatrale durante i miei anni di studio alla NYU”, spiega Gallo. “Successivamente, l’ho trasformata in un un film breve e, infine, con l’arrivo di Arango, è diventato un’opera completa”.
Uno dei momenti più iconici del film coincide con l’arrivo di Bruce (Murray Bartlet), un carismatico uomo maturo e carismatico che sembra incarnare il cowboy che Ponyboi aspettava. Il loro incontro, reso indimenticabile da un duetto improvvisato sulle note di I’m On Fire di Bruce Springsteen tra lavatrici a gettoni, racchiude l’essenza magica del film. È uno dei tanti tributi che il film dedica al New Jersey, luogo in cui è ambientato il film e spesso bersaglio di vecchie battute cinematografiche. “Volevo anche catturare la dualità di questo luogo”, spiega il regista, al suo secondo lungometraggio dopo Blast Beat del 2020. “Da un lato, c’è il grigio industriale, la durezza della realtà. Dall’altro c’è un’aspirazione alla bellezza che emerge anche nei luoghi più oscuri”.
“Non avrei mai immaginato di raccontare questa parte di me”, conclude Gallo. “Per molto tempo ho pensato che l’intersessualità fosse qualcosa di cui vergognarmi. Ora ho capito che è qualcosa da celebrare, e vedere il pubblico accogliere questo film con entusiasmo è una vittoria per la comunità intersex e trans. Ponyboi non solo darà forza alla comunità intersex ma a tutte le persone emarginate”.