Una pompa schizza nell’aria come un serpente impazzito. L’acqua travolge i pompieri. Le fiamme divorano il palazzo, sbucano dalle finestre, salgono verso il cielo. Londra brucia. Le bombe incalzano. Il mondo è fuori controllo. La prima scena di Blitz, l’ultimo film del regista inglese Steve McQueen, stabilisce immediatamente tono e messaggio: la guerra è orrenda, è solo distruzione e morte. E la guerra non è solo quella raccontata in Blitz, e cioè il secondo conflitto mondiale e i bombardamenti nazisti su Londra, durati otto mesi fra 1940 e 1941: è quella che incombe oggi su tutti noi, che si combatte in Ucraina, in Medioriente, i conflitti in Africa, le navi che minacciano Taiwan. “Questo film non sarebbe potuto essere più urgente – ha affermato il regista al New York Film Festival dove il film è stato presentato dopo il debutto in apertura al London Film Festival – Il tema è importante sempre, per nostra sfortuna, perché evidentemente non riusciamo a imparare dagli errori del passato, ma più che mai è importante oggi.”
Blitz racconta una piccola storia, avvenuta a Londra nel 1940 durante i bombardamenti a tappeto, il famoso Blitz appunto, decisi da Hitler per far capitolare l’Inghilterra. La storia di un bimbo di colore che la madre vuole salvare dalle bombe e decide di far evacuare. “Non volevo raccontare di Churchill o Roosevelt – spiega McQueen – volevo focalizzare l’attenzione su questo bambino, George, la madre Rita, il poliziotto nigeriano Ife, Mickey Davies che gestiva i rifugi a Stepney. E’ veramente esistito, era un oculista, uno dei pionieri del sistema sanitario nazionale: perché non lo conosciamo? Perché non gli abbiamo dedicato una statua?

Steve McQueen, artista concettuale passato alla regia con Hunger del 2008 seguito da Shame del 2011, entrambi interpretati da Michael Fassbender, e 12 Years a Slave del 2013, Oscar per il Miglior film e la migliore regia fra gli altri, ha sempre cercato nei suoi film di analizzare i fatti da prospettive diverse. “Mi interessa sempre quello che non è stato ancora visto” dice e nel caso di Blitz l’attenzione è sui bambini, le donne, i neri, e le altre minoranze discriminate.
“Allora le donne erano la spina dorsale emotiva e fisica della nazione, ma questo non è mai emerso. Tutto quello che succede nel film è basato su fatti realmente accaduti: un bambino ha effettivamente salvato la gente intrappolata nei tunnel della metropolitana inondati di acqua, un soldato nero che era uno studente nigeriano ha fatto effettivamente il discorso che fa nel film.
Ho lavorato con uno storico, Joshua Levine, che ha scritto il libro La storia segreta del blitz, sono andato all’Imperial War Museum e così ho scoperto per esempio che il centro di Londra era cosmopolita, c’era una comunità cinese, tre club frequentati da neri, ma non vedi mai nulla di tutto ciò nei film su quel periodo. Per me è stato come vedere un film sui cowboys e scoprire che gli indiani non erano i cattivi. La verità è la verità.”
Il bimbo al centro della storia, George, interpretato da Elliott Heffernan, trae ispirazione da una immagine ritrovata dal regista nelle sue ricerche: quella di un bambino di colore alla stazione, con un cappotto troppo grande per lui e una valigia pure troppo grande. Furono sfollatiti 800mila bambini da Londra durante i mesi del blitz, pochi erano di colore, ma McQueen punta l’attenzione proprio su uno di loro, immagina che non voglia stare lontano dalla madre, una bellissima Saoirse Ronan (Grand Budapest Hotel, Lady Bird, Ammonite, Piccole donne), e dal nonno, il musicista Paul Weller alla sua prima prova cinematografica. E che torni indietro cacciandosi in una serie di avventure alla Oliver Twist. Il film racconta quindi come il governo inglese, che chiedeva la collaborazione di tutti nella guerra, tollerasse il razzismo verso la popolazione di colore, non si preoccupasse di proteggere i cittadini nei rifugi, chiudesse un occhio sullo sciacallaggio sui morti sotto i bombardamenti.

Ma Blitz non è solo la storia di una famiglia nella guerra e degli aspetti meno conosciuti di quei giorni, è anche un film con degli effetti cinematografici notevoli. L’orrore degli incendi che si trasforma attraverso effetti di bianchi e neri torrenziali in un campo di margherite, bombe che sembrano arrivare sugli spettatori, effetti sonori incombenti e una telecamera che cammina insieme ad un cameriere per tutta la lunghezza di un elegante night club, per raccontare l’opulenza della vita prima della morte per una bomba.
Blitz può sembrare a volte didascalico e moralistico, ma in un momento storico come l’attuale è un film da vedere “perché il mondo è impazzito” dice il regista e perché “alla fine si tratta di un film sull’amore, l’unica cosa per cui vale la pena vivere e morire. Niente altro. E’ questo che volevo dire.”