Oro bizantino illumina la sala. Madonne dagli occhi lunghi e mani affusolate si moltiplicano, materne, reclinate sui loro bambini, sempre sul braccio sinistro. Crocefissioni con sangue a fiotti, il dolore raccolto delle donne da una parte e quello manifesto degli uomini dall’altra. La sala è scura, l’istallazione magnetica. Siena: the rise of painting, 1300- 1350 o Siena: la grande stagione della pittura, al Metropolitan Museum di New York dal 13 ottobre al 26 gennaio 2025, è una mostra ambiziosa, meravigliosa, che riunisce per la prima volta opere di un’arte meno conosciuta dal grande pubblico ma fondamentale allo sviluppo del successivo rinascimento figurativo e scultoreo della vicina Firenze. Oltre 100 fra icone, pale d’altare, dipinti di devozione privata e pubblica, sculture, arte orafa ecclesiale, riunite con uno sforzo collaborativo enorme fra grandi istituzioni museali americane ed europee, principalmente il Metropolitan di New York e la National Gallery di Londra, dove l’esposizione si sposterà dall’8 marzo fino al 22 giugno, e naturalmente i musei e l’Arcidiocesi di Siena e Arezzo.

Siena all’inizio del ‘300 era un crocevia culturale ed economico. Passaggio della via Francigena che collegava Canterbury con Roma e Napoli passando da Francia e Olanda, e dove quindi confluivano genti diverse, ma anche stimoli artistici da nord e sud, l’arte bizantina e quella gotica, le sete, i tappeti, i colori orientali, Siena era allora, prima di Firenze, il cuore pulsante dell’arte. “Siena ha rappresentato un autentico epicentro di innovazione artistica nei secoli XIV e XV. Il suo contributo allo sviluppo dell’arte europea e della pittura non sarà mai valorizzato abbastanza” ha detto all’inaugurazione Max Hollein, amministratore delegato del Met.
Gli artisti senesi Duccio di Buoninsegna, Pietro e Ambrogio Lorenzetti e Simone Martini sentono il vento del cambiamento, assorbono le influenze nell’aria e le fanno loro: i volti che dipingono mostrano le emozioni, i corpi occupano lo spazio con il movimento e raccontano storie che si dipanano in pannelli, si susseguono nelle pale d’altare. “Il peculiare linguaggio artistico di Duccio, dei fratelli Lorenzetti, di Simone Martini e dei loro contemporanei – ha spiegato il curatore Stephan Wolohojian, responsabile dei Dipinti europei del Met – ha ribaltato completamente il corso della pittura europea. Prendendo in esame l’audace lavoro di questi artisti senesi riusciamo a tracciare la nascita di molte delle idee dei loro successori”.

Alcune delle opere di questi artisti sono ammirabili insieme per la prima volta dopo secoli, come i pannelli della Maestà di Duccio di Buoninsegna o del polittico Orsini di Simone Martini finora disperso fra i musei europei di Anversa, Parigi e Berlino.
“Non erano mai stati riuniti prima – ci spiega il curatore Stephan Wolohojian – ci siamo detti, con il direttore della National Gallery Gabriele Finaldi e con il Museo di Boston: perché non mostrare finalmente insieme questi capolavori? Da parte dei musei italiani poi c’è stata una incredibile collaborazione ed entusiasmo e a dire la verità da domani mi mancheranno le nostre quotidiane telefonate e interazioni.”
All’inaugurazione erano presenti, oltre al console Cesare Bieller, il sindaco di Arezzo Alessandro Ghinelli e la sindaca di Siena Nicoletta Fabio che entusiasta ha commentato: “Spero che la risonanza di questa mostra possa incuriosire e invitare il pubblico a venire a Siena a vedere gli affreschi del Cattivo e Buon Governo di Palazzo Civico, attualmente in fase di pre-restauro a cantiere aperto”.
Fra i prestiti dell’Arcidiocesi di Siena l’icona bizantina detta Madonna del Carmine, arrivata a Siena nel ‘200 con i monaci carmelitani insediatisi nella Chiesa di San Niccolò al Carmine. Dal Museo Diocesano la Madonna del Latte di Ambrogio Lorenzetti del 1330 circa, dipinto rivoluzionario per l’arte senese del Trecento per la rappresentazione del bambino che allatta e intanto guarda divertito lo spettatore. Due enormi sinopie (disegni preparatori) dell’Annunciazione, sempre di Ambrogio Lorenzetti sono arrivate dall’Eremo di San Galgano.
Da Arezzo, dopo ritardi burocratici, è riuscito ad arrivare a New York il monumentale polittico della Pieve di Santa Maria, di Pietro Lorenzetti, del 1320 detto anche la pala Tarlati, perché eseguita su commissione del vescovo Tarlati. Non era mai uscito prima dall’ambiente per cui è stato dipinto.


Nella prima sezione della mostra la Madonna Stoclet di Duccio di Buoninsegna: acquistata dal Met nel 2005 per la considerevole cifra di 45 milioni di dollari è una delle rare opere dell’artista presente in un museo americano, eppure non è mai stata apprezzata appieno finora. Proprio il suo essere in apertura spiega al visitatore l’importanza del pittore nel processo di evoluzione dell’arte del periodo.
Fulcro della mostra, come accennato, è la ricostruzione nella sua interezza, per la prima volta in 500 anni, della predella del tergo della Maestà di Duccio di Buoninsegna, realizzato per l’altare maggiore del Duomo di Siena. Questa immagine in grande scala della Madonna in trono, dipinta su due lati di circa 4 metri per 2, ha richiesto al pittore e ai suoi allievi 5 anni di lavoro. La Maestà è rimasta poi sull’altare fino al 1506 quando si è iniziato a smantellarla. Da allora alcune tavole si sono perse, altre sparse per il mondo. Per questa storica riunione dall’Opera Metropolitana di Siena sono arrivate la Tentazione di Cristo al Tempio e le Nozze di Cana, dalla Frick Collection di New York la Tentazione di Cristo sul monte, dalla National Gallery of art di Washington la Vocazione di Pietro e Andrea, dal Museo Nazionale Thyssen-Bornemisza di Madrid Cristo e la Samaritana al pozzo, dalla National Gallery di Londra la Guarigione del cieco così come la Trasfigurazione, mentre la Resurrezione di Lazzaro appartiene al Kimbell Art Museum di Forth Worth in Texas.

La mostra si conclude con Simone Martini che, all’apice della carriera, intorno al 1330 lasciò Siena per Avignone, dove realizzò affreschi per la chiesa di Notre-Dame des Doms e un’importante pala d’altare per la chiesa francescana. E così che l’arte senese gettò i suoi semi anche nel nord Europa mentre su Siena intorno al 1350 si abbatteva la peste che mieteva la popolazione e gli artisti che avevano fatto grande la città. A noi rimane l’ingenuità preziosa dei loro racconti evangelici, la maestria delle loro pennellate, e persino le preghiere, rinvenute dentro il Cristo ligneo di Lando di Pietro spaccato da una bomba alleata del ’44 sulla Basilica dell’Osservanza.
