La ginestra e la lava, il giallo incandescente della vita e il grigio plumbeo della morte, il movimento verso l’alto della sopravvivenza e la coltre devastatrice della fine. Leopardi l’ha raccontato nei suoi versi: E tu, lenta ginestra/ che di selve odorate/ queste campagne dispogliate adorni/ anche tu presto alla crudel possanza/ soccomberai del sotterraneo foco. Era il 1836 e il poeta osservava la natura e rifletteva sull’esistenza umana da una finestra di Torre del Greco mentre il colera sterminava Napoli.
Allegra Hicks, artista poliedrica che dagli acquarelli è passata agli arazzi e ai bronzi, si è ispirata a questo canto e alla bellezza e resilienza della ginestra per una serie di opere ora in mostra (fino al 19 ottobre) all’Istituto Italiano di Cultura di New York. La ginestra e il Vesuvio è il titolo della mostra che raccoglie 8 opere, fra arazzi, ricami e sculture che ci raccontano la finitezza della vita. “Avevo una necessità di lavorare sul tema della ginestra – ci ha detto Allegra Hicks – Ho riscoperto questa poesia e la profondità di Leopardi quando ho ritrovato un vecchio libro. Al liceo lo si studia, ma non lo si comprende, si è distratti da tanto altro. Io poi volevo fare il liceo artistico e non il classico, ero una visiva, non mi importava, ma quando l’ho riletto, con l’esperienza di tutta una vita, ne ho capito il senso e l’assoluta modernità. Il concetto della natura matrigna, laddove noi siamo la natura”.
La ginestra diventa quindi un simbolo di resilienza, sa che appassirà, ma accetta il suo destino godendo del sole e dell’aria finché può. Non è come l’uomo che d’eternità s’arroga il vanto. In questa mostra, scelgo di accoppiare la capacità della natura di annientare alla sua potenza generativa” spiega ancora l’artista. Un grande arazzo raffigura la ginestra esplodere dalla bocca del Vesuvio, un trittico esplora il fiore da diverse angolazioni, in altre tele i lapilli della lava del Vesuvio sovrastano il giallo potente della vita della ginestra.
Non è solo Leopardi, però, a ispirare Allegra Hicks: “Da quando vivo a Napoli provo la meraviglia di sentirmi libera di fare quello che voglio. Napoli è una città talmente bella, è un sogno, c’è una disponibilità, un’apertura incredibile. Sono arrivata in fonderia con dei metri di crochet e ho detto: voglio farlo diventare bronzo. E invece di rispondermi sei matta, mi hanno detto proviamo. Io vengo da Torino, le montagne, la chiusura, sono vissuta a Londra; a Napoli c’è il mare, un respiro più vasto.”
E proprio a Napoli, nel rione Sanità l’artista esporrà dall’11 al 13 ottobre un’opera che si ispira alle leggende della città. Un uovo in crochet e bronzo che, secondo il mito, Partenope aveva nascosto prima di morire. “Io lo faccio ritrovare in una tomba greca” annuncia un po’ divertita; un uovo che di nuovo è evocazione della vita, della fragilità e caducità della bellezza.