Agli Emmy Awards del 2024, i premi della tv americana, Shōgun ha fatto la storia portando a casa ben 18 statuette, superando così il record precedente stabilito da John Adams nel 2008. Oltre al premio per la miglior serie drammatica, l’edizione di quest’anno è stata segnata da due vittorie storiche per i protagonisti. Hiroyuki Sanada è il primo attore giapponese a vincere un Emmy come miglior attore in un dramma, seguito da Anna Sawai, che ha trionfato come miglior attrice, diventando la prima interprete asiatica a ottenere tale riconoscimento nella stessa serata.
Un successo che ha il sapore di una rivoluzione culturale. Quello che accade sullo schermo, sembra specchiarsi nella realtà: un passaggio di testimone tra due colossi della narrazione televisiva, uno radicato nelle moderne dinamiche familiari occidentali, l’altro immerso nei giochi di potere del Giappone feudale.
Non è frequente che una serie in lingua non inglese trionfi agli Emmy, un territorio che per decenni ha parlato quasi esclusivamente la lingua di Shakespeare. Eppure, il successo planetario di Squid Game ha aperto una breccia, dimostrando che il pubblico e la critica sono pronti ad accogliere storie provenienti da culture lontane, con lingue e codici narrativi differenti.
Tratto dal celebre bestseller di James Clavell, pubblicato nel 1975, Shōgun era già stato adattato per la televisione nel 1980, con Richard Chamberlain e Toshiro Mifune nei ruoli principali. Nella nuova versione, il samurai Lord Yoshii Toranaga, interpretato da Hiroyuki Sanada, si ritrova a lottare per la propria sopravvivenza mentre i membri del Consiglio dei Reggenti tramano contro di lui. L’improvviso arrivo del marinaio inglese John Blackthorne, naufrago su una nave europea e interpretato da Cosmo Jarvis (Peaky Blinders), offre a Toranaga un’occasione insperata per rovesciare le sorti del potere. Grazie a Blackthorne, riesce a minare la posizione dei suoi nemici, tra cui gesuiti e mercanti portoghesi. Mentre Toranaga gioca la sua partita con astuzia e pazienza per diventare il nuovo Shōgun, che significa “generale”, la più alta carica militare in Giappone, Blackthorne vive un profondo cambiamento interiore, scoprendo nel Paese del Sol Levante una nuova visione di onore e civiltà.
Durante la presentazione ufficiale alla Japan Society di New York lo scorso 27 febbraio, Sanada, già noto per ruoli in L’ultimo Samurai e John Wick 4, ha parlato della serie come di una finestra aperta su una terra millenaria che vive in bilico tra passato e presente. L’attore ha voluto sottolineare come il Giappone, spesso ridotto a stereotipi tecnologici e di intrattenimento dall’Occidente, sia un paese radicato in tradizioni antiche. “La cerimonia del tè, il tatami, i giardini Zen, i templi e i santuari non sono solo immagini di un passato remoto,” ha spiegato, “ma pratiche ancora vive, rispettate e custodite con cura nella quotidianità del nostro popolo”.
Riflettendo sul suo ruolo, Sanada ha affermato: “Non mi bastava interpretare un personaggio. Ogni gesto, ogni movimento, dal modo di camminare all’arte della spada, doveva rispecchiare fedelmente la storia. I costumi non erano solo vestiti, ma un linguaggio. Volevo che il pubblico sentisse il peso del nostro passato, che si immergesse nella stessa realtà che noi giapponesi viviamo quando guardiamo al nostro retaggio culturale”.
La star della serie ha anche parlato della difficoltà e della bellezza del mettere insieme due mondi distanti, quello giapponese e quello hollywoodiano. “Non abbiamo semplicemente creato un prodotto artistico, ma realizzato una vera sintesi culturale. Abbiamo unito l’attenzione scrupolosa e l’eleganza formale tipiche del Giappone con la grandiosità visiva propria del cinema americano. Una sfida enorme, che speriamo possa lasciare un segno duraturo”. Per realizzare questa visione, il cast e la troupe hanno lavorato con un rigore quasi maniacale, coinvolgendo esperti in ogni aspetto della cultura giapponese, dai maestri di spada agli artigiani del kimono, per garantire che ogni dettaglio fosse autentico e profondamente rispettoso delle tradizioni.
Anna Sawai, nel ruolo della nobile Toda Mariko, una cristiana convertita che Toranaga incarica di fare da traduttrice per Blackthorne, ha descritto la sua esperienza come un autentico viaggio nell’anima del Giappone. Per l’attrice, interpretare Mariko non significava solo recitare delle battute, ma immergersi completamente in una cultura dove ogni gesto, ogni movimento, porta con sé un bagaglio di significati profondi. “Indossare il kimono non era semplicemente una questione tecnica,” ha raccontato, “ma un atto di introspezione, quasi un rituale. Sentivo che con quel tessuto avvolgevo su di me secoli di storia. Ogni volta che lo indossavo, percepivo il peso di tradizioni millenarie che mi attraversavano.”

L’attrice giapponese di origine neozelandese, già protagonista di Pachinko, serie uscita nel 2022 che narra le difficoltà affrontate dagli immigrati, ha raccontato come la preparazione per il ruolo di Mariko abbia trasformato il suo rapporto con la cultura giapponese: “Non si trattava solo di imparare a muovermi, ma di interiorizzare la grazia di una nobildonna. Camminare, sedermi, anche solo respirare: ogni cosa doveva trasmettere la dignità di un’epoca lontana.” Un episodio, in particolare, le è rimasto impresso durante le riprese: “Quando ho iniziato a padroneggiare l’arte della calligrafia, ho capito che non stavo semplicemente tracciando dei segni su un foglio. Era come se stessi dando vita a un mondo interiore. Ogni tratto del pennello era denso di significato, come se ogni gesto di Mariko raccontasse un intero universo di simboli e valori.”

Hiroyuki Sanada, oltre a dare volto e anima a Toranaga, ha ricoperto il ruolo di produttore, e ha svelato come questa esperienza gli abbia finalmente concesso la libertà di raccontare il Giappone esattamente come lo aveva sempre immaginato. “In passato, come attore, ho spesso avvertito il peso di limitazioni nel modo in cui la mia cultura veniva rappresentata,” ha confidato. “Questa volta, invece, ho avuto l’opportunità di incidere profondamente su ogni aspetto della produzione, e credo che il risultato parli con la forza e l’autenticità che ho sempre desiderato trasmettere”.