Per un mese l’anno, una sonnolenta cittadina della Baviera si riempie di turisti e melomani: è Bayreuth, dove Richard Wagner grazie al re Ludwig II costruì un teatro a misura delle sue ambizioni, del suo egocentrismo e della sua musica. Ogni anno dal 1876, migliaia di pellegrini wagnerofili arrivano qui per riempirsi di wurstel, leitmotiven e tradizione, fra regie più o meno discusse, signori in abito nero e signore in lungo alle quattro del pomeriggio, sole o pioggia che sia. Quest’anno: molto sole, temperature a 35 gradi e tanti fra il pubblico che hanno ceduto alle Birkenstock e alle magliette; anche perché in sala, Wagner concepì lunghe file e sedili stretti, sicché si respira poco ed è impossibile uscire durante l’esecuzione.
In questo tempio per eccellenza, il festival 2024 ha visto una rivoluzione, per la prima volta una maggioranza di direttrici donne: tre su cinque. La celebrata australiana Simone Young è a Bayreuth per la prima volta sul podio delle quattro opere dell’Anello dei Nibelunghi. La francese Nathalie Stutzmann è tornata per il secondo anno a dirigere Tannhäuser. Mentre l’ucraina Oksana Lyniv era per il quarto anno sul podio di Der Fliegende Holländer. Nel 2021 era stata lei la prima donna a dirigere a Bayreuth. Il soffitto di vetro si era crepato, ora è crollato.

Lyniv a spezzare record ci è abituata; è direttrice stabile del Comunale di Bologna, prima donna alla guida di un ente lirico sinfonico in Italia. Il suo Olandese Volante è elettrizzante, poetico e curatissimo nei dettagli, nelle dinamiche, nello splendore del suono.
Com’è l’ambiente in questa Bayreuth piena di donne?
Devo dire che c’è una grande atmosfera. Si sente davvero che qualcosa sta cambiando; in uno dei filmati di scena della regia del Tannhäuser per volontà della direttrice artistica, Katharina Wagner, è stata cambiata la targa all’inizio del corridoio che porta ai camerini. Si legge non Dirigenten ma Dirigentinen al femminile. I tempi mutano e noi li influenziamo; sono felice e onorata che il 2021, il mio debutto, sia stato un successo e sì, il primo passo per questa nuova storia.

Lei sta dirigendo tutto l’Anello dei Nibelunghi a Bologna, in forma di concerto; in ottobre ci sarà la seconda opera, La Valchiria. Una vera full immersion wagneriana: altri progetti a Bayreuth?
In ogni caso, tornerò nel 2026, quando ci sarà il giubileo dei 150 anni del Festival, perché Katharina Wagner vuole far eseguire tutte le opere in fila, e tornerò un’altra volta per l’Olandese. Abbiamo anche celebrato i 260 anni del Teatro Comunale di Bologna con un concerto di Wagner con la suite del Parsifal. Ho anche diretto un programma completo wagneriano nella Cattedrale di Siena. In realtà il mio sogno è dirigere tutte le sue opere e ho iniziato già molti anni fa a studiare tutte le partiture, le ho tutte in fila nella mia biblioteca, e regolarmente prendo il Tristano, o Parsifal, per studiare le connessioni. Wagner è tutto un cosmo, un intero mondo, e ogni opera è collegata alla successiva. È stato il primo compositore d’opera nella storia dell’arte lirica a portare l’idea del teatro musicale a livello globale, anche al di sopra della vita, delle solite storie che venivano usate come libretto. Nella Tetralogia, e soprattutto nel Parsifal, pone domande che non hanno risposta. Qual è la fine del mondo? Qual è il significato dell’amore? Le sue idee, prelevate dalla mitologia, ci portano a domande universali del futuro, del mondo, del futuro dell’umanità, dello sviluppo delle relazioni umane, dello sviluppo della nostra filosofia e delle nostre arti. E credo che questo sia ciò che rende la musica di Wagner affascinante; ormai sono passati più di 100 anni, ma stiamo ancora cercando di decifrare tutti i significati, tutti i simboli, che ha messo nelle sue opere.
Lei in primavera ha debuttato al Metropolitan con la Turandot di Puccini. Ascoltando il Verdi delle ultime opere e Puccini si sente tutta l’influenza di Wagner: ci pensa quando dirige opere italiane?
Certamente sì. Non solo Turandot. Già nel 1883 Puccini, giovane ma famoso, e fu ingaggiato da Ricordi per realizzare una versione ridotta dei Meistersinger von Nürnberg per la Scala, e venne qui a Bayreuth per studiare la partitura di Wagner. Fu la prima volta che si trovò a stretto profondo contatto con il linguaggio armonico di Wagner e il sistema del leitmotiv influenzò il suo lavoro. Nel secondo atto di Manon Lescaut ripropone il celebre accordo del Tristano per ben dieci volte, e un altro riferimento al Tristano e Isotta è nella Turandot al terzo atto, nel piccolo duetto tra Turandot e Liù. Sappiamo che a Puccini fu suonata l’ouverture del Tristano la sera prima di partire per l’intervento chirurgico a Bruxelles, insomma fu l’ultima musica che ascoltò. Puccini era un celeberrimo musicista italiano ed era molto aperto, attento a tutto ciò che accadeva nelle arti intorno a lui.

Ci penso anche ogni volta che entro in sala al Comunale a Bologna. C’è questa storia incredibile del 1871, data della prima rappresentazione italiana del Lohengrin, dirigeva Angelo Mariani, famoso direttore verdiano. E lì, nascosto in una dei palchi di Bologna, c’era Verdi con un piccolo spartito per pianoforte dove annotò i suoi commenti. Era forse anche un po’ geloso di fronte all’ammirazione del pubblico italiano, ma analizzava: la nuova musica, il linguaggio e la nuova orchestrazione. Era anche un ascolto critico, certo… e quello spartito per pianoforte oggi è al Museo Verdi.
Una domanda, è inevitabile, sul suo paese, l’Ucraina, ancora sconvolto dalla guerra dopo l’invasione russa. Tutti parlano di pace, ma pace è una parola difficile… Cosa potrebbe accadere e cosa vorrebbe che accadesse?
Tutti vorrebbero avere la pace, il prima possibile. Perché quando c’è la guerra, è impossibile vivere. Si perde la famiglia. Si perde la vita normale. Si perde la possibilità di creare, di godersi la vita. E per me è anche difficile essere qui, perché anche se sono in sicurezza, tutta la mia famiglia è in Ucraina. Tutti i miei amici, tutti i miei colleghi, tutti i miei progetti. Il mio Festival Mozart di Leopoli e la mia Orchestra Giovanile dell’Ucraina: abbiamo perso la nostra casa e per organizzare ogni progetto per i giovani musicisti di talento dell’Ucraina, dobbiamo cercare nuove residenze. Dobbiamo chiedere il sostegno di nuovi partner e festival, perché ogni possibilità di trascorrere insieme una settimana è molto preziosa. Molti giovani musicisti hanno già perso la casa, la scuola, hanno i genitori al fronte. Per noi è un profondo momento simbolico suonare insieme, sentire che la musica può aiutarci, può curare le nostre ferite, ma attraverso la musica possiamo anche condividere emozioni e dire grazie per la solidarietà a tutti i Paesi che ci stanno aiutando. Ma è anche il nostro sogno di pace, perché penso che lo scopo dell’arte sia educare, perché la nostra umanità deve svilupparsi, perché il nostro obiettivo dovrebbe essere, per tutti, che le guerre non si verifichino più nel nostro futuro.