Taylor Stanley danza e, solo, riempie la scena. Il suo corpo è fluido, una linea continua nello spazio, non sembra contenga ossa, ma onde, fremiti, scosse a volte, un movimento perpetuo che poco ha a che fare con il balletto più classico. Siamo in un territorio nuovo, anzi nuovissimo. Stanley apre con il suo assolo Love Letter (on shuffle) balletto di Kyle Abraham su musica di James Blake con i costumi di Giles Deacon. Il palcoscenico è quello del New York City Ballet, la serata è dedicata al balletto contemporaneo. Coreografie molto diverse tra loro, tutte di giovani coreografi. Ma è Love Letter a colpire perché ha momenti di grande originalità nella costruzione dei passi, perché è una storia d’amore, fra persone dello stesso sesso, e il protagonista è un danzatore non binario, fluido anche nella sua sessualità. Taylor Stanley è un ballerino che con le sue scelte personali sta iniziando a scardinare le regole ferree che per due secoli hanno dominato il balletto: l’uomo solleva la donna, salta e fa pirouette in aria, la donna si fa sollevare, e le pirouette le fa sulle punte.
Non è il solo: Ashton Edwards del Pacific Northwest Ballet di Seattle, da sempre ambiva a divenire “etereo e sulle punte” cioè una ballerina. Non è stato facile essere ammesso alle classi di punte ma ora è nel corpo di ballo e ha danzato con il tutù Il Lago dei Cigni. Anche Zsilas Michael Hughes di 20 anni è nel Pacific Northwest Ballet e ambisce a interpretare ruoli femminili. Nella compagnia di Béjart a Losanna in Svizzera c’è Leroy Mokgatle di 22 anni, nel Complexions Contemporary Ballet si è esibito sulle punte il 25enne Maxfield Haynes. Ma il primo a rompere la tradizione è stato Chase Johnsey quando nel 2018 ha danzato ne La Bella Addormentata come parte del corpo di ballo femminile dell’English National Ballet. La direttrice Tamara Rojo ha spiegato che non lo ha ammesso per far pubblicità alla compagnia, ma per tentare di adeguarsi ai tempi.

E i tempi sono ormai aperti ai non binari. Definizione che unisce persone che non si identificano con i classici generi maschile e femminile. “La gente pensa che non binario significhi appartenere ad un terzo genere – spiega Maxfield Haynes – ma non è così: la mia identità è un rifiuto assoluto del concetto di genere.”
Kyle Abraham ha composto Love Letter cercando di interpretare questa fluidità, lo stesso ha fatto Justin Peck con The times are racing. A ottobre del 2017 sempre sulla scena del New York City Ballet Daniel Applebaum danzava con Taylor Stanley, in un pas de deux assolutamente inusuale. “Devi prendere coscienza del tuo peso e abbandonarti al tuo partner – ha spiegato Taylor Stanley – abbandonando per la prima volta l’idea di essere tu a condurre.” Justin Peck, coreografo stabile del New York City Ballet, ha annunciato su Instagram che Stanley avrebbe interpretato il ruolo tradizionalmente affidato alla ballerina con gli hashtags “#loveislove #genderneutral #equality #diversity #beauty #pride #proud.” Dopodiché per una replica di The Times Are Racing a marzo, ha affidato alla ballerina Ashly Isaacs il ruolo di un ballerino, in una ulteriore dimostrazione di interpretazioni libere dalle costrizioni di genere.

Agli inizi i ruoli non erano definiti. In Italia, e poi Francia dove si diffuse, la danza era di corte e sostanzialmente simile o intercambiabile. Fu con la codifica del 1701, Choregraphie (l’autore, Raoul-Auger Feuillet, era maître de danse alla corte di Luigi XIV) che i passi elaborati per il Re Sole sono diventati definiti. Ed è stato dopo la Rivoluzione Francese che i ruoli sono divenuti rigidi: le ballerine sulle punte ed eteree, gli uomini forti e porteurs. I balletti classici che oggi ammiriamo sono stati creati per lo più nell’800 e riflettono la visione romantica dell’epoca. Quando oggi vediamo uomini interpretare ruoli femminili di solito è per scatenare la risata, come nel caso delle sorellastre di Cenerentola, o la balia di Romeo e Giulietta. O del famoso Les Ballets Trockadero de Monte Carlo dove ci sono solo uomini con il tutù.
Non è il caso di Love Letter dove Stanley con una tuta colorata con una rouge sul petto danza all’inizio un assolo magnetico sulla musica Radio Silence di James Blake, per poi eseguire un passo a due con Jules Mabie, su Love Me in Whatever Way, erotico nella composizione nuova dei passi, nel gioco dei corpi, come lo è il finale sulla musica Atmosphere.
Forse non è un caso che ad un certo punto del balletto ci sia un omaggio al Lago dei Cigni con una ripresa della danza dei piccoli cigni cadenzata dai pas de chat, quasi a dire: grazie balletto, ti conosciamo, ti abbiamo studiato e celebrato, ora è tempo di cambiare.