Un lavoro potente. Un monologo che affronta tutti gli stadi della sofferenza e della gioia, della tenerezza e della rassegnazione. Come un granello di sabbia – presentato alla Casa Italiana Zerilli Marimò all’interno del Festival In Scena diretto da Laura Caparrotti, che ogni anno porta a New York il meglio del teatro indipendente italiano – è una prova d’autore e d’attore notevole. Scritto da Massimo Barilla e Salvatore Arena, che ne è anche l’interprete, è stato realizzato con la collaborazione di Giuseppe Gulotta, il protagonista reale della storia. Storia di malagiustizia, di corruzione, mafia, omertà, connivenza, storia che il teatro Mana Chuma ha prodotto come ultimo atto della trilogia A Sud della Memoria, denuncia e ricordo dei grandi misfatti del sud Italia.
Come un granello di sabbia è la storia di un ragazzo di 18 anni che si arrangia a fare il muratore, che gira in vespa e si diverte con gli amici fino ad una terribile notte in cui viene portato in questura e identificato come responsabile dell’assassinio di due carabinieri ad Alcamo. Il fatto è tristemente celebre: nella notte fra il 26 e il 27 gennaio 1976 vengono uccisi nella stazione dell’Arma Salvatore Falcetta e Carmine Apuzzo. I carabinieri guidati dal colonnello Giuseppe Russo arrestano subito 5 persone, fra cui Gulotta, cui viene estorta con la forza la confessione che lo condanna. Trascorre in carcere 22 anni da innocente, ma il calvario con la giustizia italiana si conclude solo 36 anni dopo. Dopo la riapertura dell’inchiesta nel 2008 per la denuncia di irregolarità da parte di Renato Olino, uno dei militari allora presenti in quella stazione. Dopo un ennesimo processo. Gulotta viene assolto, è il 2012, la vita ormai gli è sfuggita di mano come granelli di sabbia, come lui è stato un granello di sabbia nella Storia. Quando il carabiniere pentito cerca di stringergli la mano lui si allontana. Poteva dirlo prima, pensa, potevano tutti parlare prima.

I responsabili di quegli omicidi non sono mai stati identificati, spiegano al pubblico Salvatore Arena e Massimo Barilla a fine spettacolo, la verità, si sa, in Italia rimane una fantastica chimera. Specie se, come in questa storia, che nasconde un traffico di armi e droga, sono coinvolti presumibilmente servizi segreti, funzionari di Stato e gruppi neofascisti. Bene quindi che il Teatro Mana Chuma continui a girare l’Italia e altrove per raccontare questa vicenda: dal 2016 Come un granello di sabbia ha fatto 120 repliche fra Italia Francia, Germania e ora New York, mi spiega Massimo Barilla dopo lo spettacolo. “Si tratta dell’ultimo capitolo della trilogia A sud della memoria”, prosegue, “iniziata partendo dall’idea di Elio Vittorini in Conversazione in Sicilia di rileggere la Sicilia dall’interno. Ne fanno parte Di Terra e di Sangue sull’omicidio di Salvatore Carnevale, giovane sindacalista, nel ’55; 70 volte sud sulla uccisione di 5 giovanissimi anarchici nel 1970; e questo Come un granello di sabbia realizzato in collaborazione con Gulotta”. Perché tornare su questa vicende? gli ho chiesto. “Perché non sono state raccontate fino in fondo, e il compito del teatro è sollecitare delle curiosità nelle persone. In più noi non ci fermiamo all’atto teatrale: rendiamo disponibili i nostri archivi a chiunque voglia continuare a indagare”.
Salvatore Arena è un attore straordinario, talmente convincente nella sua interpretazione da far quasi pensare sia lui la vittima, proprio lui massacrato di botte, messo in isolamento, chiuso in carcere per non avere fatto nulla. Come si conta l’aria? Si chiede entrando in scena dopo aver respirato profondamente, quell’aria che troppo a lungo gli è stata tolta.