“II mito dell’Odissea, il poema epico attribuito a Omero che parla del viaggio verso casa di Ulisse dopo la guerra di Troia, continua ad esercitare un’influenza duratura sulla nostra comprensione del viaggio umano e delle sue implicazioni simboliche”. Cristina Mantis, regista di origine calabrese, già autrice del pluripremiato Redemption Song , ha presentato Kalavrìa in anteprima mondiale alla 15esima edizione del BIf&ST nella sezione ItaliaFilmFest/Doc.
L’approdo del protagonista straniero in Calabria e il viaggio attraverso i luoghi vissuti dall’eroe omerico è lo spunto per interrogativi profondi sulla natura dell’identità, del diverso e la problematicità del concetto di integrazione.
A dare voce e volto ad Ulisse, Ivan Franek, attore già interprete per Paolo Sorrentino (La grande bellezza), Mario Martone (Noi credevamo). È lui il moderno Ulisse, il migrante misterioso, simbolo di milioni di individui che intraprendono viaggi incerti e pericolosi, spesso finendo per naufragare nelle regioni più remote e disagiate del mondo, soprattutto nel Sud.

Il protagonista dell’epopea omerica incarna la resilienza e l’indomabile volontà di sopravvivere anche quando tutto è perduto. Spiega la regista: “Così come Ulisse navigava attraverso mari tempestosi e affrontava prove soprannaturali nel suo viaggio verso casa, il migrante contemporaneo si trova alle prese con prove altrettanto impegnative alla ricerca di un luogo dove trovare un senso di appartenenza. Ulisse ad un certo punto perde la sua identità, non ha più ricordi, così il migrante la perde nella terra che lo accoglie”.
Calabria terra arcaica tra paesaggi incontaminati, idilliaca e ricca di mistero. In questi luoghi si aggira il protagonista come un superstite. Qui incontra persona mortali e personaggi mitologici. Nelle parole dell’attore Franek: “L’incontro con Circe, interpretata da Agnese Ricchi, che lo accoglie, lo cura, rivela la possibilità ritrovare se stesso. Ma come i moderni migranti, il suo pensiero è rivolto al ritorno, alla propria terra di origine. La sua è l’avventura di tutti i migranti”.
Kalavría non è semplicemente una terra fisica, ma nelle intenzioni della regista diventa un’esplorazione profonda del perenne stato migratorio dell’umanità, radicato nel tessuto stesso della nostra psiche. “Ulisse si aggrappa alla zattera del proprio mondo interiore mentre naviga tra le onde dell’esistenza”, aggiunge Mantis, “non perde la sua umanità, e trova una nuova vita nel Sud del Mondo”.
I resti delle antiche città di Sibari e Locri emergono nel documentario come testimonianze tangibili della presenza della Magna Grecia. È qui che secondo le ricerche dello storico Armin Wolf, Odisseo fece la sua ultima sosta prima di fare ritorno a casa. A rivendicarlo sono due eccentrici personaggi che si presentano davanti a Ulisse, entrambi con un fiore in bocca. Sono il compositore greco Alexandros Hahalis e il sublime Pitagora interpretato da Domenico Pantano, che riflettono sul legame profondo tra la terra di Kalavría e la sua eredità greca.
Queste migrazioni greche non solo arricchirono culturalmente le terre d’arrivo, ma furono anche fondamentali per lo sviluppo e la prosperità di queste regioni. La storia ci insegna che l’ospitalità reciproca può portare crescita, miglioramento e progresso. Far rinascere questa antica tradizione, costruire una nuova Magna Grecia è un obiettivo possibile e tangibile.