È dedicata all’ideatrice del prêt-à-porter di lusso, Gaby Aghion, la mostra “Mood of the moment: Gaby Aghion and the house of Chloe”, aperta lo scorso ottobre al Jewish Museum e visitabile fino al 18 febbraio 2024. Oltre 150 capi, schizzi e documenti provenienti dall’archivio Chloé, esposti al pubblico più di settant’anni dopo la fondazione del marchio francese. “Attraverso il mio esempio credo di aver almeno in parte liberato le donne” disse nel 2013, un anno prima della sua dipartita, Gaby Aghion. Quella al Jewish Museum è la prima mostra in onore della fondatrice, tracciando le tappe di una carriera da pioniera partita da Parigi negli Anni ’50, nonchè un exhibit in omaggio allo spirito innovatore di un brand tutto al femminile, capace di mettere in discussione un intero periodo storico. Epoca durante la quale – va sottolineato – le radici ebraiche erano tenute sostanzialmente nascoste.
“I miei colori vengono dall’Egitto” diceva la designer ebrea nata Gabrielle Hanoka, parigina per vocazione ma venuta al mondo ad Alessandria d’Egitto nel 1921. Dalla madre, che si faceva confezionare abiti ispirati alla moda francese, aveva ereditato una passione – già originale -per lo stile, e all’età di 24 anni si trasferì a Parigi insieme al marito Rymond Aghion.
È il 1952, infatti, quando Gaby fonda Chloé, nome scelto perché di una cara amica, Chloé Huysmans. In quella Parigi sensibile al cambiamento, Gaby incontra anche alcuni couturier destinati a segnare la storia della moda, in particolar modo Elsa Schiaparelli che, apprezzando le sue prime creazioni le dà lo slancio necessario per creare la maison.
“Molte cose non esistevano in Francia. Tutto doveva essere ancora inventato e questo mi entusiasmava” disse in seguito Aghion. Le sue furono intuizioni capaci di intercettare i cambiamenti socioculturali del tempo raggiungendo un compromesso – nel vestire – tra l’alta moda dei grandi couturier e un guardaroba meno rigido. Nasce, grazie a lei, dunque, il prêt-à- porter di lusso, con abiti di ottima qualità ma realizzati con l’intento di liberare la donna moderna dai dettami rigidi della moda dell’epoca: guardaroba sì eleganti ma anche comodi e vivaci, adatti ad una lavoratrice indipendente e sicura di sè.
Intuizioni lungimiranti, che fecero il successo di Chloé, evidenti già alla prima collezione – Primavera/Estate 1958 presentata nel 1957 – con l’allestimento dei défilé nei caffè della Rive Gauche, proprio lì dove erano solite darsi appuntamento le donne emancipate alle quali la maison si rivolgeva. Così, tra i tavoli del Café de Flore e della Brasserie Lipp sfilò uno stile fresco e coraggioso, lontano dalle convenzioni roboanti degli atelier. Ogni abito della collezione inoltre, aveva le etichette firmate Chloé, e Gaby impose alle boutique di non rimuoverle – pratica inesistente allora – proteggendo il nome del brand in netto anticipo sul controllo dei loghi
e sulla protezione dei copyright.
Il successo di Chloé si concretizzò negli Anni Sessanta, quando la linea romantica e glamour concepita dalla sua fondatrice incarnò le aspirazioni delle giovani donne dell’epoca. Dopo aver lasciato la Casa di moda da lei fondata, stilisti come Karl Lagerfeld, Stella McCartney, Gabriela Hearst e Phoebe Philo hanno portato avanti la visione di Aghion. Nominata pochi giorni prima dell’apertura della mostra al Jewish Museum, presto debutterà Chemena Kamali, la neo Chloé Creative Director, con la sua prima collezione alla Parigi Fashion Week 2024. To be continued…