Una nuova “Guernica”, non meno drammatica di quella che Picasso dipinse nel 1937 dopo che il tragico bombardamento nazista sulla citta’ basca aveva causato piu’ di mille vittime civili. Questa la prima delle 12 immagini che il Jewish Museum di New York esporrà fino al 19 febbraio, in una piccola e volutamente poco illuminata sala, in una mostra dedicata alla memoria del massacro del 7 ottobre 2023. A disegnarla è stata Zoya Cherkassky, un’artista israeliana di origine ucraina già nota nel mondo artistico internazionale per le sue immagini cariche di messaggi politici.
La storia dell’esposizione, che dal momento della sua apertura il 15 dicembre attira un folto pubblico, è sicuramente significativa, non soltanto per la biografia incredibile dell’artista che l’ha firmata, ma anche perché è stata organizzata in un momento teso e controverso dello scenario internazionale.
Nata in Ucraina, Zoya Cherkassky-Nnadi era già fuggita una prima volta con la sua famiglia, quando era solo un’adolescente, per trovare rifugio in Israele. Nella sua nuova patria , aveva trovato una stabilità e coltivato uno straordinario talento artistico. Da sempre attenta al mondo circostante e duramente critica nei confronti dell’attuale governo israeliano, aveva raffigurato all’inizio di quest’anno il dramma di una famiglia palestinese di fronte alla città di Huwara in fiamme nei territori occupati. E memore della sua origine, aveva denunciato l’anno scorso gli orrori della guerra in Ucraina in una serie di dipinti e aveva poi donato parte del ricavato della loro vendita al suo paese natale.
Quando Hamas ha attaccato Israele il 7 ottobre, Zoya Cherkassky si è di nuovo trasformata, come lei stessa ha detto “in una profuga”. Con in braccio sua figlia di 8 anni, è fuggita a Berlino, lasciando in Israele il marito e la madre. E proprio lavorando come ospite di amici nella capitale tedesca ha raccontato il suo orrore nel suo caratteristico linguaggio artistico e creato una serie di splendidi disegni e acquarelli ispirati non soltanto a Picasso, ma anche ad altri artisti come Kirchner e Beckman.
“Non potevo pensare ad altro. Il mio lavoro si basa sempre su quello che vedo, su quello che mi sta intorno, non potevo non farlo”, ha raccontato in un’intervista.
Quando ha visto quelle immagini, che ritraggono i genitori che tappano la bocca ai loro figli in un kibbutz, i ragazzi in fuga al Nova Music Festival, le donne stuprate o rapite, compresa un’anziana con il numero del campo di concentramento ancora tatuato sul braccio, e perfino i 18 bambini nelle mani di Hamas con il volto copiato dalle foto degli ostaggi, James Snyder, il nuovo direttore del Jewish Museum, non ha avuto dubbi.
Arrivato nella sua nuova posizione solo all’inizio di novembre, dopo una lunga esperienza all’Israel Museum di Gerusalemme e al Museum of Modern Art di New York, Snyder non ha nascosto il suo obbiettivo di fare del Jewish Museum un centro di dialogo e di confronto tra il mondo artistico contemporaneo e la realtà circostante, anche quando è preoccupante e dolorosa. Così, accanto a diverse altre iniziative destinate ad offrire un punto di riflessione sul ruolo dell’arte di fronte al conflitto in Medio Oriente, l’esposizione dei disegni di Zoya Cherkassky non poteva mancare.
“Ho pensato che fosse importante dimostrare questo tipo di azioni attraverso una lente culturale”, ha spiegato Snyder, “E dovevamo farlo velocemente”. Malgrado i tempi strettissimi per l’organizzazione di una mostra, così,, i disegni sono stati trasportati a New York, incorniciati a tempo record, e hanno trovato il loro spazio in una sala che invita alla riflessione. Con un gesto di coraggio, quando molte altre istituzioni ebraiche hanno preferito il silenzio in un momento particolarmente difficile per l’ebraismo americano, il nuovo direttore del museo ha invitato tutti a capire, e magari a discutere, grazie alla creatività di un’artista sensibile e originale. E il pubblico del museo non se lo è fatto chiedere due volte.