In contemporanea all’inizio dell’Upstate Art Weekend, questa sera comincia Cinema in Piazza: per cinque serate fra luglio e agosto, Magazzino Italian Art, in collaborazione con Cold Spring Film Society e Artecinema, propone per la sesta edizione consecutiva la visione in open-air di sei film d’autore per approfondire e presentare al pubblico statunitense un dialogo tra arte e cinema nel panorama cinematografico romano dagli anni Sessanta ai giorni nostri.
Pier Paolo Pasolini, Federico Fellini, Giorgio Cappozzo, Fabiana Sargentini, Nanni Moretti e Paolo Sorrentino, i registi scelti per questa edizione, hanno raccontato e raccontano Roma dal dopoguerra al presente, con esagerazione, nostalgia, desiderio, amore, rendendola vera e propria protagonista dei loro film. In collaborazione con Artecinema, la sera del 18 agosto verrà dedicata alla scena artistica romana del dopoguerra attraverso lo sguardo documentaristico dei registi Giorgio Cappozzo e Fabiana Sargentini,
A curare il ciclo di appuntamenti di quest’anno è la dottoressa Roberta Minnucci, ricercatrice e borsista in residenza 2022-2023 di Magazzino Italian Art.
Dottoressa Minnucci, perché fra tutti è stato scelto proprio il panorama cinematografico romano?
“Mi è sembrato naturale pensare alla capitale per diversi motivi. Se in ambito accademico si guarda a Torino come luogo di nascita dell’Arte Povera, Roma, che è rimasta in disparte, appare come una città che ha permesso a questi artisti di sviluppare un rapporto più profondo con il passato. Anche chi aveva la propria base a Torino scendeva a Roma per lavorare e per esporre il proprio lavoro. Uno fra questi è Giulio Paolini che inaugura la sua prima mostra personale proprio nella capitale alla Galleria La Salita nel 1964. Oppure Michelangelo Pistoletto, che viene invitato a esporre alla Galleria l’Attico nel 1968 e si reca a Cinecittà per prendere in prestito i vestiti di un set cinematografico usati da Fellini – così sembra. E un lavoro del genere non sarebbe stato realizzabile a Torino perché, grazie a tutto quello che ruotava e ruota ancora oggi attorno a Roma, la capitale offriva a questi artisti una piattaforma dove poter sperimentare in maniera diversa nuove artificialità, dimensioni, temporalità. Nella capitale sono evidenti le varie stratificazioni e reinterpretazioni del passato”.

Quindi raccontare questa scelta vi permette di svelare e mettere in rilievo un’altra geografia dell’Arte Povera.
“Ma non solo. Scegliendo Roma come soggetto accompagniamo gli spettatori in questo viaggio ideale dalla collezione permanente, che ruota intorno all’Arte Povera, alla mostra che aprirà il 14 settembre su Mario Schifano, che fa della capitale la propria essenza, rielaborando alcuni elementi iconografici particolari insieme agli altri artisti della scuola di Piazza del Popolo. Quindi mi è sembrata una bella occasione riuscire a far dialogare la collezione permanente con la mostra che aprirà tra poco attraverso il linguaggio cinematografico, che è anche un linguaggio artistico visivo, da qui il titolo Roma: A Visual Journey”.
Riguardo al programma, perché ha scelto questi film?
“Seguendo una narrazione cronologica, i primi due sono stati scelti per fare luce su alcuni aspetti del contesto romano negli anni Sessanta, lo stesso decennio in cui gli artisti legati all’Arte Povera si affacciano alla scena artistica. Come affermava Jannis Kounellis, i film di Pasolini, incluso Accattone, rappresentano il dramma della condizione esistenziale del dopoguerra. Roma di Fellini vuole invece sottolineare la dimensione artificiosa e barocca della finzione cinematografica, fatta di sovrapposizioni storiche che caratterizzano la città e che ne fanno emergere anche i contrasti. Gli ultimi due sono contemporanei. Proprio per questo credo che siano importanti: offrono una visione di Roma più vicina a noi. Vediamo Nanni Moretti che si aggira sulla sua Vespa in questa città deserta, dandoci una prospettiva più vera legata alla dimensione quotidiana. Invece, Sorrentino ritorna a un’immagine più teatrale. È un cerchio che si chiude”.
La serata del 18 agosto è stata organizzata in collaborazione con Artecinema. Come si inserisce con gli altri film?
“Abbiamo la possibilità di offrire una prospettiva sugli artisti che lavoravano a Roma nel periodo del secondo dopoguerra. Quindi il primo documentario analizza il pensiero degli astrattisti, invece il secondo è un film diretto da Fabiana Sargentini che racconta la vita di suo padre, Fabio Sargentini, gallerista che ha avuto un ruolo decisivo nella promozione degli artisti romani dell’Arte Povera negli anni Sessanta e nello specifico di Jannis Kounellis e Pino Pascali. Fin dalla sua fondazione, Magazzino si occupa di promuovere la cultura italiana qui negli Stati Uniti e questo ciclo estivo di cinque appuntamenti si inserisce in uno sguardo più ampio: il 14 settembre verrà inaugurato un nuovo padiglione, Robert Olnick Pavilion, progettato dagli architetti spagnoli Alberto Campo Baeza e Miguel Quismondo, che consentirà al museo di espandere le proprie iniziative educative e il proprio programma espositivo. Questo nuovo edificio, di quasi 4000 metri quadrati, ospiterà una mostra su Mario Schifano e Carlo Scarpa, con alcuni lavori di Ettore Spalletti”.