Attori duplicati all’infinito, voci replicate, immagini persino modificate secondo il gradimento dei produttori. Sceneggiature alterate, ad uso e consumo degli studios. Questo il futuro possibile sugli schermi – grandi, piccoli, telefonini, non fa differenza – un futuro artificiale. Grazie, o a causa, dell’Intelligenza Artificiale, il fantasma che agita Hollywood.
160mila attori, quelli in carne ed ossa, hanno incrociato da ieri sera le braccia. Gli scrittori avevano deposto la penna già in maggio. Un doppio sciopero che ha completamente paralizzato l’industria tele-cinematografica.
Uno sciopero che rischia di fare saltare manifestazioni come il Festival di Venezia e quello di Toronto e a seguire tutti gli altri, se gli attori non troveranno un accordo prima con gli studios.
I produttori sono sconvolti. Denunciano l’avidità delle loro controparti, lamentando che gli scioperi arrivano in un momento critico in cui gli studios si stanno appena riprendendo dal disastro del lockdown. Sostengono di aver proposto un accordo che avrebbe protetto gli attori chiedendo il loro consenso per usare repliche digitali delle loro persone nei film o nelle serie. “Ci propongono di accettare che le comparse vengano scannerizzate, pagate per una sola giornata di lavoro, per poi usare la loro immagine per l’eternità – ha replicato scandalizzato Duncan Crabtree-Ireland, direttore esecutivo del sindacato degli attori SAG-AFTRA o Screen Actors Guild-American Federation of Television and Radio Artists – se pensate che questa sia una proposta accettabile vi consiglio di pensarci di nuovo” ha concluso rimandandola al mittente.

Ma chi ha galvanizzato l’attenzione, sui media e fra i colleghi, è stata Fran Drescher, l’attrice divenuta famosa per il suo ruolo in “The Nanny” negli anni ’90, ora presidente del sindacato degli attori. Con la sua voce dall’ inconfondibile accento di Queens ha chiamato alle armi i membri e minacciato i grandi “moguls” degli studios: “svegliatevi e odorate il caffè… chiediamo rispetto! Voi non esistete senza di noi!” Poi rivolgendosi alle telecamere e cioè al pubblico, senza seguire alcun copione, con una forza sconosciuta ai più fino a quel momento, ha detto: “Sono dalla parte sbagliata della storia in questo momento. Noi siamo solidali in questa battaglia con una unità senza precedenti. Il nostro sindacato, quelli affiliati e quelli del resto del mondo sono con noi.” E ancora: “Sono scioccata dal modo in cui ci trattano quelli con cui lavoriamo da sempre. Siamo lontani su tanti punti. Sbandierano la loro povertà, dicono che perdono soldi di qua e di là e intanto pagano I loro amministratori delegati centinaia di migliaia di dollari. E’ disgustoso. Vergogna!”
I negoziati sono andati avanti a lungo prima della dichiarazione di guerra, ad un certo punto a fine giugno Fran Drescher e Crabtree-Ireland avevano dichiarato di essere ad un buon punto nelle trattative. Ma proprio allora sono scesi in campo i top guns di Hollywood per chiedere di non cedere davanti alle promesse farlocche degli studios: da Meryl Streep a Jennifer Lawrence, più di 1000 attori hanno firmato un documento in cui dichiaravano la loro volontà di scioperare.
E sciopero è stato. Per la prima volta in 43 anni gli attori hanno abbandonato i sets. Niente più riprese, doppiaggi, voiceovers, correzioni di alcun tipo. Il sistema cinematografico e televisivo, un business da 134 miliardi di dollari, paralizzato. Niente più riprese di film attualmente in produzione. Niente più promozione di film già pronti. Alla prima di “Oppenheimer” a Londra Emily Blunt, Cillian Murphy, Matt Damon hanno lasciato il tappeto rosso. La prima newyorkese lunedì sarà senza star. I prossimi festival cinematografici sono in forse. Gli Emmy Awards potrebbero venire consegnati molto dopo la cerimonia già annunciata del 18 settembre.
I picchetti davanti alla sede Netflix a Los Angeles, Paramount, Warner Bros e Disney sono iniziati oggi. “Ho ricevuto assegni per 50 centesimi – ha detto Tatiana Zappardino, attrice delle serie “Tulsa King”, “This is us” “NCIS: New Orleans” che ha partecipato ai picchetti con il bimbo piccolissimo in braccio – spero di ricevere un contratto migliore la prossima volta che non sfrutti la mia immagine per fare arricchire qualcun altro.”
A New York in prima fila all’888 Broadway dove Warner Bros., Discovery e Netflix hanno gli uffici, c’era anche Susan Sarandon: “lavoriamo con un vecchio contratto in un nuovo tipo di business – ha detto – e non va bene per molti colleghi”
Non va bene perché è sopraggiunto lo streaming e se prima gli attori ricevevano delle percentuali in base al successo delle serie o dei film, ora non sanno se le produzioni cui hanno preso parte sono state seguite o meno perché le piattaforme non glielo comunicano.
Intanto lo sciopero di 11500 membri del sindacato degli scrittori, il Writers Guild of America, va avanti. E’ la prima volta dal 1960 che entrambi i sindacati dichiarano guerra, dai tempi in cui presidente di SAG era Ronald Reagan, molto prima che diventasse presidente. Allora chiedevano un salario migliore, oggi di continuare ad esistere.