Al Brooklyn Museum of Art debutta “Africa Fashion”: la mostra che celebra il genio della moda africana dal 1950 ad oggi. Aperta al pubblico a partire dal 23 giugno fino al 22 ottobre 2023 – con oltre 180 opere di designer d’avanguardia e artisti contemporanei, provenienti da tutto il Continente – la rassegna appare come un’affascinante miscela di istinto, estro e folclore.
Organizzata per nuclei tematici, l’esposizione è altresì un’esperienza sensoriale che raggruppa couture e prêt-à-porter, includendo l’arte – dalla fotografia alla musica, alla letteratura. La più grande presentazione mai realizzata sull’argomento, “Africa Fashion” esplora la moda come dimensione dinamica e variegata, caratteristica stessa del Continente. L’irresistibile creatività, l’ingegno e l’impatto globale delle tendenze contemporanee sono rappresentati da più di quaranta designer e artisti, provenienti da venti Paesi e celebrati in una vasta esposizione di abiti, tessuti, ornamenti, testimonianze personali, fotografie e filmati.
A metà del XX secolo, mentre gran parte dell’Africa conquistava l’indipendenza, un’ondata di creatività l’attraversava. Tanto che dalla mostra si evince come la moda abbia svolto un ruolo fondamentale nella rinascita culturale dell’Africa, gettando le basi per la fashion revolution di oggi .

Realizzata dal Victoria and Albert Museum di Londra, sotto la direzione di Christine Checinska – curatrice del Dipartimento della Cultura Africana – nella trasposizione al Brooklyn Museum, l’exhibition è stata adattata dalla collega Ernestine White-Mifetu. “Sede di una delle comunità afroamericane più dinamiche del Paese, Brooklyn offre l’ambiente perfetto per esplorare la ricchezza e la diversità delle molte storie e culture dell’Africa” ha detto White-Mifetu durante l’anteprima riservata alla stampa.

“Africa Fashion” è divisa in due sezioni, la prima funge da introduzione e guarda allo sviluppo della moda post-colonialista, la successiva parla il linguaggio degli artisti contemporanei. L’apertura è dedicata a tessuti e politica. La produzione, il design e la moda delle stoffe africane, in molti Paesi del Continente sono forme d’arte arricchite da funzioni simboliche: prestigio e potere, quindi beni, vere e proprie eredità da tramandare, in ultimo – emblema di messaggi politici – servono come mezzo di informazione e propaganda durante manifestazioni e celebrazioni.
È il caso del tradizionale “Kente” – in mostra – indossato dal primo ministro ghanese Kwame Nkrumah mentre annuncia l’indipendenza del suo Paese dal dominio britannico nel 1957; affiancato dai tessuti della camicia “Madiba” di Nelson Mandela, indossata con l’intento di identificarsi con la propria gente e di voler ”stordire” con colori e fiori i tempi tristi dell’apartheid, trasformandola in segno di riconoscimento prettamente sudafricano.

Al centro, l’immagine di Barack Obama impressa su un abito appare come un messaggio di identificazione e lode. Dalle stampe di cera all’àdìre kente – tessuto indaco prodotto nel sud-ovest della Nigeria – al bògòlanfini – cotone del Mali tinto con fango fermentato – la mostra accentua una ricca storia tessile, dunque, che comprende migliaia di tecniche provenienti da tutta l’Africa.
L’esposizione si snoda lungo i corridoi colmi di oltre duecentocinquanta oggetti di design e con una serie di immagini di noti studi fotografici – Sanle Sory del Burkina Faso e Seydou Keita del Mali– dagli anni Sessanta e Settanta. Affiancati dalle realizzazioni degli stilisti della cosiddetta avanguardia, spicca una rivisitazione del tradizionale ìró nigeriano – abito incrociato – di Shade Thomas-Fahm, noto come il “primo stilista nigeriano”.
L’esposizione termina in un’ultima grande sala – l’apogeo – dove i manichini dei designer contemporanei sono il riassunto del virtuosismo della moda di tutta l’Africa. Molti dei capi provengono dagli archivi di designer d’avanguardia della metà del XX secolo: Shade Thomas-Fahm (Nigeria) Chris Seydou (Mali), Kofi Ansah (Ghana) – primi ad aver conquistato l’attenzione oltre i confini del Continente; e dai quelli della nuova generazione di creativi della moda contemporanea, tra cui la couturiere camerunense Imane Ayissi – il cui talento è riconoscibile in un abito fucsia in seta e rafia – il sudafricano Thebe Magugu- vincitore del premio LVMH nel 2019 come astro nascente – e Gouled Ahmed – artista multidisciplinare – del Gibuti.

Il Brooklyn Museum per l’occasione ha anche lanciato un nuovo concetto di rivendita degli articoli legati ad una mostra. Grazie all’intuizione di Rachel Shetchman – la prima imprenditrice in residenza di un museo in assoluto – è stato installato un pop up del concept store ALÁRA. Fondato nel 2015 dall’imprenditrice Reni Folawiyo, il negozio ha sede a Laos – in Nigeria – e fonde moda, design e cultura. Ai visitatori della mostra del Brooklyn Museum, lo spaccio permette di acquistare mobili, oggetti di design, giocattoli, libri e altro, incluse le opere di molti dei designer presenti in “Africa Fashion”.
Reni Folawiyo – considerata la Madame Colette d’Africa – è nota per il ruolo nel plasmare e definire lo stile contemporaneo del Continente. Il suo negozio ha ricevuto riconoscimenti internazionali per lo spazio dato a talenti locali ed emergenti e per aver creato un centro creativo nella capitale nigeriana.
– “In un settore altamente competitivo come quello della moda, l’approccio africano sta guadagnando slancio. È un enorme piacere far parte di questa tendenza in crescita – ci ha confidato madame Folawiyo durante la press preview – Inoltre la contemporaneità della moda africana è forte dei materiali che utilizza, prodotti naturali, bio, con zero impatto ambientale”.
La moda d’Africa è il futuro.