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Bridge Book Award, premio ponte fra letteratura italiana e americana, nella libreria Rizzoli

Quattro vincitori e dieci nominati per la prossima edizione: tanti i libri che vale la pena leggere

Luciana CaprettibyLuciana Capretti
Bridge Book Award, premio ponte fra letteratura italiana e americana, nella libreria Rizzoli

Fabio Finotti e Maria Ida Gaeta - Bridge Book Award / foto Terry W. Sanders

Time: 5 mins read

Riunione intima, addetti ai lavori, amici, visi sorridenti: nel negozio della Rizzoli a New York è di scena il Bridge Book Award, con l’annuncio dei vincitori della settima edizione del 2022 e dei candidati alla ottava edizione del 2023. Creato da Maria Ida Gaeta nel 2015, con la collaborazione di Maria Gliozzi, il premio si propone di creare un ponte, come dice il suo nome, fra culture. Molti i sostenitori, i più importanti sono l’Istituto Italiano di Cultura di New York e la Federazione Unitaria Italiana Scrittori (FUIS), ma collaborano anche l’American Academy in Rome, la Civitella Ranieri Foundation, e a partire dall’ultima edizione, anche il Center of American Studies in Rome. Vengono scelti ogni anno due libri italiani e due americani, un saggio e un romanzo in ognuna delle due lingue, che possano interessare gli “altri” lettori, quelli della sponda opposta dell’oceano. A loro va un premio che consiste in un contributo ai costi di traduzione in modo da aiutarne la diffusione nella lingua “altra”. I vincitori vengono premiati a Roma e New York.

Walter Siti / foto Terry W. Sanders

New York appunto. Ad aprire la cerimonia Walter Siti, vincitore nella saggistica con “Contro L’impegno – Riflessioni sul Bene in Letteratura ” (Rizzoli). Nel saggio parla del bene e del male nel mondo della scrittura, affronta l’idea, diffusa da tempo, che la letteratura debba promuovere il bene e riparare il mondo e la combatte con una serie di esempi che iniziano nella letteratura classica e arrivano a quella contemporanea. (https://lavocedinewyork.com/arts/2023/04/29/walter-siti-un-premio-e-il-bene-e-il-male-di-new-york/)

Chiara Valerio ha vinto per la narrativa italiana con “Così per Sempre” (Einaudi) e ne ha parlato con Antony Shugaar, che ha tradotto il romanzo. La sua è una storia che attraversa il tempo e lo spazio e ha per protagonista l’immortale Giacomo Koch, che in un’altra epoca era chiamato Conte Dracula, e ora vive a Roma, in un attico che si affaccia su Largo di Torre Argentina .”E’ un libro che mi sono molto divertita a scrivere – ha detto – non ho la mistica della fatica della scrittura, ma per questo ho faticato parecchio.”

I premi americani sono andati a Hendrik Dey per il saggio storico-artistico “The making of medieval Rome”, che “parla di una Roma non scontata – ha spiegato – quella medievale, meno nota rispetto alla barocca o alla romana, un periodo lungo della storia, e della storia dell’arte, che va dal 400 al 1420. L’ultimo libro che si occupa di questo è di 40 anni fa ma in passato chi si occupava di medioevo si occupava soprattutto di chiese, io ho allargato lo sguardo.” Il saggio uscirà in settembre in Italia per i tipi Viella.

Sara Freeman per il romanzo debutto “Tides” su una donna che soffre le conseguenze emotive di un aborto spontaneo e vaga alla deriva per ritrovare se stessa.

Lunga la lista dei nominati per il premio del prossimo anno, tutti consigli di lettura per i nostri lettori.

Nella saggistica il primo è Mimmo Cangiano con “Cultura di destra e società di massa – Europa 1870-1939” edito da Nottetempo. Professore alla Ca’ Foscari di Venezia, Cangiano disegna una mappa della cultura della destra europea e racconta gli scambi dell’intellighenzia di destra – una nutrita pattuglia intergenerazionale che va da Hofmannsthal a Malaparte, da Guénon a Jünger, da Benn a Evola. La sua è una“archeologia” del fenomeno, utile anche a chi riflette sugli sviluppi della cultura di destra nella attuale società di massa.

Paolo Chiesa è stato scelto per “Marckalada – Quando l’America aveva un altro nome” edito da Laterza. Un secolo e mezzo prima del viaggio di Cristoforo Colombo un frate milanese, Galvano Fiamma, scrive di una terra chiamata Marckalada, situata a ovest della Groenlandia, spiega che i marinai che viaggiano per i mari del Nord ne parlano come di un luogo ricco di alberi e animali. E’ la prima menzione del continente americano e quel nome glielo avrebbero dato i vikinghi.

Nicola di Cosmo e Lorenzo Pubblici hanno scritto “Venezia e i Mongoli – Commercio e diplomazia sulle vie della seta nel medioevo (secoli XIII-XV)” edito da Viella. Raccontano i rapporti tra Mongoli e Veneziani quando la Serenissima era una grande potenza marittima che dominava il Mediterraneo e i Mongoli erano padroni di un impero che comprendeva Cina, Persia, Russia e Asia Centrale. Si incontravano sul Mar Nero al termine delle rotte continentali dei Mongoli e di quelle marittime di Venezia.

Alessandro Giammei ha scritto un libro completamente diverso dai precedenti. Si intitola “Cose da maschi” ed è stato pubblicato da Einaudi. Giammei è un giovane professore di letteratura italiana alla Yale University e si diverte a raccontare gli accessori della mascolinità, dai fermacravatte alle canottiere, per esplorare perché sono diventati «da maschi» e come uscire dalle maglie strette imposte dal patriarcato. “Non avrei mai interrogato me stesso sulla mascolinità se non fossi venuto in America” ha detto.

Marina Valensise / foto Terry W. Sanders

Marina Valensise è venuta all’Istituto di Cultura di New York qualche mese fa per presentare “Sul Baratro – Città, Artisti e Scrittori d’Europa alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale”. Nel suo saggio-romanzo si concentra su un anno, il 1938, e su quindici personalità che in varie città d’Europa sentono il sordo avanzare della guerra. Alla luce di quello che succede oggi in Europa – ha spiegato – con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin, riflettere su un passato non lontano può servire a capire meglio, forse, il presente. (https://lavocedinewyork.com/arts/2023/01/27/sul-baratro-riflessione-sul-passato-per-capire-leuropa-presente/)

Nella narrativa i libri sono molto diversi fra loro. Si inizia con Ada d’Adamo che ha scritto “Come d’Aria” edito da Elliot. Il libro è candidato allo Strega e ha molte possibilità di vincere per la commozione e l’emozione che la vicenda narrata ha suscitato in lettori e critici. Danzatrice e coreografa, Ada D’Adamo per un errore diagnostico ha partorito una bimba con una grave disabilità che ora ha 14 anni, per curarla lei stessa si è ammalata di tumore. È morta il 1 aprile. Nel libro racconta la sua malattia parlando alla figlia, ma non ci sono note autocommiserative, anzi, la sua scrittura è un inno all’amore e alla vita.

Antonio Franchini / foto Terry W. Sanders

Antonio Franchini è il potente direttore di Giunti-Bompiani e come Chiara Valerio, che dirige la narrativa di Marsilio, ma trova il tempo per scrivere, così Franchini è un prolifico scrittore. Il suo ultimo libro è “Leggere possedere vendere bruciare” edito da Marsilio. “Fra tutte le cose che si fanno con i libri qui non c’è lo scrivere” dice e aggiunge che il libro è fatto di quattro storie, una delle quali a lui particolarmente cara, perché racconta un venditore di libri napoletano, realmente esistente, apparentemente rozzo e invece estremamente colto e sofisticato. Questo animo gentile dietro una superficie un po’ brutale mi affascina, ha detto, più o meno.

Fumetti brutti “Ogni giovedì una striscia” Feltrinelli. “Ho cominciato a pubblicare sui social nel 2017 – ha detto Josephine Yole Signorelli, il nome dietro il nome d’arte Fumetti Brutti – invece di mettere su Instagram foto e video come fanno tutti, ho messo i miei fumetti che mi sembravano più veri. Da ragazza transgender venivo attaccata perché pubblicavo cose sul mio corpo, ma io da tempo ho fatto coming out e il mio libro rispecchia la mia ricerca, il mio caos. I commenti alle mie strisce sono stati terribili, qualcuno voleva impalarmi, ma essere transgender non è un capriccio. E solo parlandone andiamo avanti.”

Antonella Lattanzi “Cose che non si raccontano” edito da Einaudi. “Ho cominciato a scrivere un giorno di giugno quando sono andata a Sabaudia e c’era il sole troppo giallo e il mare troppo blu e mi sono sentita ancora più disperata. Ad un certo punto però, si è alzato il vento e il paesaggio è diventato un po’ più grigio, più in sintonia con il mio stato d’animo e allora ho capito che in tutti quei mesi in cui avevo sofferto, dentro di me avevo scritto e l’unico modo per concretizzare quello che sentivo era tirare fuori quelle parole.” Il libro è spietato, spiega il presentatore, perché la sincerità è non avere pietà per nessuno specialmente se stessi e la Lattanzi lo fa.

Chiara Tagliaferri / foto Terry W. Sanders

Infine Chiara Tagliaferri “Strega comanda colore” pubblicato da Mondadori è una autobiografia d’invenzione, un libro d’esordio che è una denuncia del perbenismo della provincia, l’autrice viene da Piacenza, di legami familiari distruttivi insieme ad una disperata voglia di rinascere altrove. Nel libro la protagonista rinasce grazie ad un inaspettato amore, nella realtà l’autrice rinasce grazie all’amore con Nicola Lagioia, scrittore, con cui è sposata felicemente da 10 anni.

Alla fine tutti si mescolano: professori che sono anche scrittori, scrittori che sono anche editori e viceversa, traduttori, curatori, accompagnatori, scrittori puri, qualsiasi declinazione del leggere possedere vendere bruciare come dice Franchini, ma compresa, anzi, al primo posto, scrivere.

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Luciana Capretti

Luciana Capretti

Nata a Tripoli, Libia, ha studiato a Roma, lavorato più di 20 anni a New York come corrispondente per varie testate giornalistiche e per la Rai, e a Roma nella redazione esteri del Tg2. Ha scritto i romanzi Ghibli (Rizzoli) e Tevere (Marsilio), il saggio La Jihad delle donne (Salerno) e il memoir Tredicesima Strada (Galaad).

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