Il brutalismo. Liscio. Impenetrabile. Crudo. Attuale, nonostante sia nato nel secolo scorso. Una corrente architettonica che dal Regno Unito ha contagiato anche New York, dove ne troviamo alcune tracce ben visibili, d’impatto. Come il palazzo di 33 Thomas Street, in Lower Manhattan. Un grattacielo senza finestre alto 170 metri, realizzato per ospitare apparecchiature di commutazione telefonica.
Un esempio-limite di uno stile lineare, senza fronzoli, che ritroviamo, seppur con colori differenti, sulla Madison Avenue, al 945. Perché se il Long Lines Building di Thomas Street fu progettato dall’architetto John Carl Warnecke con tinte calde, che si infuocano all’alba e al tramonto, in Upper East Side l’espressione brutalista è grigia, quasi tetra. Eppure nonostante le tinte fosche, l’edificio racchiude da sempre le migliori espressioni di arte e creatività, colori compresi.
Progettato da Marcel Breuer, è stato costruito negli anni ’60 per essere utilizzato come terza sede del Whitney Museum of American Art. E lo è stata fino a quando il Whitney si è trasferito nel Meatpacking District, nel meraviglioso palazzo ricco di terrazze realizzato da Renzo Piano. L’ultima exibition nella sede brutalista del Whitney prima del “trasloco” nel Meatpacking è stata una retrospettiva di Jeff Koons.
Ma il grigio 945 Madison, in granito e cemento, non è rimasto a lungo senza collocazione. Nel 2016 è stato preso in affitto dal Metropolitan Museum of Art, che lo ha trasformato per quattro anni nel Met Breuer, sede in cui esporre pezzi unici d’arte contemporanea.

Tra le mostre ospitate, ricordiamo la rivoluzionaria “Like Life: Sculpture, Color, and the Body”. Era il 2018 e al Met Breuer furono esposte 120 opere dedicate, in modo più o meno realistico, alla narrazione del corpo umano, passando dal Donatello a Edgar Degas, dal Canova a Charles Ray, fino a Oppenheim e Kher.
Adesso la struttura di Breuer, che negli anni ’60 fu esaltata dalle riviste di architettura ma non fu esente da critiche per la sua linea pesante, ospita la Frick Collection.
Lo storico edificio della 70ma Strada è in ristrutturazione. Si tratta della villa newyorchese che l’imprenditore e mecenate Henry Frick fece costruire nel 1913 per ospitare i dipinti e gli oggetti d’arte che aveva cominciato a collezionare. Basti pensare che all’epoca, terreni compresi, la grande villa tra la settantesima e la Fifth Avenue costò quasi 5 milioni di dollari.
Quando Frick morì, il palazzo con tutti i suoi contenuti divennero proprietà di sua moglie, a cui furono anche lasciati 15 milioni di dollari per implementare la collezione. Nel 1931 morì anche lei e la villa si trasformò in quel museo che negli anni ha attirato centinaia di migliaia di visitatori, ma che oggi è decisamente bisognoso di cure e restauri. Ecco il perché del trasloco e la trasformazione del palazzo di Marcel Breuer nella Frick Madison.

Qui dal 16 febbraio al 9 luglio sono esposte, per la prima volta in gruppo, 28 opere che Alexis Gregory, il fondatore di The Vendome Press morto nel 2020, ha lasciato in eredità alla Frick Collection. Si tratta di due pastelli del XVIII Secolo, di quindici smalti di Limoges, di due orologi del XVIII Secolo, di un bronzo di Luigi XIV e di diversi oggetti. Gregory è stato un affermato e rispettato editore nel campo dell’arte e dell’architettura e nel tempo aveva implementato la sua collezione. Alla Frick Madison sono esposte anche opere dei maestri incisori del Nord Europa, tra cui Rembrandt. Ed infine alcune nuove acquisizioni, tra cui il Ritratto di una donna di Giovanni Battista Moroni.
E così la struttura che sorge nel salotto buono dell’Upper East Side, soltanto in apparenza fredda e inospitale, si conferma uno scrigno prezioso per opere d’arte di tutti i tempi.