“Ho sempre avuto i piedi in tante scarpe musicali. Sono compositore, direttore d’orchestra, orchestratore, arrangiatore. Anche editore, oramai da dieci anni”. Inizia così la chiacchierata con Vito Lo Re, dopo il grandissimo successo a Parigi di “Amor Azul”, l’opera di cui è editore. Il battesimo ufficiale è avvenuto all’Auditorium di Radio France a dicembre scorso, con la direzione di Aldo Brizzi e con protagonista uno dei più importanti artisti musicali brasiliani: Gilberto Gil.
Maestro, li ricordiamo i tre sold out di fila del debutto?
Una emozione incredibile. Radio France ha una sede gigantesca sulla riva della Senna. L’ Auditorium, completamente in legno, è stato rifatto pochi anni fa. La sua struttura – con una fantastica acustica – ricorda quella della sede della Berliner Philharmoniker. Gilberto Gil a Parigi è molto amato, e tutti i biglietti sono andati esauriti nel giro di una giornata. Una scommessa vinta. ‘Amor Azul’ è un’opera in portoghese e vorrei farne anche una versione inglese e francese.
La prima volta che Lei ha incontrato Gilberto Gil se la ricorda?
E’ stato a Lisbona, nel 2017, grazie all’ amico Aldo Brizzi che già ci aveva lavorato insieme. E’ partito un tour europeo di Gil tra Lisbona, Londra, Basilea, Helsinki e molti altri luoghi, e mi sono dedicato agli arrangiamenti di alcune sue canzoni. Aldo mi ha parlato di ‘Amor Azul’ e mi ha chiesto se volessi essere l’editore: ovviamente ho accettato subito, Gil è un gigante. Dal punto di vista artistico, ha una carriera strepitosa. Sono cinquant’anni che fa concerti in giro per il mondo e i suoi album hanno venduto milioni di copie. E’ riuscito ad affermarsi pure in politica, arrivando in Brasile ad essere Ministro della Cultura. Un impegno civile mai a riposo. Anche come uomo,
davvero carismatico.
Perché l’opera ha debuttato in Francia?
“Perché Aldo Brizzi ha un rapporto particolare con la Francia, dove ha riscosso sempre tanto successo. Vero che ha un altrettanto particolare rapporto con il Brasile dove vive molti mesi all’anno perché ha una moglie brasiliana. E ha lavorato con tanti grandi artisti brasiliani, come Toquinho e Antônio Carlos Jobim. ‘Amor Azul’ avrebbe dovuto debuttare a novembre del 2020 e Radio France l’aveva messa in programma. Poi, il covid ha spostato i tempi. A dicembre scorso finalmente abbiamo chiuso il cerchio del debutto, ma dopo decine e decine di rifacimenti dei pezzi nel periodo del fermo. Dal punto di vista editoriale, è stato un lavoro molto impegnativo, che ho seguito personalmente, senza delegare a nessuno della mia casa editrice.

Cosa ha comportato mettere in piedi ‘Amor Azul’?
Parliamo intanto dell’orchestra: più di 90 elementi. E un coro, con otto solisti. C’è anche la chitarra popolare e un totale di ben nove percussionisti (di cui quattro brasiliani). In una orchestra, normalmente, di percussionisti ce ne stanno un paio. Forse tre. Qui ne abbiamo nove. Già questo fa percepire la maestosità del progetto. Abbiamo mescolato stili diversi: il pop con qualcosa di più colto che definirei wagneriano. Brizzi ha curato tutte le orchestrazioni. ‘Amor Azul’ anche dal punto di vista scenico è impegnativo. Con Aldo, a stretto contatto o a distanza con infinite sessioni di skype, abbiamo lavorato per quattro anni. Se facessi un conto delle ore che ho passato sopra questo progetto, credo che mi spaventerei.
Di che cosa parla l’opera?
“Il libretto di ‘Amor Azul’ è un incontro tra il Brasile e l’India. Il testo è tratto dal Gita Govinda, uno dei testi tradizionali della cultura popolare indiana, in cui si parla di personaggi come Krishna o Shiva e delle loro vicende amorose. Gilberto Gil da anni aveva un legame con questo testo. In ‘Amor Azul’ le note si contaminano con questo tipo di suggestione mitologica, ma anche religiosa, raggiungendo quella che potremmo chiamare una ‘panculturalità’: una musica spiccatamente brasiliana che sposa quella fortemente colta di tipo europeo. Negli ingredienti dell’opera vi sono
racchiuse suggestioni da tutto il mondo. Oltre a Gilberto Gil che impersona Jayadeva/Vishnu, figurano in scena vocalità di tipo lirico, come Josehr Santos nei panni di Krishna, Luciana Pansa (Radha), Graça Reis (Sakhi). Quest’opera è un po’ come un sogno realizzato, un viaggio nella musica attraverso la diversità.
Dove porterete questo progetto?
Dalla prossima estate fino all’autunno, abbiamo programmato un lunghissimo tour. Cominceremo da San Paolo, poi tutto il Brasile. Dalla primavera del 2024 inizierà un altro tour imponente, europeo, nei più grandi teatri. E da lì, alla conquista – si spera – di molti altri lidi. Negli Stati Uniti abbiamo contatti con un importantissimo teatro d’opera, ma non posso al momento dire di più.

In chiusura di chiacchierata, accenniamo ad un’altra sua intesa umana e
professionale: quella con Donato Carrisi.
Con Donato ci conosciamo da tantissimi anni. E’ autore di best seller e come regista è un visionario. Sia l’amicizia che la vicendevole stima artistica dura da sempre. Sono l’autore delle musiche dei suoi film. Anche dell’ultimo, uscito pochi mesi fa, dal titolo ‘Io sono l’abisso’, che dal 20 febbraio prossimo potrà essere visto sia su Sky che su Netflix. Contiene una canzone originale a cui tengo molto, perché è la mia prima song scritta per un film. Si intitola ‘La mia queen’, ed è cantata da Shoker MC. L’ho scritta insieme ad un altro amico, Fabrizio Campanelli, e a Fabio Riccio. Sta avendo successo al di là del film perché ha un’anima tutta sua. E anche di questo risultato sono felice. E’ un bel momento, e me lo sto vivendo appieno.