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Grammys: non solo Beyoncé nell’anno che celebra mezzo secolo di hip hop

I Måneskin si sono arresi a Samara Joy, Aspire di Fagone superato da An Adoption Story

Piero MerolabyPiero Merola
Grammys: non solo Beyoncé nell’anno che celebra mezzo secolo di hip hop

Beyoncé ai &5th Grammy Awards / YouTube

Time: 4 mins read

La sessantacinquesima edizione dei Grammy passerà agli annali per lo storico traguardo di Beyoncé che è diventata l’artista più titolata della storia.
La quarantunenne icona texana ha superato il compositore ungherese Georg Solti e con il trentaduesimo Grammy in poco più di vent’anni di carriera su un totale di ottantotto nomination, altro record condiviso con il marito Jay Z, di cui nove solo in questa edizione.

https://lavocedinewyork.com/arts/musica/2023/02/05/beyonce-vince-il-32-grammy-awards-e-diventa-la-piu-titolata-di-sempre/

Ma, nonostante i quattro grammofoni  – Best Dance/Electronic Recording con “Break My Soul”, Best Traditional R&B Performance con “Plastic Off The Sofa”, Best R&B Song con “Cuff It” e Best Dance/Electronic Album, il monumentale manifesto dance celebrato trasversalmente da fan e critica, Renaissance, non ha conquistato il premio più ambito, quello di miglior album dell’anno. Era già successo nel 2008 (per il suo terzo album I Am…Sasha Fierce sconfitto da Fearless di Taylor Swift), poi ancora nel 2015 quando nominata con il suo album omonimo di fine 2013 si era arresa al tutt’altro che memorabile Morning Phase di Beck, suscitando la clamorosa protesta sul palco di Kanye West e lo stupore dello stesso vincitore. Nel 2017 vincitrice Adele, altrettanto stupefatta, aveva battuto la regina dell’R&B, candidata con un altro capolavoro, Lemonade, riconoscendone l’importanza e la superiorità nel discorso di premiazione.

youtu.be/gpPs_IpsAeg

Quest’anno, nonostante i buoni auspici, un’altra popstar britannica, Harry Styles con il brillante Harry’s House, ha confermato quella che per Beyoncé sta diventando una maledizione, in una categoria che per la prima volta nella storia aveva in lista un artista di madrelingua spagnola. Bad Bunny, primo artista non anglofono a vincere gli VMA il premio di artista dell’anno e da tre anni artista più stremato al mondo su Spotify, era candidato anche nella categoria Best Pop Solo Performance. L’influente portoricano che sta abbattendo ogni stereotipo di genere sulla musica latina si è accontentato della vittoria come Best Música Urbana Album. Così come l’altra stella ispanofona, Rosalía, si è accontentata del premio come Best Latin Rock or Alternative Album nonostante MOTOMAMI sia stato insieme a Renaissance di Beyoncé e Un Verano Sin Ti di Bad Bunny uno dei dischi più segnalati nelle classifiche specializzate di fine 2022 oltre a essere apprezzati da miliardi di ascoltatori di ogni più generazione su piattaforme streaming e social. Sarà davvero dura, in un mondo sempre più policentrico e meno anglofono dove anche la Corea del Sud spopola da anni con l’esplosione del k-pop, continuare a incasellare artisti del genere in categorie geografiche. Già quest’anno per la prima volta è stata trasmessa in diretta la cerimonia di assegnazione del Best Música Urbana Album, ma si tratta di un processo inarrestabile che anche i Grammy dovranno presto affrontare.

I Maneskin ai 65th Grammy Awards / Photo by Robyn BECK / AFP/ Ansa

Gli unici italiani in corsa come Best New Artist, i Måneskin si sono arresi alla coetanea Samara Joy, talentuosa cantante jazz del Bronx, che ha portato a casa due Grammy come solo Jeremy Hatcher, Tobias Jesso Jr., Randy Merrill, Willie Nelson, Yannick Nézet-Séguin, Ozzy Osbourne, The-Dream, Wet Leg e lo stesso Harry Styles.

youtu.be/DXnnucnZyek

In tema di non-anglofoni e di non-angloamericani, la tedesca Kim Petras, già nota per motivi extramusicali grazie alla sua battaglia per la transizione da minorenne che ha diviso l’opinione pubblica non solo in patria, è la prima artista non-binary a vincere un Grammy grazie alla hit Unholy scritta insieme a Sam Smith, un traguardo storico per la comunità LGBTQ, la cui importanza nell’innovazione musicale è stata sottolineata sul palco dalla stessa Beyoncé.

Tra gli altri pluri-nominati illustri, invece, Kendrick Lamar porta a casa su otto candidature, tre successi: una per Best Rap Album grazie al complesso capolavoro Mr. Morale & the Big Steppers e, altro curioso paradosso, due grazie a The Heart Part 5, traccia non inclusa nel disco ma in grado di prevalere su rivali del calibro di DJ Khaled, Rick Ross, Lil Wayne, Jay-Z, John Legend & Friday, Doja Cat e Glorilla alla categoria Best Rap Performance e su altre big come Future, Drake e Jack Harlow alla categoria Best Rap Song.

Del resto, anche se ormai lo strapotere rap non fa notizia come fino a un due o tre decenni fa, questa edizione era dedicata al cinquantesimo anniversario dalla nascita dell’hip hop che ricorre da quando, ormai mezzo secolo fa, la sera dell’11 agosto 1973, dj Kool Herc organizzò nel Bronx la prima festa hip hop della storia.
Per la sessantacinquesima edizione dei Grammy si sono avvicendati sul palco della Crypto.com Arena una serie di icone antiche e recenti del genere, in un medley da capogiro a cura di Questlove dei Roots: Big Boi, Busta Rhymes, De La Soul, DJ Drama, DJ Jazzy Jeff, Missy Elliott, Future, GloRilla (che vi abbiamo presentato a fine 2022

https://lavocedinewyork.com/arts/musica/2022/11/17/glorilla-lanno-di-grazia-della-giovane-southern-rapper-di-memphis/), Grandmaster Flash, Grandmaster Mele Mel & Scorpio/Ethiopian King, Ice-T, Lil Baby, Lil Wayne, The Lox, Method Man, Nelly, Public Enemy, Queen Latifah, Rahiem, Rakim, RUN-DMC, Salt-N-Pepa e Lil Uzi Vert.

Tra le altre tappe storiche per il mondo black, l’attrice e produttrice Viola Davis, premiata alla categoria Best Audio Book, Narration, and Storytelling Recording, ha conseguito il simbolico titolo di EGOT, acronimo ideato come riconoscimento per chi ha vinto nella sua carriera artistica l’Emmy per la televisione, Grammy per la musica, Oscar per il cinema e il Tony per il teatro. Prima di lei tra le donne afroamericane, erano entrate in questo prestigioso circolo solo Whoopi Goldberg, nel 2002, e Jennifer Hudson, lo scorso anno.

Beyoncé per il momento può godersi lo straordinario titolo di GOAT dei Grammys (Greatest of All Time), come ha sottolineato il conduttore Trevor Noah per celebrare lo storico traguardo della popstar che ha appena annunciato il tour mondiale di Renaissance. https://www.beyonce.com/.

Infine Enrico Fagone, l’unico italiano oltre ai Måneskin, nominato ai Grammy Awards nella categoria Classical Compendium per Aspire in cui dirigeva la London Symphony Orchestra con JP Jofre & Seunghee Lee si è visto soffiare il riconoscimento da An Adoption Story di Starr Parodi & Kitt Wakeley.

https://lavocedinewyork.com/arts/2023/02/04/enrico-fagone-un…ai-grammy-awards/

 

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Piero Merola

Piero Merola

Laureato in Relazioni Internazionali, lavoro come consulente di comunicazione, pubbliche relazioni e nuovi media. All'interesse per la storia e la politica americana, ho sempre unito quello per la musica. Dopo uno stage in Ambasciata Italiana a Washington, ho seguito per America 24 le presidenziali del 2012, e oggi scrivo per Rivista - Il Mulino. Editor del magazine online Kalporz, dal 2006 scrivo recensioni, interviste e report da ogni dove. Collaboro come ufficio stampa e copywriter con etichette, agenzie di booking, eventi e festival. In passato ho lavorato per festival estivi come Beaches Brew e Ortigia Sound System, oggi per la comunicazione del Diagonal Loft Club e di Deposito Zero Studios dove sono responsabile della direzione artistica del video format Live Zero. In questa rubrica vi presento nomi emergenti della scena americana, alcuni dei quali, intanto, sono diventati grandi.

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