Ex top model, super agente e soprattutto attivista, Bethann Hardison e’ una figura di riferimento nella lotta per la diversità razziale nel mondo della moda. “Mamacita”, come lei si definisce, dei grandi modelli neri venuti dopo di lei, da Naomi Campbell a Iman e Tyson Beckford, musa, negli anni ’60 e ’70, di stilisti come Calvin Klein e Gucci, è ora protagonista del documentario che racconta la sua incredibile storia dal titolo “Invisible Beauty”, da lei stessa diretto insieme al francese Fredric Tcheng, presentato al recente festival di Sundance. Splendida ottantenne, questa pasionaria nativa di Brooklyn, dice la sua su un mondo che ben conosce, quello della moda, dentro e fuori le passerelle e le copertine patinate di Elle o Vogue. Inclusione, diversità, rappresentazione, pari opportunità: queste le sue coordinate. L’abbiamo incontrata a Park City, dopo la premiere festeggiatissima del suo provocante film documentario. E’ solo mezzogiorno ma lei ordina un Bloody Mary insieme al salmone: “Me l’ha suggerito la hostess ieri in aereo partendo da New York alle 8 del mattino,” dice ridendo. “Non avevo idea potesse essere così buono a quell’ora!”
Mrs. Hardison, partiamo dal titolo: perche’ “bellezza invisibile ”?
E’ successo che a un certo punto le modelle di ogni tonalità di colore scuro sono scomparse. E uno studio, chiamato appunto “Still Invisible” ha documentato come le modelle di colore stavano sparendo dalla moda e dalla pubblicità.
Eppure negli anni ’70 c’erano modelle e modelli neri, poi, come dice lei nel film, sono scomparsi per circa un decennio.
Negli anni ’60 una donna apri’ un’agenzia, Black Beauty, che ingaggiava soprattutto modelle nere. Arrivarono le varie Beverly Johnson e Iman, e ci fu un afflusso notevole di modelli di colore fin agli anni ’80. Nello stesso periodo Regis Pagniez, venne spedito in USA da Parigi da Filipacchi, l’editore del mensile Elle Francia, per aprire Elle America. Era un uomo stupendo, non gli interessava di che colore eri, solo se eri bella, o bello. Con lui le modelle nere vennero valorizzate.

E poi?
E poi nel 1989 il Muro di Berlino crollo’, e l’Europa dell’Est si apri’ a noi. I talent scout iniziarono a cercare volti in paesi come l’Ucraina o l’Estonia. E le ragazze dell’Est iniziarono ad arrivare. Corpi perfetti, magrissime, zigomi, taglio degli occhi, wow! Molti dicevano che erano magre perché malnutrite. Comunque gli stilisti si buttarono su di loro, niente più Linda Evangelista, Christy Turlington, Naomi Campbell. Solo le europee dell’est, per tutti gli anni ’90.
I grandi sarti dunque si allinearono?
I designer si controllano reciprocamente e si imitano. Non importa quanto originali e individualistici siano, tendono a seguire le tendenze. Fanno quello che fa l’altro. Così le modelle nere vennero rimpiazzate da queste che chiamavamo “stampelle appendi abiti”.

Duro’ molto?
Dieci fottutissimi anni, lo scriva pure! Per frustrazione abbandonai l’agenzia di modelle nel 1996, me ne andai in Messico a godermi un po’ di libertà nella mia casetta ai tropici. Poi mi chiamarono: “Bethann, devi tornare, non abbiamo più modelle nere!” e io tornai. Ma non cambiava nulla. Allora decisi che bisognava fare qualcosa, indissi una conferenza stampa ed e’ stato l’inizio di tutto, sono diventata attivista. In questo Franca Sozzani, la direttrice di Vogue Italia, ha avuto un ruolo importante. Franca è venuta a New York e ha visto che non c’erano modelle nere sulle passerelle. E’ tornata in Italia e ha fatto l’edizione Black Vogue, tutta con modelle nere, un’edizione che ha venduto tantissimo ovunque! dopo io e Franca siamo rimaste molto amiche e ci chiamavamo le BB.
Cioe’?
Io la chiamavo la mia Black Blonde e lei mi chiamava la sua Black Bourgeois anche se io le dicevo che di borghese non avevo proprio niente!
Che ruolo ha avuto Gucci nella sua vita?
Sono sempre stata una fan di Gucci. Non tanto per gli abiti o la pelletteria di lusso, quanto per il suo lato gangster! [ride] Ogni volta che Aldo Gucci veniva a New York cenavamo insieme. La cosa che più mi colpiva era che il loro negozio di New York chiudeva dalle 14 alle 16 come in Italia! Il pranzo prima di tutto: che forza gli italiani!
Lei si considera una femminista?
Non ho mai capito cosa sia essere una femminista. Culturalmente, le donne bianche e nere sono diverse. Noi donne nere non avevamo bisogno di essere indipendenti. Le bianche si’. Mi spiego: noi nere siamo cresciute indipendenti, perché i maschi ci hanno sempre abbandonate. Bollette e figli erano nostra responsabilità. La cultura bianca era abituata alla donna a casa e all’uomo che provvedeva a tutto. Per noi neri e’ il contrario. Dov’è l’uomo che amavamo e con cui abbiamo fatto figli e che se ne e’ andato? Le donne bianche hanno iniziato a manifestare per la loro indipendenza togliendosi il reggiseno, quando il reggiseno io me lo ero già tolto da una vita!
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