Una serata di grandi emozioni. La meravigliosa sala del Geffen Hall riaperta dopo anni di lavori, una New York Philarmonic piena di musiciste, ora la maggioranza, ed un direttore prodigio. 26 anni, finlandese, direttore di due orchestre in Europa e di una direttore artistico, titolo creato apposta per lui, Klaus Mäkelä è la rivelazione della musica sinfonica di questi anni. A New York è arrivato sulla scia del clamore suscitato in Europa e l’attesa non è stata delusa. Il New York Times ricorda che solo Leonard Bernstein ha suscitato tanto entusiasmo in giovane età debuttando al Carnegie Hall nel novembre del ‘43 per sostituire all’ultimo momento Bruno Walter. Aveva 25 anni. Mäkelä ha bruciato i tempi. Figlio di musicisti, padre violoncellista, madre pianista, ha studiato violoncello poi direzione alla Sibelius Academy e non deve essere un caso se la sua prima incisione, per la Decca, è proprio il ciclo completo delle sinfonie di Sibelius con la Orchestra di Oslo.
L’orchestra norvegese l’ha diretta per la prima volta 3 anni fa e subito gli è stato offerto il posto di direttore, della Orchestra de Paris è direttore da due e quest’anno è divenuto partner artistico della Concertgebou Orchestra di Amsterdam, per divenirne direttore principale quando scadranno gli altri suoi contratti con i complessi di Olso e Parigi, nel 2027.
Capace di passare da repertori contemporanei a classici impegnativi, Mäkelä ha eseguito con la New York Philarmonic un programma speciale che, iniziando con una composizione attuale, è andato gradualmente indietro nel tempo, seguendo un percorso sonoro grandioso. “Si è avvicinato con un approccio trasparente, equilibrato, agli estremi emotivi di due sinfonie russe in Si Minore che hanno debuttato a circa un secolo di distanza – ha scritto il New York Times – le Seste di Tchaikovsky e Shostakovic, così come a quelli di un lavoro contemporaneo, “Perù Negro” di Jimmy Lopez Bellido.“
La serata è iniziata proprio con il lavoro del giovane compositore Bellido, nominato ai Latin Grammy Awards. Scritto nel 2012, è un omaggio alla eredità musicale Afro-Peruviana che viene assimilata in un linguaggio sinfonico. Interessante il passaggio da lui a Shostakovich che invece usa la tradizione folcloristica russa all’interno di una sinfonia con sonorità altissime degli ottoni e delle percussioni. Nella Sesta di Tchaikovsky Mäkelä ha espresso la grande angoscia del compositore con sfumature nuove. Chiaro e insieme espressivo, la mano sinistra in costante movimento, il corpo che vibra con la musica, un sorriso di piacere per le note, la giovane testa bionda che accompagna il flusso, Mäkelä è una speranza per il futuro della musica sinfonica quando le sale da concerto sono affollate ovunque da una maggioranza di teste grigie e canute.