La scomparsa di Renato Balesta -l’ultimo couturier di Roma – avvenuta sabato 26 novembre a 98 anni – lascia molte considerazioni sulla sua eredità di stilista. Noto come “il pittore della moda”, ha vestito leggende del cinema, principesse e donne dell’alta società internazionale. Con una carriera costellata di innumerevoli riconoscimenti e premi era capace di ironia sottile: “ho scoperto di essere simpatico – disse di sé – Io che a undici anni leggevo Dostoevsky”.
Per la stessa ragione, nel 1988 si concesse al pubblico televisivo presentando “Rosa e Chic” su Rai 2: la prima volta di un programma TV assegnato a uno stilista. Agli inizi degli anni Duemila, per lo show “Chiambretti C’è”, sulla stessa rete, si collegava da casa sua, a cena con i suoi ospiti celebri. Era noto a tutti come estimatore del bel mondo, Renato Balestra; nel salotto affacciato sulla città eterna ospitava amici del jet set e intellettuali di ogni rango. Uomo gentile, amante dell’arte – tutta – i suoi segni distintivi sono stati eleganza e ingegno. Cosa lascia dietro di sè lo stilista delle dive?
Entrato in bottega nel 1953, per settanta anni il designer – romano di adozione – ha lavorato senza mai uscire di scena. Le somme le ha tirate in buona parte nel 2019; quando con la nipote Sofia Bertolli, che da lui ha ereditato estro e maison, ha sistemato l’album delle opere. Si è scoperto che il “portfolio” di Renato Balestra racchiude quarantamila sketch e disegni, vestiti, articoli di stampa e fotografie, dalla metà degli anni Cinquanta ai giorni nostri. Un archivio che sosterrebbe un museo, su cui il Ministero per i Beni e le attività Culturali ci ha già messo l’occhio. Una raccolta di “significativa importanza storica”- lo hanno definito dal dicastero.
Nato a Trieste in una famiglia di architetti e ingegneri, Balestra divenne stilista per caso, o meglio per scommessa. Lo divertiva raccontare come lo scherzo di alcuni amici gli avesse cambiato il destino. A sua insaputa, il bozzetto di un abito disegnato per gioco fu spedito ad un concorso istituito dall’allora Centro Italiano per la Moda (CIM) a Milano. Fu scelto. Quello sketch e il giochetto, gli valsero la collaborazione ad una collezione di alta moda che avrebbe sfilato a Firenze. Era il 1953, Renato, all’epoca iscritto al’ultimo anno della facoltà di ingegneria, lasciava gli studi per trasferirsi a Milano.

Fu così che Balestra iniziò l’apprendistato nell’atelier della stilista Jole Veneziani. Era il periodo in cui – dopo gli anni bui della guerra – fra la gente cresceva un desiderio di rinascita, un ritorno all’esaltazione della vita. La fama della prima maestra dell’ex studente di ingegneria aveva travalicato i confini nazionali; l’anno prima dell’arrivo del giovane Renato, Jole aveva lanciato l’audace linea Veneziani Sport per cui la rivista Life le aveva dedicato la copertina. Nel 1951, invece -due anni prima che Balestra vincesse l’accesso al ghota del fashion- il conte Giorgini di Firenze aveva organizzato la prima vera sfilata d’Alta Moda nella città del giglio. Quindi la moderna Camera della Moda. L’ambiente in cui mosse i prima passi Renato Balestra dunque, era frizzante e lo spirito creativo per cui egli stesso si era distinto fin da piccolo – appassionato di scenografia, pittura e musica – ben si sposava con l’ascesa di un settore ingegnoso, che avrebbe cavalcato per quasi un secolo. L’anno dopo il suo arrivo a Milano -1954- si trasferì a Roma, dove ha vissuto fino alla morte. Li’ affiancò Emilio Schubert -lo stesso maestro di Valentino e preferito della Principessa Soraya dell’Iran – e lavorò nell’atelier delle Sorelle Fontana, i cui modelli in breve tempo passarono dalla sartoria alla produzione in fabbrica.
In questo contesto, insieme al tradizionale ambiente alto-borghese, un ruolo importante lo rivestì il mondo del cinema che, a Roma, viveva la fortunata stagione del Neorealismo e di Cinecittà. La capitale pullulava di registi e di divi americani. Terreno fertile per Renato Balestra: gli furono commissionati i costumi per l’attrice Ava Gardner nei film “La contessa scalza” e “Il sole sorge ancora”. Sofia Loren e Gina Lollobrigida sfoggiavano le sue creazioni nei locali alla moda di Via Veneto e vestirono i suoi abiti in “La fortuna di essere donna” e “La più bella del mondo”.
La moda italiana aveva pareggiato l’alta sartorialità di quella di Parigi e la popolarità del designer delle dive era arrivata in Giappone e Stati Uniti. Dal 1958 in poi, solo quattro anni dopo il suo approdo a Roma, le collezioni di Balestra debuttarono da Tokio a Los Angeles e New York, con capi esclusivi per i grandi magazzini del lusso come Saks Fifth Avenue e Bergdorf Goodman. La sua fama era diventata mondiale.
Nel 1959 aprì il primo atelier nei pressi di Piazza di Spagna, in Via Gregoriana 36. Nel 1961, invece, presentò la prima Collezione di Haute Couture Primavera-Estate alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Renato Balestra non sarebbe più sceso dall’olimpo della moda. È in questi anni che nacque il famoso “blu Balestra”. Con un abito corto in raso trasformò il blu in colore senza tempo, tuttora simbolo riconoscibile della sua maison. “Se mia madre mi chiedeva di scegliere tra cinque cromie diverse, sceglievo il blu -raccontò parlando dell’ultima collezione, nel 2016 -. Poi quella particolare sfumatura di azzurro, tra l’iris e il fiordaliso, mi piace molto perché secondo me dona a tutte, bionde e brune”.
Nel 1970, insieme alla moda femminile, Balestra aveva fatto sfilare look maschili – dimostrando di essere pioniere nella creazione di collezioni unisex. Genio creativo anche pragmatico, Balestra fu tra i primi a credere nella concessione del marchio in licenza. Accessori e articoli per interni con la sua firma invasero gli scaffali. Così come la sua maison con la fragranza Balestra Blu, fu tra le prime ad avventurarsi nel mondo della profumeria moderna.
Instancabile maestro, uno degli ultimi impegni è un’iniziativa rivolta ai giovani. Nel 2013, quasi novantenne propose il progetto Be Blu Be Balestra -Sii blu, sii Balestra – un concorso per talenti e designer in erba, creato in collaborazione con AltaRoma -l’ente organizzativo delle sfilate della capitale. Nel 2018, quest’ultima ha celebrato la carriera dello stilista con una sfilata d’eccezione: oltre 100 abiti couture dell’archivio Renato Balestra alla presenza di 2.500 ospiti.
All’inizio di quest’anno, la giovane erede di Renato, Sofia Bertolli – la cui madre è Fabiana, una delle due figlie dello stilista- ha rilanciato il brand ribattezandolo con il solo cognome Balestra, con un logo rivisitato nella nuance del “pittore della moda”, il blu. La nipote d’arte ha ufficializzato il “nuovo” marchio con una collezione pret-a-porter -il suo esordio- durante la settimana della moda di Milano. Balestra sembra, continuerà a far sognare.