Una celebre ballata di Rudyard Kipling si aprì con una previsione (“Oh, East is East, and/ West is West, and never/ The twain shall meet,”) che, nel 1889, soddisfece molti suprematisti bianchi e colonialisti. Peccato che gli stessi evitassero di andare a leggere il resto del poema: vi avrebbero trovato contraddetto il “mai” del terzo verso. Figurarsi se Kipling, nato in quel di Mumbai e avventuroso girovago del mondo, avesse potuto farsi sfuggire la complessità del rapporto tra oriente e occidente, con gli incroci sempre possibili tra i due semi-mondi, specie “When two strong men/ Stand face to face,”. In quel caso, per il poeta “… there is neither East/ Nor West, Border, nor/ Breed, nor Birth, …”.
Inevitabile ripensare al premio Nobel scozzese, quando si prendono in mano due libri appena usciti, che mettono al centro l’esperienza dell’incontro con l’oriente degli autori, ambedue europei di nascita. Il primo, George Orwell, non ha bisogno di presentazione, salvo richiamare che il suo In Birmania, pubblicato da Ibis, contiene due racconti (Shooting an Elephant, c. 1936; A Hanging, 1931) e l’articolo How a Nation is Exploited (1929), che si rifanno all’esperienza che proprio cent’anni fa lo scrittore avviò nel paese asiatico, come arruolato volontario nella Polizia imperiale (prese servizio a Mandalay il 22 novembre 1922). Gli scritti ci danno un Orwell disgustato dalle pretese colonialiste sulle popolazioni locali, incapace di adempiere i compiti di repressione ai quali era stato assegnato. Dalle convinzioni politiche umanitarie e socialiste, ma anche dai principi morali, è spinto a contestare il sistema di potere. Netto il rifiuto delle ingiustizie perpetrate dalla Union Jack, al fine di garantire alle isole britanniche risorse per le industrie e controllo strategico di territori utili al ruling asiatico dell’impero. Ma non è Britannia la madre delle democrazie contemporanee e Birmania l’espressione del famigerato dispotismo asiatico che Wittfogel qualche decennio dopo avrebbe spiegato a tutti? Leggiamo come la racconta Orwell in How a Nation is Exploited: “The government of all the Indian provinces under the control of the British Empire is of necessity despotic, because only the threat of force can subdue a population of several million subjects”. Ruoli invertiti quindi, dispotici sono i Brits.
Con questo giudizio in mente, risulta di attualità richiamare il dibattito che accolse in Italia l’uscita di 1984, una delle opere maggiori di Orwell. Togliatti, presunto “Migliore” intellettuale oltre che capo dei comunisti, definì il libro “una buffonata informe e noiosa”. In altra occasione, rincarerà la dose: “L’autore accumula con la maggiore diligenza tutte le più sceme tra le calunnie che la corrente propaganda anticomunista scaglia contro i paesi socialisti.” Ad apprezzare il libro saranno in pochi, tutti nell’arco liberale e del socialismo umanitario: Croce (“Orwell ha guardato il mostro e non si è perso d’animo”), l’ambiente di Il Mondo di Pannunzio, Pampaloni su Il Ponte, Garosci.
Sempre in chiave di apertura all’oriente estremo, ma sul lato religioso ed etico, Lafcadio Hearn (1850-1904), noto anche col nome giapponese di Koizumi Yakum, pubblicò nel 1897 Gleanings in Buddha-Fields. Studies of Hand and Soul in the Far East, uscito ora dall’editore ObarraO – le due O stanno per oriente e occidente – con il titolo Spigolature nei campi di Buddha – Giappone, cultura e spiritualità. Greco-irlandese alla nascita, giornalista negli Stati Uniti da quando aveva 19 anni, fu spedito come corrispondente nelle Indie Occidentali e tre anni dopo mosse verso il Giappone. Qui fu accettato da una famiglia di samurai e ne sposò una ragazza, divenendo di fatto nipponico e buddhista, pur insegnando letteratura inglese all’università Imperiale di Tokyo. Un percorso singolare ma non unico nella vicenda euro-asiatica. Autore tuttora stimato e letto in Giappone, mette in Spigolature la profonda conoscenza della cultura locale, riverberando la sensibilità estetica e la spiritualità che ne ha ricevuto. Il buddhismo come etica del vivere, è il filo conduttore attraverso il quale interpreta il folclore, e concetti profondi come karma, nirvana, reincarnazione. Il racconto dettagliato dei viaggi e delle cerimonie trasmette in presa diretta la vita del tempo, nei templi, nei giardini e nelle strade di Kyōto e Ōsaka.