Travestito, Drag Queen, transgender, maschera teatrale, pseudonimo. Dal mondo LGBTQ+ fino a quello teatrale, si sono scomodati più o meno tutti i riferimenti estetico-artistici per definire Drusilla Foer, personaggio al centro del dibattito culturale e televisivo italiano, nonché trending topic per settimane sui social. Il Festival di Sanremo l’ha accolta semi-sconosciuta tra chiacchiericcio e curiosità (sebbene fosse già apparsa al cinema per Ozpetek) e l’ha restituita come icona di stile e del mondo LGBTQ+.
È evidente l’urgenza diffusa di etichettare il fenomeno e ricondurlo a canoni noti così da renderlo meno destabilizzante. Si sprecano i paragoni con attori che nella loro carriera hanno interpretato volti diversi: dalla popolar-commerciale casalinga Emma Coriandoli di Maurizio Ferrini, alla sessuologa Merope Generosa di Anna Marchesini, fino allo stilista Franco Tamburino di Giorgio Faletti e al ben più raffinato e intellettuale Paolo Poli con i suoi trasformismi en travesti.
Ma Drusilla Foer non è Gianluca Gori (artista e fotografo fiorentino dietro al personaggio) che interpreta Drusilla Foer. “Io e Drusilla siamo due unicità. Credo che sia contenta della sua performance a Sanremo ma tendo a non parlare con lei, non le sto dietro, abbiamo pessimi rapporti”. Testo e musica di Gori nella sua unica battuta sul tema Drusilla strappatagli dal Corriere della Sera mentre entrava in un albergo.
Non è quindi nel teatro il metro di riferimento per ricondurre Drusilla Foer a qualcosa di noto (ammesso e non concesso che sia necessario farlo), ma è nella letteratura che può trovare una sua dignità artistica. Precisamente nella letteratura portoghese, negli eteronimi di Fernando Pessoa “il poeta più complesso e vasto del Ventesimo secolo” come lo definì Antonio Tabucchi. Nell’eteronimia più che nel doppelgänger come avveniva in Dorian Gray di Wilde ad esempio.

“Ho creato in me diverse personalità. Creo costantemente personalità. Ogni mio sogno, appena lo comincio a sognare, è incarnato in un’altra persona che inizia a sognarlo, e non sono io”. In questa affermazione presa da “Il Libro dell’Inquietudine”, c’è la genesi dell’eteronimia fornitaci dallo stesso autore che ha la chiave in quel “e non sono io”. Gli eteronimi sono persone con una loro specificità declinata in dati anagrafici e biografici ben precisi e differenti da quelli dell’autore ortonimo: nascita, morte, studi, emozioni, stili, gusti, idee politiche, visioni del mondo, relazioni e professioni.
Sono decine gli eteronimi riconosciuti nell’opera di Pessoa, ma tra i principali emergono: Álvaro de Campos, oppiomane ingegnere navale emigrato in Scozia, autore di poesie e discepolo di Walt Whitman; Ricardo Reis, medico e poeta monarchico partito per il Brasile rifiutando l’instaurazione della Repubblica portoghese, e Alberto Caeiro, poeta contadino anticlericale. I versi di questi tre autori con la loro firma sono incisi sulla lapide di Pessoa a Lisbona nel Monasterio De Los Jeronimos.
“Il Libro dell’Inquietudine” di Bernardo Soares, ma anche “Poesie” di Alvaro Do Campos, sono due dei libri attribuiti ufficialmente agli eteronimi con tanto di loro biografia. La stessa cosa accade in “Tu non conosci vergogna. La mia vita eleganzissima” libro di esordio di Drusilla Foer del 2021. Nel frontespizio e all’interno del volume si ritrova tratteggiata la vita dell’autrice, “un’anziana signora forse un po’ vanesia”, cresciuta tra Cuba, New York e Londra, con un matrimonio americano fallito alle spalle e un altro meraviglioso con Herve Foer del quale è rimasta presto vedova. Il nome Gianluca Gori non compare mai, nemmeno nei credits.
Gori come Pessoa è un creatore di persone, cosa che diventa simpatica e inquietante al contempo se si pensa che Pessoa in portoghese significa esattamente questo, persona. Definire Drusilla Foer un personaggio di finzione non è quindi riduttivo per quel che rappresenta artisticamente, e avaro verso l’ingegno del suo autore? “Con Gori ci ho preso un tè una volta. Dice di avermi inventata, ma non è così geniale” chiosa lei durante una conferenza stampa, e la complessità dell’incomunicabilità e dell’eteronimia, sta tutta meravigliosamente qui.
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