È un gruppo su Facebook a cui appartengono quasi tredicimila persone che si dichiarano perdutamente innamorate della Grande Mela. Appartengo anch’io a questo gruppo non perché condivida questa fiabesca infatuazione con New York ma perché dai commenti e dalle foto cerco di cogliere luoghi comuni che mi servono come punti di riferimento per il mio lavoro di giornalista.
A giudicare dai post degli ultimi mesi, tutti non vedono l’ora di tornare nuovamente a New York o di visitarla per la prima volta. Tutti sognano la Statua della Libertà, Central Park, la cima dell’Empire State Building. Tutti non vedono l’ora di essere a “Time Square”. Times con la S, ragazzi, non Time. Si chiama così perché un tempo si trovava lì la sede del New York Times. Tutti dicono di voler visitare questa città che nell’immaginario collettivo non cambia mai. E invece col Covid é cambiata eccome. Visitare New York adesso è un’esperienza ben diversa di quanto non fosse prima della pandemia.

Partiamo dai musei. Hanno incominciato timidamente a riaprire a settembre di un anno fa e inizialmente avevano aperto le porte solamente ai newyorkesi che con entusiasmo avevano accolto l’invito in segno di solidarietà con le istituzioni culturali della loro città. Era splendido girare per il Metropolitan Museum semi-vuoto; un lusso godere indisturbati delle opere d’arte al MoMa; una cosa rara percorrere la spirale del Guggenheim senza folla. Poi erano incominciati ad arrivare gli americani e dall’8 novembre New York é nuovamente aperta al turismo internazionale. Alcuni europei sono tornati ma in numeri ancora alquanto limitati. Per loro é un’occasione per visitare per esempio il Whitney e ammirare le opere del grande artista contemporaneo Jasper Johns senza impossibili assembramenti.

Ecco una proposta rivoluzionaria per i tredicimila fanatici di New York su Facebook: prendete il treno da Penn Station e andate a Filadelfia a vedere l’altra metà della mostra dedicata a Jasper Johns. Sí, perché il Whitney ha coordinato con il Philadelphia Museum of Art un’importantissima esposizione che coinvolge due grandi istituzioni culturali. Ma sia chiaro: i musei si visitano solamente con prova di doppia vaccinazione e con l’obbligo di tenere la mascherina su bocca e naso per l’intera durante della permanenza all’interno del museo. E il personale é attentissimo. Se si sgarra, si viene immediatamente redarguiti.

Sempre della serie “New York non è solo il centro di Manhattan” suggerisco di attraversare il fiume Hudson e andare al Brooklyn Museum dove é esposta fino al 20 febbraio un’importante mostra dedicata a Christian Dior. Amo il Brooklyn Museum, ma personalmente non ho ancora visto la mostra di Dior che mi dicono sia molto interessante anche per coloro che non si intendono di moda.
Ho preferito invece andare a vedere una nuova esposizione al Metropolitan dedicata a Seneca. No, non il filosofo greco. Seneca era il nome di un villaggio all’interno di Central Park, abitato da schiavi liberati. L’allestimento coglie un’importante aspetto nella storia di New York perché i neri di Seneca furono sloggiati per fare posto a un meraviglioso polmone di verde con cui soddisfare principalmente la popolazione bianca. Ma l’aspetto più curioso é che il Metropolitan ha immaginato un allestimento che colga un aspetto di afrofuturismo: che cosa sarebbe diventata la cultura di Seneca se non fosse stata distrutta?
Fra le mostre che andrò a vedere nei prossimi giorni c’é sicuramente Vassily Kandinsky al Guggenheim. Si tratta di un’esposizione con percorso unidirezionale a scelta: si può iniziare dall’alto e discendere tre piani. Oppure iniziare dal basso, come consigliato dalla curatrice Megan Fontanella. Muovendosi verso l’alto si parte da un’arte complessa e enigmatica e ci si muove verso paesaggi espressionistici meno intensi.

Ma grandi mostre in musei mezzi vuoti non é l’unica novità di New York post-pandemia. L’altra grande novità sono i ristoranti. Non mi riferisco a specifici nuovi locali. Parlo in generale del fatto che la stragrande maggioranza dei ristoranti ha ora uno spazio all’aperto, coperto e riscaldato. Mentre nelle sale interne bisogna dimostrare di essere vaccinati per poter pranzare senza maschera, nelle parti esterne la vaccinazione non é richiesta. Più tavoli, dunque più facile prenotare? Non necessariamente perché New York, come la maggior parte delle grandi città, sta avendo difficoltà ad assumere il personale necessario. Colpa dei confini chiusi che hanno ridotto all’osso il numero di stranieri con permesso di lavoro.

Altra novità della New York post-Covid sono gli alberghi. Per italiani e europei in genere abituati ad andare a colpo sicuro molti alberghi hanno chiuso. Chiusura permanente. Non ce l’hanno fatta. Il Natale é sempre un ottimo periodo per vedere New York addobbata, ma scordiamoci il grande albero di Rockefeller Center. Verrà illuminato il 1 dicembre ma il sindaco di comune accordo con la polizia ha già deciso misure anti-assembramento. Per evitare che un numero eccessivo di persone si ammassi lungo il perimetro della pista di pattinaggio, con relativi rischio.
Lo dico ai tredicimila fanatici di New York, ma lo dico a tutti: non é indispensabile precipitarsi nella Grande Mela solo perché le restrizioni ai confini sono state sollevate. Bisogno ancora fare molta attenzione e New York non scappa. Sarà sempre qui. Anche in primavera. Anche per tutto il 2022. Anche per anni futuri. Riprendiamo a viaggiare ma facciamolo con intelligenza.