Un nome della Fotografia mondiale, che attira appassionati ed esperti da tutto il mondo, è quello del brasiliano Sebastião Salgado, che fino al 13 febbraio 2022 esporrà al MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma, unica tappa italiana, il suo progetto Amazônia. In collaborazione con Contrasto, l’exhibition farà il giro del mondo (Londra, San Paolo, Avignone, Rio de Janeiro), curata dalla compagna di vita e di viaggio del grande fotografo: Lélia Wanick Salgado.

I visitatori hanno la possibilità di ammirare oltre 200 immagini – in diversi formati e messe ad altezze differenti nello spazio enorme concesso alla mostra – e perdersi mirabilmente all’interno di un allestimento spettacolare e quasi magico, immerso nell’oscurità, ed anche accompagnato dalle musiche di Jean – Michel Jarre: una traccia audio incantata ispirata ai suoni dell’Amazzonia (ci sono i fruscii degli alberi, i canti degli uccelli, il fragore delle cascate). Va detto anche che la mostra si sviluppa in spazi che ricordano le ocas, tipiche abitazioni indigene, evocando i piccoli e isolati insediamenti umani nel cuore della giungla.
Salgado presenta il suo lavoro usando queste parole: «È il frutto di sette anni di vissuto umano e di spedizioni fotografiche compiute via terra, acqua e aria. Sin dal momento della sua ideazione, con Amazônia volevo ricreare un ambiente in cui il visitatore si sentisse avvolto dalla foresta e potesse immergersi sia nella sua vegetazione rigogliosa sia nella quotidianità delle popolazioni native. Queste immagini vogliono essere la testimonianza di ciò che resta di questo patrimonio immenso, che rischia di scomparire. Affinché la vita e la natura possano sottrarsi a ulteriori episodi di distruzione e depredazione, spetta a ogni singolo essere umano del pianeta prendere parte alla sua tutela».
Oltre al Maestro di Fotografia che tutti conosciamo, troviamo in Amazônia il forte impegno civile dell’Uomo: il suo è un grido umano disperato, mirato a proteggere la foresta amazzonica, e veicolato attraverso un talento artistico straordinario; approfittando sicuramente – questo va detto – di possibilità e mezzi concessi a pochi eletti.

Oggi Sebastião Salgado ha 77 anni, ma ancora conserva l’entusiasmo del photoreporter degli esordi. Vanno sottolineati soprattutto i risultati raggiunti: lui e la moglie hanno contribuito ad una riforestazione, nei possedimenti di famiglia, di 2 milioni di alberi.
Da questa filosofia vitale è nata nel 2003 Genesi, forse il suo progetto fotografico più noto e fortunato: è riuscito a immortalare, nei luoghi non ancora intaccati dall’uomo, la potente bellezza di una natura primitiva, che ha incantato negli anni milioni di visitatori.
Oggi la mostra romana attualmente in corso parla di un luogo ben preciso, polmone verde del mondo; è divisa in due parti. Nella prima, le immagini riguardano la paesaggistica amazzonica.
Si va dalla Panoramica della foresta in cui si presenta al visitatore l’Amazzonia vista dall’alto (ed è una visione impossibile da dimenticare, tanto è bella) a I fiumi volanti (che in realtà rappresentano una delle caratteristiche meno note della foresta pluviale, ovvero la grande quantità d’acqua che si innalza verso l’atmosfera). I visitatori possono avere una idea precisa, percorrendo questa exhibition, di quanto possa essere devastante la forza delle piogge, ma anche constatare che il bacino amazzonico ha rilievi montuosi altrettanto spettacolari. Foreste, natura, Isole nel Fiume, il Rio Negro; insomma: si palesa davanti ai nostri occhi tutto un paradiso incontaminato che resiste alla distruzione, reso nel bianco e nero contrastato e drammatico che Salgado ha come cifra stilistica inconfondibile.

Nella seconda parte, si disvela la presenza umana dell’Amazzonia: sono diverse le popolazioni indigene rappresentate attraverso momenti di vita e ritratti. Ecco che ai nostri occhi risaltano alcuni membri degli Awá-Guajá, la tribù più minacciata del pianeta (sono rimasti in meno di 500); oppure gli Yawanawá che, sul punto di sparire, hanno ripreso il controllo delle proprie terre e la diffusione della loro cultura; oppure i Korubo, fra le tribù con meno contatti esterni (infatti, proprio la spedizione di Salgado nel 2017 è stata la prima occasione in cui un team di documentaristi e giornalisti ha trascorso del tempo insieme a loro).
Ritratti di donne e uomini indigene sono presenti in una delle due sale di proiezioni, con le sonorità del brasiliano Rodolfo Stroeter ad accompagnarci nell’incontro con i loro sguardi, mentre un’altra sala video si focalizza, con la musica del compositore Heitor Villa-Lobos, sulla tematica del bosco.
Salgado con Amazônia riesce appieno, a nostro avviso, nell’intento di ricordare alle coscienze che dobbiamo proteggere la foresta; una foresta che – mettiamocelo bene in mente – occupa un terzo del continente sudamericano, e questo significa che equivale ad un’area più estesa dell’intera Unione Europea. Amazônia è un patrimonio di tutti.
Affidiamo alle parole dell’Autore il messaggio finale, prima di invitare tutti a vedere questo progetto fotografico così prezioso: «Affinché la vita e la natura possano sottrarsi a ulteriori episodi di distruzione e depredazione, spetta a ogni singolo essere umano del pianeta prendere parte alla sua tutela».
Molti i partners coinvolti. Per saperne di più, potete andare sul sito ufficiale del MAXXI.