Sabato scorso a Park Slope, Brooklyn, il primo sole d’autunno picchiava come fosse ancora estate, illuminando l’angolo tra la 5th Avenue a 3rd Street. Proprio li, Daniel Avi e Clover Stieve, due giovani musicisti Newyorkesi, avevano deciso di esibirsi per il pomeriggio. Chi seduto a terra sulla strada chiusa al traffico, chi poggiato sulla buca delle lettere, chi in bilico sulla propria bicicletta, erano decine le persone che ascoltavano le canzoni dei due giovani. Alcuni bambini correvano divertiti, altri stavano fermi, ammaliati dalla musica. Quasi un pomeriggio normale.

“Affittasi”, diceva il cartellone sulla finestra vuota accanto ai due artisti, quasi a ricordare che i luoghi di spettacolo sono chiusi da Marzo, senza una prospettiva, o un’idea, di quando e come potranno riaprire.
Broadway, il generatore principale di show business in città che nel 2019 ha generato quasi 2 miliardi di dollari di ricavi con 15 milioni di spettatori, è chiusa da Marzo. Il Metropolitan Opera, l’organizzazione artistica più grande degli Stati Uniti ha cancellato l’intera stagione 2020-21, lasciando a casa 1,000 impiegati (includendo orchestra e coro) – un segnale pesante per l’industria dello spettacolo Americana.

La pandemia non molla e i casi aumentano a New York come ci si aspettava, riaccendendo la paura di Aprile quando per la città si ascoltavano solo sirene. Ciò che rendeva New York speciale, la città dello show, dei concerti, dell’opera e delle notti insonni, è svanito. Lo “show” è fermo da mesi, ma la speranza era che ripartisse presto. Ma con un vaccino ancora lontano, a New York ci si chiede se l’anima della città sopravviverà senza l’energia economica e vitale dei suoi spettacoli. “The show goes on” è un ricordo lontano. Anche la continua ansia di perdersi qualcosa è sparita: stare a casa sul divano non è più una colpa, perché tanto non c’è più niente da perdersi.

Secondo un report del 2016 commissionato dal Sindaco Bill de Blasio, New York aveva 2,400 luoghi che campavano di musica e cultura, generando 20,000 posti di lavoro e un giro economico di 1,2 miliardi di dollari. Secondo il National Independent Venue Association (NIVA) – una organizzazione che è stata creata all’inizio della pandemia per protegger gli interessi dei luoghi di spettacolo – il 90% di questi locali potrebbero non riaprire mai più se il lockdown dovesse prolungarsi. Oggi, la maggior parte di questi luoghi sono chiusi, e secondo Oh My Rockness (un calendario di concerti di musicisti indipendenti) mentre l’anno scorso tra Marzo e Dicembre c’erano 8,450 eventi, quest’anno in lista ce ne sono 1.620, tanti dei quali già cancellati.
Ma la musica non manca solo nei locali. Chi ha avuto coraggio di avventurarsi in metropolitana deve essersi accorto che oltre alla gente – da Marzo la vendita dei biglietti è scesa del 90% – mancavano anche i musicisti che popolavano le fermate. Coloro che vivano di donazioni non hanno più pubblico e non hanno ragione di scendere a suonare sotto terra.

Siamo ad Ottobre e il freddo si fa vicino, e se alcuni musicisti e artisti ce l’hanno fatta a guadagnare con concerti all’aperto durante l’estate, la discesa delle temperature diminuirà la possibilità di suonare per strada. Pensando proprio a questo, Daniel e Clover hanno deciso di lasciare New York per la California. Partiti in macchina martedì scorso, viaggeranno fermandosi per suonare nelle città che incontreranno nel viaggio che durerà due mesi, per arrivare a Los Angeles a Dicembre.
Staranno li al caldo, suonando all’aperto, fino a quando un vaccino, o la primavera, arriverà a New York, la città che un tempo non dormiva mai.
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