Nella città che è stata casa di mostri sacri della danza contemporanea come Martha Graham e Merce Cunningham, c’è un posto anche per la danza italiana. A crearlo sono i tanti artisti arrivati dalla Penisola in città per dare espressione al proprio talento e, da cinque anni, un festival che porta nella Grande Mela il meglio della produzione nostrana. IDACO nyc torna quest’anno dal 21 al 24 maggio con un ricco programma e una selezione all’insegna dell’unità nella diversità. Il nome sta per Italian Dance Connection e racconta una passione per la cultura italiana e il potere delle connessioni.
La rassegna di danza ideata nel 2015 da Vanessa Tamburi ed Enzo Celli seleziona artisti attraverso un bando rivolto alle compagnie italiane, anche quelle con base all’estero, con l’obiettivo di creare un programma eclettico, in cui trovino spazio sia ballerini, coreografi e registi noti che esordienti di talento, consentendo nuove connessioni con la scena della danza locale e la sua forte componente internazionale.
Quest’anno il festival si aprirà martedì 21 maggio, all’Istituto Italiano di Cultura, con una tavola rotonda tematica e proiezioni di film alle 14.00 e una presentazione della rassegna accompagnata da proiezioni video ed esibizioni site specific alle 18:30. Il programma proseguirà il 22, 23 e 24 maggio al The Sheen Center (18 Bleecker Street) con quattro spettacoli che includono 16 lavori di danza, 12 film e installazioni e che presentano lavori coreografici innovativi e sperimentali, dieci dei quali in anteprima.
“IDACO — spiega la fondatrice e direttore artistico, Vanessa Tamburi — è un laboratorio per le opere di artisti con un’idea, un concetto o una componente italiana. Attraverso la danza vogliamo costruire relazioni e offrire un ambiente di supporto, ispirazione e creatività per gli artisti che, attraverso la connessione con la danza e altre forme d’arte contemporanea, parlano del nostro tempo”.
Gli artisti partecipanti arrivano da tutta Italia e dall’estero e hanno background diversi, componendo un programma variegato e vivace: Noha Dance Company presenta uno spettacolo che si muove tra urban dance e danza contemporanea producendo un innovativo codice artistico che fonde i diversi linguaggi; LineOut Dance Company arriva a New York con tre diversi lavori sperimentali che collegano il suono alla realtà interiore dell’individuo; esplora invece il linguaggio del teatrodanza il Balletto di Sardegna; mentre il lavoro di Alice Nardi riflette sui processi di identificazione. Ampio spazio anche ai video, con una sezione, curata da Nancy Allison, che include il documentario Madri e figli. Padri e figli di Corinne Dardé, girato nel contesto dell’Incontro Coreografico Internazionale di Seine-Saint-Denis, Il mio grido di Vito Alfarano realizzato in carcere e un lavoro di Virgilio Sieni realizzato con non-ballerini.
“La nostra selezione — spiega Cecilia Fontanesi, direttore artistico associato — cerca di andare oltre i limiti del mercato dello spettacolo. Alcune delle compagnie che presentiamo, infatti, non fanno parte dei grandi circuiti internazionali e così il festival diventa l’unica occasione per il pubblico americano di vedere il loro lavoro. Per noi è molto importante riuscire a dare visibilità a giovani compagnie esordienti. IDACO permette al pubblico newyorchese di entrare in contatto con il mondo della ricerca coreografica italiana nel momento stesso in cui questa emerge, aggirando i tempi della distribuzione internazionale dello spettacolo. Allo stesso tempo per gli artisti è una vetrina e un modo per entrare in contatto con la scena newyorkese, trovare nuovi spunti creativi e possibilità di distribuzione”.
Il tema dell’edizione 2019 di IDACO è DIVER / CITY, un concetto ispirato al motto dell’Unione Europea, “unità nella diversità”. “L’idea — prosegue Vanessa Tamburi — è di creare unità senza uniformità e diversità senza frammentazione: l’arte può essere uno strumento per comprendere che le differenze arricchiscono le interazioni umane. Quando viene permesso a diverse realtà e culture di coesistere rispettandosi reciprocamente si produce una società armonica”.
Una diversità che si ritrova nell’eclettismo del programma 2019 di IDACO nyc, che porta a New York anche artisti italiani che risiedono all’estero. Come per esempio Pietro Marullo, di base in Belgio, che con la sua compagnia Insieme Irreali presenta un lavoro all’incrocio tra arte visiva e performativa, installazione e nuove tecnologie. C’è poi Enzo Celli che lavora tra l’Italia e New York ed è un esempio di artista globale, alla ricerca delle sue radici. Natalie Marrone esplora invece la sua identità italo-americana. Il festival ospita poi anche artisti newyorchesi di varie origini: Giappone (Yuki Hasegawa) Taiwan (Tsai Hsi Hung), Cina ( Li Chiao-Ping), Grecia (Ariadne Mikou), Spagna (Alvaro Congosto), Argentina (Anabbella Lenzu), Francia (Baptiste Rouveure).
Spiega ancora Vanessa Tamburi: “Credo che New York sia il perfetto esempio di come la connessione tra artisti provenienti da diversi background per creare nuove sinergie, sia diventata un elemento essenziale per lo sviluppo della creazione artistica, interdisciplinare e multimediale che caratterizza la scena artistica di questa città. Così, promuovere la nuova danza italiana, sia istituzionale che indipendente, e metterla in relazione con gli artisti locali può aprire nuovi orizzonti di ricerca e finalmente esportare la contemporaneità italiana, aprire nuove prospettive ai nostri artisti e allo stesso tempo promuovere un’Italia nuova, vivace, moderna, intraprendente, contemporanea: è con questa idea che abbiamo creato IDACO. Vogliamo dare alla danza contemporanea italiana la possibilità di esportarsi, connettersi e di farsi conoscere anche negli USA”.
Vetrina d’eccellenza per tutte le arti, New York è il luogo ideale dove creare questo tipo di sinergie e opportunità. “Già da anni — continua Tamburi — molti artisti Italiani trovano il loro terreno creativo qui a New York: la continua stimolazione di input creativi offre la possibilità di rimettersi in questione e di crescere. Fin dalla prima edizione, questa rassegna fuori dal comune ha creato molta curiosità per un progetto che non aveva solo lo scopo di presentare degli spettacoli, ma soprattutto quello di connettere artisti, discipline e idee creative per portare avanti un discorso culturale, che possa camminare parallelo alla nuova visione globale dell’arte”.
Grazie a una collaborazione tra IDACO nyc 2019 e Emerging Choreographic Series, quest’anno il festival offre una settimana di residenza d’artista con lezioni della coreografa Susie McHugh guidate dal direttore artistico di Mare Nostrum Elements, Nicola Iervasi: il lavoro risultante da questo seminario sarà parte della programmazione al The Sheen Center. Infine, gli artisti partecipanti ad IDACO nyc incontreranno quelli di Between the Seas Festival per produrre una performance off-site.