Fabrizio nasce il 18 febbraio 1940 a Genova e muore a Milano l’11 gennaio 1999. Faber viene ancora oggi considerato dalla critica uno dei più grandi cantautori italiani di tutti i tempi: i suoi testi e le sue canzoni, riadattate dal figlio Cristiano De André e cover band dedicate, portano la sua musica ancora a tutti noi. Anche grazie a loro le sue battaglie non si sono fermate, la sua costante voglia di lottare contro la guerra e per le minoranze, e i suoi testi intellettuali e a volte complicati lo facevano amare da tutti: dai borghesi fino alle classi più disagiate.
Nelle sue moltissime canzoni non ha parlato soltanto dei disagi delle minoranze dei nostri luoghi. Celebre è la canzone “Fiume Sand Creek”, in cui riporta il massacro di più di 150 nativi americani delle tribù Cheyenne. La milizia dello stato americano composto da 100 soldati del Colonnello John C. Menton attaccò un’ansa del fiume Big Sandy Creek, portando una minoranza come quella degli indiani d’America a un massacro totale. De André, nelle sue interviste successive, ricordava sempre: “Tu, uomo davanti a un sopruso come questo, sei rimasto fermo solo perché ad essere attaccata era una minoranza”.
De André, oltre alle battaglie anche politiche, viene studiato in molti libri di letteratura come un poeta della musica. Ben 41 sono gli album pubblicati e numerosi, dopo i disagi iniziali, le sue uscite in teatro e i concerti. Insieme a Bruno Lauzi, Gino Paoli, Umberto Bindi e Luigi Tenco, viene considerato uno dei più grandi esponenti della cosiddetta “scuola genovese”, con moltissimi riconoscimenti importanti tra cui il Premio Tenco.
Non si può dire che la vita di Fabrizio sia sempre stata felice o almeno normale: il suo stimolo a cantare per gli ultimi fu proprio legato al fatto che anche lui, già ai tempi del liceo e dell’università, forse si sentiva l’ultimo della famiglia, con il padre laureato in filosofia e il fratello che si accingeva a diventare uno dei più grandi avvocati di Genova. Prima l’iscrizione alla facoltà di medicina, poi la facoltà di giurisprudenza lasciata a soli 6 esami dalla laurea, poi il lavoro nella scuola col padre, e infine la paura che la sua passione, quella della musica, non si potesse realizzare. Un giorno, però, tramite la sua etichetta discografica, la sua “Canzone di Marinella” arrivò sul piccolo schermo grazie a Mina. Da lì, rassicurato dagli introiti dalla SIAE, decise di continuare la sua carriera incidendo il suo primo album.
In qualsiasi foto oggi possiamo avere di Fabrizio, si ricorda sempre con la classica sigaretta e, in disparati casi, anche con una bottiglia di alcool a seguito, come dichiarato da Pagani: forse fu questo il suo più grande problema: “autolesionismo”, lo definisce il figlio Cristiano, non riuscire a reggere il peso della propria popolarità, replica Dori Ghezzi.
Un incontro che segna sicuramente la carriera di Fabrizio De André è quello avvenuto negli anni ’70 con Fernanda Pivano, traduttrice e scrittrice dell’antologia sepolcrale di Spoon River. Questa opera poetica lo porterà a tradurre dei pezzi e a incidere l’album “Non al denaro non all’amore né al cielo”.
Non solo Fernanda Pivano cambiò emotivamente De André: il cantautore, già dagli albori della sua carriera, si confrontò con due grandi esponenti della scuola genovese come Luigi Tenco e Paolo Villaggio. La morte di Luigi Tenco segnò lo stato emotivo di Faber, che gli dedicò la canzone “Preghiera in gennaio”.
I sentimenti già instabili del cantautore genovese vennero turbati ulteriormente dal rapimento nella fine degli anni Settanta. Questo avvenne nella tenuta sarda dell’annata, insieme a Dori Ghezzi.
Il 27 agosto 1979 la coppia, rapita dall’Anonima sequestri sarda, fu tenuta prigioniera presso Pattada. I due vennero rilasciati solo dopo il pagamento di circa 550 milioni di lire. Dori Ghezzi raccontò che la paura fu tanta, ma fu tanta anche la speranza data da Faber alla coniuge, e questo cambiò anche il modo di raccontarsi dopo quattro mesi di prigionia.
Moltissimi sono stati i volti noti che gli hanno reso omaggio nel corso degli anni: da Morgan che ha dedicato un intero album, Ivano Fossati, Francesco De Gregori, Lucio Dalla e alla fine Cristiano De André, che ogni cinque anni replica “De André canta De Andrè”. Un saluto dalla Voce di New York, amico Faber.