“Drop dead!”: così si rivolgeva il presidente Gerald Ford alla città di New York nel 1975, come riportava l’articolo del Daily News il 29 ottobre di quell’anno, quando la città viveva il suo momento più basso e difficile. “Crepa!”: questo disse alla città il presidente degli Stati Uniti di fronte alla violenza e al degrado che attanagliavano New York segnandone drasticamente il profilo, questa l’unica, esasperata soluzione possibile per una città in mano alle gang, alla mafia, alla corruzione della polizia, alla povertà disperata dei suoi quartieri. In verità, queste parole che sono passate alla storia appartengono piuttosto alla leggenda, in quanto sembra che Ford non le abbia mai effettivamente pronunciate, sebbene ben riassumessero il suo pensiero quando decise di negare aiuti federali alla città di New York per salvarla dal degrado e dalla bancarotta.
New York sprofondava sempre di più e non riusciva a risollevarsi né economicamente né socialmente. La storia poi ci dice che a causa di quell’infelice uscita e quella drastica posizione l’anno dopo Ford perse la presidenza a favore di Jimmy Carter, candidato democratico relativamente poco conosciuto all’epoca, ma ci dice anche che pochi mesi dopo quella frase Ford in realtà concesse gli aiuti federali alla città (in seguito ripagati nella loro totalità e con altissimi interessi). La storia ci dice infine, ma molto più tardi, che quella fu una mossa strategica per prendere tempo e presentare meglio il “caso New York” al più che riluttante Congresso.
Fatto sta che quella frase è rimasta impressa nella memoria degli americani e soprattutto dei newyorkesi, tanto che il Film Forum la usa come titolo della meravigliosa rassegna di film su New York negli anni Settanta che si apre il 5 luglio per concludersi il 27 luglio 2017: Ford to City: Drop Dead – New York in the 70s.
Al Film Forum verranno proiettati 44 film, alcuni dei quali sul grande schermo per la prima volta dopo la loro uscita nei cinema negli anni Settanta. La rassegna si apre con Midnight Cowboy (Un uomo da marciapiede) di John Schlesinger, che nel 1969 racconta già la metropoli dura e spietata e al tempo stesso anticipa e riassume quello che saranno gli anni a venire a New York, e si chiude con uno spettacolare double bill: The Warriors (I guerrieri della notte) di Walter Hill e Escape from New York (1997: Fuga da New York) di John Carpenter, film che attesta come nel 1981 New York sia ancora in piena apocalisse.
Se è vero che quelli sono stati gli anni in cui New York precipitava verso il suo punto più basso, diventando la città più pericolosa e violenta d’America, è anche vero che è proprio in quegli anni che i più grandi registi americani hanno raccontato New York nella sua essenza, nella sua anima e nella sua dolente verità, creando alcuni tra i più grandi, indimenticabili capolavori del cinema americano. John Lindsay, cinefilo appassionato e sindaco di New York dal 1966 al 1973, aveva istituito un ufficio che supportasse fiscalmente chi fosse venuto a girare a New York, per cercare di risollevarne l’immagine e per incentivare l’industria cinematografica in città.
Sicuramente non sarebbero bastate le politiche di Lindsay senza lo sguardo di Scorsese, Friedkin, Cassavetes, Lumet, Schlesinger, Carpenter, De Palma, ma la verità è che quello che è stato il momento più basso di New York è diventato al tempo stesso il suo momento più alto nel racconto che il cinema ne ha fatto nel corso degli anni. Midnight Cowboy, Taxi Driver, Serpico, Dog Day Afternoon (Quel pomeriggio di un giorno da cani), Husbands (Mariti), Mean Streets, Network (Quinto potere), Gloria, Marathon Man (Il maratoneta) non solo rappresentano ma sono New York, sono quella New York lì, sporca, depravata, disperata, corrotta, violenta.
Poi ci sono anche Saturday Night Fever (La febbre del sabato sera), All That Jazz, Dressed to Kill (Vestito per uccidere), The Taking of Pelham One Two Three (Il colpo della metropolitana – Un ostaggio al minuto), Manhattan e altri film in cui il tono cambia un pochino, la città si riflette nel racconto della competizione nella grande metropoli, del volercela e dovercela fare a tutti i costi, New York diventa thriller, horror erotico, garbato humour nero, diventa il racconto della solitudine sul filo della commedia, della nevrosi di una città intellettuale schizofrenica e disconnessa rispetto a quel che succede attorno e dentro di lei, eppure quanto mai lucida nel vedere colpe ed errori, ricchezze e miserie di una New York a cui comunque sente disperatamente di appartenere. Robert De Niro / Travis Bickle nelle lunghe notti alla guida del suo taxi cerca di sopravvivere al suo passato e alla solitudine, infuriato per “tutta la spazzatura di cui era piena la città”, e al politico in campagna elettorale chiede di ripulire questa città, ripulirla da assassini, gangster, poliziotti corrotti e (forse) anche dai disperati come lui.
La città è stata ripulita, negli anni a venire. Ci sono stati sindaci sceriffi, ci sono stati finanzieri e costruttori senza scrupoli, è arrivato il turismo di massa che ha fatto svettare palazzi e hotel di lusso, catene commerciali, sono arrivati tanti, tanti soldi, e la faccia di New York è cambiata, si è fatta bella per il per mondo e anche per il cinema. New York è diventata “the place to be”.
Ma New York non è tutta qui, un’eco seppure molto lontana e meno disperata di quella New York in the 70s che il Film Forum propone oggi – forse non a caso – rimane in certe strade, in certi quartieri dove nulla luccica, ed è questo quello che della New York di oggi il cinema dovrebbe rimettersi a raccontare. Un cinema che racconti la città, le strade lontane dall’Upper West Side o da Williamsburg. Raccontare quella città che vive ogni giorno e non si vede, non si vede sullo schermo cinematografico, ma è quella l’anima di New York, sono quelli i newyorkesi che si perdono ogni giorno un pochino di più, fra gli hotel di midtown e i luxury condos in riva al fiume, accanto ai tanti dimenticati nelle strade di Hunts Point, del Barrio, di South Jamaica e di East New York. Questa città avrebbe spazio e onore accanto ai più grandi film di quegli anni Settanta che ora adoriamo ma che pochi all’epoca avrebbero raccontato. Ci sono voluti quei grandi, straordinari registi e sceneggiatori, ci sono voluti Robert De Niro, Al Pacino, Dustin Hoffman, Paul Sorvino, George Segal, Gena Rowlands, Jill Clayburgh, per fare di quella New York un’icona.
Il Film Forum, icona lui stesso di questa città, in questo mese di luglio riprende quel cinema e Bruce Goldstein lo programma attentamente e non senza emozione, in un percorso, veramente meraviglioso, che racconta i tanti volti di vincitori e vinti di quei difficili anni newyorkesi. Per il programma completo è possibile visitare la pagina Ford to City: Drop Dead – New York in the 70s.