“Una città di abitazioni, scuole e chiese” recita il motto della sua città d’origine, Decatur, ridente sobborgo di ventimila abitanti a quindici miglia a est dal centro di Atlanta. Niente di apparentemente esaltante, ma nelle zone a netta prevalenza afroamericana dove Shayaa Joseph, oggi noto col nome di 21 Savage, cresce e si fa le ossa, la vita non scorre così lenta e rilassata.
Shayaa nasce nel 1992 e come tanti coetanei neri delle zone più povere della Georgia, entra in contatto piuttosto precocemente con il mondo dello spaccio e della microcriminalità. A soli undici anni è espulso da tutti gli istituti della contea di De Kalb per essersi fatto sorprendere armato di pistola nei corridoi della sua scuola. Il tatuaggio che campeggia sulla sua fronte sopra a una croce, “Death Before Dishonor”, non è un cliché da aspirante gangster, ma è figlio di una vita violenta, cruda e sempre sull’orlo del dramma. Il dramma arriva a tutti gli effetti nel 2013 quando in una sparatoria è ferito da sei colpi di arma da fuoco, di cui uno al collo. Sopravvive miracolosamente all’agguato e riesce a colpire a morte il suo assalitore. Nello scontro muore il suo migliore amico e da quel momento in poi Shayaa prova a darci un taglio.
L’hip hop che negli anni precedenti era uno svago ereditato dal fratello maggiore, un passatempo come tanti altri, diventa la via di fuga per lui e il suo team, 21. Il numero si riferisce al ventunesimo anno che Joseph compie proprio il giorno della tragedia. Al suo fianco ci sono Lotto Savage, Mookie Madri Gra e Freaky D$MG. Lo slogan è eloquente: “Noi siamo la vera Atlanta, siamo davvero nelle strade e siamo quello che succede davvero ad Atlanta”.
I loro testi sono per forza di cose crudi e negativi. I temi sono delle narrazioni realistiche e a volte reali di episodi che hanno segnato il precoce ingresso nella vita di adulta dei protagonisti della crew e di tanti altri personaggi secondari dei ghetti di Atlanta. Il dolore, la violenza e le tragedie quotidiane che si consumano nelle zone più piovere della città diventano dei temi comuni alle loro produzioni. L’idea è quella di dare visibilità a queste storie, rifiutando quell’immaginario fatto di fashion, macchine di lusso e donne, tipico di molti altri interpreti contemporanei del filone. Per un hip hop che dal southern finisce alla trap contemporanea, con basi sempre oscure e torbide a fare da anello di congiunzione tra due dei filoni più popolari della scena rap di Atlanta e della Georgia. Il suo idolo, non a caso, è come per tanti altri rapper emergenti dell’area, Gucci Mane, di recente uscito di prigione, a cui dedicherà un EP celebrativo nell’estate del 2015, Free Guwop.
L’esordio risale a dodici mesi prima. Il primi mixtape The Slaughter Tape è un esordio ancora acerbo, ma fulminante per la potenza delle immagini e per le atmosfere che lo caratterizzano. Picky, Skrtt Skrtt, Million Dollar Liq, Whoa sono tutte accompagnate da video che descrivono bene lo sfondo di queste storie di strada. Non mancano i guest, come Key! e iLoveMakonnen, che vi abbiamo già presentato un po’ di tempo fa su queste pagine.
Tra narrazione e denuncia, arriva anche il secondo capitolo di 21 Savage, Slaughter King, che, pubblicato alla fine del 2015, sancisce il successo del giovane rapper di Decatur. Tutto rigorosamente autoprodotto, come l’intenso ultimo capitolo della sua carriera, Savage Mode. Per l’occasione assolda un giovane talento della produzione di St. Louis, Metro Boomin che a soli 23 anni può già vantare collaborazioni di assoluto prestigio con Kanye West, Drake, Future, The Weeknd, Young Thug e Ty Dolla Sign. Il passo in avanti si sente subito nella qualità delle basi e l’EP in appena quattro giorni finisce al primo posto tra gli album più ascoltati su Apple Music (l’album è ascoltabile in streaming anche su Soundcloud).
A un passo dalla morte e, appena tre anni dopo, a un passo dall’esplosione. Le strade di Eastside Atlanta potranno avere finalmente una bella storia da raccontare. In queste settimane 21 Savage è in tour.