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Ocean Terminal: la vita di Piergiorgio Welby a teatro

Per In Scena! 2016 uno spettacolo che racconta l'uomo dietro il personaggio pubblico

Maurita CardonebyMaurita Cardone
piergiorgio welby

Emanuele Vezzoli interpreta Piergiorgio Welby in Ocean Terminal

Time: 4 mins read

Di Piergiorgio Welby conosciamo l’immagine pubblica. Il suo nome è per sempre legato alle battaglie  contro l’accanimento terapeutico. Attivista, giornalista, poeta e pittore, Welby era affetto da distrofia muscolare e fu a lungo costretto a letto da dove a gran voce chiese l’interruzione delle cure. La sua è una vicenda dolorosa che ha dietro un paese che in quella sofferenza si guardò allo specchio. Ma se di Welby si conosce il personaggio pubblico, molti ignorano l’uomo dietro quelle battaglie. Lo spettacolo Ocean Terminal, in arrivo a New York per il festival di teatro italiano In Scena! 2016, mette a fuoco l’uomo: la sua vita privata, l’infanzia, i rapporti con la famiglia, l’amore, la religione, la droga, gli ideali e il messaggio da uomo-artista agli altri uomini. Lo spettacolo, diretto e interpretato da Emanuele Vezzoli, è un ritratto di un artista estremo, appassionato e vitale, in conflitto tra l’abbandono della speranza e l’inno alla vita.

Il progetto nasce all’interno della Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di studi DAMS dell’università di Roma3, dove il professor Giorgio Taffon è entrato in contatto con il nipote di Welby, Francesco Lioce che è stato co-autore del testo. Sostenuto da Mina Welby, vedova di Piergiorgio e co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni per l’eutanasia, il progetto ha dato origine anche ad un film documentario, firmato da Livia Giunti e Francesco Andreotti, le cui immagini sono presenti nello spettacolo come contributi video.

In attesa di vederlo sul palcoscenico, ci siamo fatti raccontare da Emanuele Vezzoli come nasce questo progetto e che reazioni si aspetta dal pubblico newyorchese.

Con che obiettivo arrivate a New York?

Piergiorgio Welby Emanuele Vezzoli
Emanuele Vezzoli

“Per noi italiani New York City rappresenta un ponte verso il mondo intero. Il nostro obbiettivo è quello di far conoscere ad un pubblico, il più vasto possibile, un aspetto della drammaturgia italiana che affonda certamente le radici nella tradizione ma che passa anche attraverso la ricerca e la sperimentazione lasciandosi contaminare da altre forme d’arte, come la danza e le arti figurative. La nostra speranza è che il risultato dell’incontro con New York possa di riflesso influenzare e contaminare positivamente il destino di questa nostra opera teatrale”.

Che cosa potrà vedere il pubblico attraverso il vostro spettacolo?

“Avrà innanzitutto l’opportunità di conoscere un nuovo autore italiano come Piergiorgio Welby che ci ha lasciato, oltre a tante opere d’arte figurativa, foto e disegni e dipinti, anche un’opera narrativa di alto valore letterario, poetico e dalla prorompente dinamicità drammatica. Potrà inoltre vedere una modalità di lavoro drammatico sul testo e cioè una riscrittura scenica attraverso il corpo dell’attore, quasi fosse una danza curata dalla coreografa Gabrielle Borni. Il pubblico parteciperà ad uno spettacolo denso, un inno alla vita e all’ultima preghiera di un uomo che l’ha vissuta con tutte le proprie forze”.

Come mai avete scelto questo tema?

“La scelta deriva dall’incontro con il romanzo di Piergiorgio Welby, un romanzo nel quale in nuce si trovano quelle qualità drammaturgiche che lo rendono adatto alla rappresentazione scenica. Quello che poi ha reso urgente e necessaria la messa in scena sono stati anche l’attualità ed universalità di una condizione umana sempre più frequente e comune e che investe le nostre società super-tecnologiche nelle quali spesso diventa difficile distinguere il confine tra volontà divina o naturale e volontà umana. Ocean Terminal porta in primo piano l’assoluta necessità del rispetto della dignità dell’essere umano che mai dovrebbe essere offesa o ignorata”.

Qual è lo stato del teatro italiano? È difficile oggi fare teatro in Italia? Perché?

“Il teatro in Italia versa sempre in cattive acque: ci si arrabatta per trovare una forma di amministrazione e di sostentamento che, ahimè, non sono mai adeguate all’importanza culturale e alla necessità sociale del teatro per la società in continuo cambiamento. L’intromissione della politica nella gestione del patrimonio teatrale è sempre troppo elevata, non c’è ancora una vera apertura verso forze ed energie nuove. Vige sempre una sorta di conservatorismo e molto spesso a rimetterci sono appunto le nuove realtà che devono faticare e sgomitare per poter emergere quando invece dovrebbe essere compito degli organismi istituzionali, come i teatri nazionali e regionali, preoccuparsi di aiutare e portare alla ribalta le drammaturgie innovative e gli artisti meritevoli. Ancora oggi i teatri italiani si affidano a comodi nomi di artisti conosciuti e televisivi per poter fare cassa in quanto le sovvenzioni statali per il teatro e per la cultura in generale sono abbastanza ridicole”.

Ritieni che il teatro italiano sia esportabile? Quali caratteristiche lo rendono più o meno esportabile? 

“Certo che sì. Il teatro italiano, nonostante le difficoltà, è esportabile perché è ricco; ricco di idee, fantasia, di drammaturgie nuove. Le uniche difficoltà risiedono nella lingua e nella volontà di cercare e trovare le realtà valide e meritevoli, perché, come detto sopra, sono realtà che molto spesso non coincidono con il teatro istituzionale. Un esempio ne sono Spiro e Scimone, i quali sono stati adottati dalla Comédie Francaise; Emma Dante che fortunatamente è riuscita ad emergere pur restando in Italia o il mio amico e collega Toni Servillo che ha da poco terminato una tournée mondiale con La trilogia della Villeggiatura”.

Che accoglienza vi aspettate dal pubblico americano e cosa volete lasciare con questo spettacolo alle persone che verranno a vederlo?

“Sulla base dell’esperienza fatta in Italia ci aspettiamo una risposta positiva e partecipativa molto intensa. Tuttavia siamo molto cauti e ci approcciamo al pubblico americano in punta di piedi in quanto Ocean Terminal, oltre che parlaci di temi universali, ci porta anche ad affacciarci e confrontarci con tematiche delicate e nuove per il pubblico che assiste”.

Dai ai nostri lettori una ragione per venire a vedere il vostro spettacol.

“Se amate il teatro e se amate la vita, allora Ocean Terminal è lo spettacolo che dovete vedere”.


Ocean Terminal va in scena il 13 e il 15 maggio, alle 7:30pm, al Bernie Wohl Center at Goddard Riverside.

In italiano con sopratitoli in inglese.

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Maurita Cardone

Maurita Cardone

Giornalista freelance, abruzzese di nascita e di carattere, eterna esploratrice, scrivo per passione e compulsione da quando ho memoria di me. Ho lavorato per Il Tempo, Il Sole 24 Ore, La Nuova Ecologia, QualEnergia, L'Indro, senza che mai mi sia capitato di incappare in un contratto stabile. Nel 2011 la vita da precaria mi ha aperto una porta, quella di New York: una città che nutre senza sosta la mia curiosità. Appassionata di temi ambientali e sociali, faccio questo mestiere perché penso che il mondo sia pieno di storie che meritano di essere raccontate e di lettori che meritano buone storie. Ma non ditelo ai venditori di notizie.

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