Superman è morto, almeno per ora. Ma niente paura: la prossima Pasqua resusciterà. Grazie al pentimento del regista Zack Snyder e all’aiuto di Wonder Woman, un’Amazzone che attraversa i secoli. E meno male che si tratta solo di fumetti; è bene tenerlo a mente quando si va a vedere Batman vs Superman Dawn of Justice. Più che un’alba di giustizia sembra un tramonto. Sono tramontati sia il nostro amore per Superman che la nostra stima per Batman che ci siamo portati dietro come una certezza da quando eravamo bambini divorando le loro gesta nei caldi pomeriggi estivi, mentre i genitori riposavano lasciandoci alla mercé di noi stessi. Ma volavamo in mondi futuri dove eravamo eroi fortissimi, quasi invulnerabili. Chi non voleva essere Nembo Kid o quantomeno l’Uomo Pipistrello oppure l’Uomo mascherato? Io sono cresciuta volendo emulare questi eroi sovrumani nella loro epica virtù, fatta di coraggio e lealtà, onore e protezione, e che l’amore finiva per rendere vulnerabili e umani. Un rischio che valeva sempre la pena di correre.
Un racconto epico narra le gesta di un eroe o di un gruppo per tramandare l’identità di una società, il suo glorioso passato, ma soprattutto per delineare degli ideali, cioè un sistema di valori da perseguire. L’eroe non è mai un personaggio lontano dalla realtà perché incarna i principi religiosi, morali e civili della cultura a cui appartiene. Non è un dio, magari è una specie di semidio, ma se è anche solo un uomo può fare comunque gesta eccezionali senza l’aiuto degli dei. Snyder confonde ideali con idoli e trasforma Superman in un dio. Il che è troppo per qualsiasi eroe, che prima o poi muore come tutti i comuni mortali. Muoiono Ettore, Achille, Teseo, Giasone, Bellerofonte, Eracle. Come pure le eroine: Pentesilea con le sue Amazzoni accorse in aiuto ai troiani e morta trafitta dalle spade greche.
Invece Wonder Woman entra in scena alla fine del film e come un deus ex machina, novella dea che infligge ferite mortali al mostro Doomsday e lo consegna intrappolato nel suo laccio a Superman, che lo uccide ma che viene ucciso a sua volta. Com’è che muore se è un dio? Perché è vulnerabile alla kryptonite, il minerale di cui è fatto il pianeta Krypton da cui proviene. Quindi un dio è un idolo, secondo il regista Snyder, e può morire. Siccome la storia finisce così e lui dovrà fare altri film, lo resusciterà come fosse un vero dio. Quanta confusione ha in testa questo regista. E si vede anche dalla sequenza disordinata, che si vorrebbe far passare per colpi di scena, e dall’incoerenza della trama, frutto di supponenza culturale.
Il film inizia con un funerale e l’abbattimento dei grattacieli di Gotham City che ha il potere di scaraventare il pubblico in un’angoscia da crollo delle torri gemelle, per poi lasciarti per due ore e mezzo tra combattimenti impossibili e cataclismi incredibili dove solo verso la fine si capisce chi sono i buoni e chi i cattivi. Perché, secondo l’alto insegnamento del regista, Superman combatte il male senza un mandato parlamentare e Batman per sete di vendetta. Poi Superman si riscatta: ha una crisi d’identità e non vuole più essere un dio, nel momento sbagliato però, mentre dovrebbe difendere la città dal mostro sovrumano. Il film finisce con il suo funerale, ma sembra che il sarcofago si muova. Chi vivrà, vedrà.
Beh, i nostri eroi, che quando li leggevamo avevano vent’anni e facevano sfoggio di strapoteri mentali e fisici da strabiliare noi bambini dai sei ai dieci anni, trasmettevano un messaggio salvifico universale senza farsi credere dei messia. L’uomo d’acciaio e il cavaliere oscuro del 2016, che dovrebbero essere gli uomini del domani ma hanno passato la settantina, sembrano non aver imparato nulla dal loro passato né dal futuro che hanno già attraversato. Certo, nelle loro esistenze epiche c’è poco da ridere, nonostante gli spettatori credano che un fumetto debba far ridere e se la prendano con il bel Henry Cavill la cui espressione va dalla preoccupazione alla depressione, conscio che sarà la vittima sacrificale. Fuori dagli schermi il più afflitto per le sorti del film è invece lo spietato Ben Affleck, ma vivaddio non si può pretendere che questi due bravi attori appaiano esteticamente degli dei invincibili, con tutti i muscoli d’ordinanza, e al contempo siano attraversati da turbe psicologiche e insicurezze. L’unica imperturbabile è l’indomita Gal Godot, sicura di poter assoggettare il mostro come fosse un uomo mortale. Un bel riscatto per il femminile, tanto che l’attrice sta già girando la storia di Wonder Woman. Vedremo se le daranno anche un cuore.