1990 – I guerrieri del Bronx (1990: The Bronx Warriors) è un film diretto da Enzo G. Castellari nel 1982, che rende omaggio a tanti exploitation movies americani e strizza l’occhio ad autori e capolavori del cinema di genere. Castellari sceglie il Bronx per il suo sgangherato racconto di bande giovanili un po’ improbabili e fanciulle per bene, e la scelta è non solo cinematografica, ma in una certa misura anche sociale. Se l’influenza di film come The Warriors (I guerrieri della notte, 1979), Escape from New York (Fuga da New York, 1981) e anche Mad Max 2: The Road Warrior (Interceptor – il guerriero della strada, 1981) è evidente nel raccontare una New York – e in particolare il Bronx – violenta, futuristica e apocalittica, è anche evidente che il Bronx all’epoca aveva un significato tutto suo, abbandonato a se stesso com’era, tra disoccupazione, omicidi, droga e gang, un’immagine che assumeva un sapore quasi esotico dell’immaginazione di un regista europeo.
Così recitava più o meno la pubblicità di 1990 – I guerrieri del Bronx:
“Nell’anno 1990 il Bronx viene ufficialmente dichiarato Terra di nessuno. Le autorità rinunciano a ogni tentativo di riportare la legge e l’ordine. D’ora in poi la zona è governata dai Riders”.
Si narra che l’idea del film fosse venuta al produttore Fabrizio De Angelis il giorno che non era sceso alla fermata giusta della metropolitana e si era ritrovato in una zona particolarmente degradata e pericolosa del Bronx, ma pare più leggenda che realtà. Comunque sia, è vero che il Bronx dai primi anni Settanta alla fine degli anni Ottanta ha goduto di pessima fama, al cinema come altrove. Il South Bronx in particolare negli anni Settanta era uno dei quartieri più poveri di tutti gli Stati Uniti: “The Bronx is burning”, signore e signori, e nel 1977 tutta l’America, grazie a un commentatore sportivo allo Yankee Stadium, ha cominciato a rendersene conto. Ecco quindi che sceneggiatori, registi e produttori hanno pescato a piene mani da quel mare di povertà, analfabetismo, violenza e degrado, raccontando gang, ladri, assassini e poliziotti, con alterni risultati e alterne fortune, tra exploitation movies e film d’autore.

Walter Hill nel 1979 gira The Warriors (I guerrieri della notte), film diventato subito un cult e indissolubilmente legato al Bronx, sebbene il territorio dei Warriors fosse Coney Island e il film fosse stato girato solo in parte nel Bronx, avendo in realtà numerosissime location sparse per la città e cambiate in continuazione a causa della quantità di curiosi che si avvicinavano al set, attratti dalle bande di teppisti in (finta) pelle. Le bande a New York ai tempi dei Warriors erano numerosissime e si spartivano buona parte di New York, e il Bronx era naturalmente uno dei territori più caldi. Lo racconta il grande John Carpenter, lo racconta Gary Weis, in un interessante documentario del 1979, 80 Blocks from Tiffany’s. Il nostro Enzo G. Castellari, meno di due anni dopo 1990 – I guerrieri del Bronx ne gira il sequel, Fuga dal Bronx (Bronx Warriors 2), film in cui però troppo Bronx è visibilmente girato a Cinecittà.
Ma se nel Bronx ci sono gang, assassini e spacciatori, c’è anche la polizia, ecco allora una serie di film che raccontano poliziotti corrotti e poliziotti coraggiosi, raccontano generalmente un territorio in cui è guerra aperta tra NYPD e bande varie. In Fort Apache, The Bronx (Bronx 41° distretto di polizia), noir poliziesco piuttosto convenzionale del 1981 diretto da Daniel Petrie, Paul Newman veste i panni di un eroico poliziotto del 41° Distretto, noto appunto come Fort Apache, avamposto solitario in quel Farwest che è il South Bronx, mentre è di ben altra qualità il film che anni prima, e cioè nel 1973, Sidney Lumet gira (anche) nel Bronx, e che consacra definitivamente Al Pacino: Serpico, film disperato, minimale, morale e struggente.
Eppure il Bronx non è sempre stato terra di delinquenti, criminali, gang e poliziotti. Ci sono stati anni in cui il Bronx era a suo modo lieve, era povero, ma cominciava a essere affluent, tra sale da ballo il sabato sera e pranzi della domenica, era ricco di quelle speranze del dopoguerra e contaminato anche lui, sebbene marginalmente, dal boom degli anni Cinquanta. Ed era anche italoamericano.

Questo Bronx ce lo raccontano film come From This Day Forward, (Tutte le spose sono belle), diretto nel 1946 da John Berry, regista sulla lista nera di Hollywood per le sue simpatie comuniste come anche lo sceneggiatore del film Hugo Butler, e ancora The Catered Affair (Pranzo di nozze), 1947, interpretato da Bette Davis, Ernest Borgnine e Debbie Reynolds e diretto da Richard Brooks, con la sceneggiatura di Gore Vidal tratta da un TV play scritto da uno dei più illustri figli del Bronx, quel grande Paddy Chayefsky che ha rivoluzionato la televisione americana e ha scritto alcuni tra i più grandi capolavori del cinema, ormai quasi dimenticato.
Ma Paddy Chayevfsy ha scritto anche un altro film made in the Bronx, vera perla del cinema degli anni Cinquanta: Marty (Marty – Vita di un timido), diretto da Delbert Mann e ambientato nella comunità italoamericana di Arthur Avenue. Film sincero, intelligente, delicato, garbatamente incisivo nella sua morale d’altri tempi eppure universale, con quell’ironia che arriva dritta dalla strada e quel sentimento che non è mai sentimentalismo. Il grande Ernest Borgnine è un macellaio “troppo brutto e troppo grasso” per trovare moglie; c’ha provato, ma le ragazze lo hanno sempre rifiutato, lui è stanco di venire ferito e sembra aver rinunciato, nonostante le insistenze della tipica madre italiana e di una zia intrigante. Ma alla Stardust Ballroom un sabato sera incontra Clara, interpretata da quella Betsy Blair all’epoca moglie di Gene Kelly e osteggiata fino all’ultimo dagli studios perché di simpatie marxiste. Il film ha diverse location nel Bronx: oltre alla sala da ballo e ad Arthur Avenue – di cui oggi rimangono qualche vago ricordo e qualche sapore – anche Grand Concourse, Gun Hill Road, White Plains Road, alcune stazioni della subway e della sopraelevata. Una piccola curiosità: in Marty compare per la prima volta un altro attore del Bronx poi diventato famoso, in particolare in anni più recenti con la serie Law & Order, l’indimenticabile Jerry Orbach. Marty nel 1955 vince l’Oscar per miglior film (per cui vince anche la Palma d’Oro a Cannes), miglior sceneggiatura e miglior attore protagonista.

Se Marty è un vero gioiello della storia del cinema legata al Bronx (ma non solo), ci sono stati molti altri film girati quassù negli anni, a partire dall’epoca del muto, a partire da quegli Edison e Biograph studios (di cui vi abbiamo già parlato), dagli esordi del cinema con film ambientati da queste parti come Cruise of the Gladys, del 1906, Paying the Price, interpretato da Robert Cummings nel 1916, Speedy, ultimo film muto interpretato da Harold Lloyd uscito nelle sale nel 1928. E poi molti si ricorderanno di Cary Grant in Arsenic and Old Lace (Arsenico e vecchi merletti, 1944) del meraviglioso Frank Capra, e ancora film come A Bronx Tale (Bronx) primo film diretto da Robert De Niro, nel 1993, vagamente autobiografico sebbene lui sia nato e cresciuto nel Greenwich Village, ma il sapore di quegli anni e di quell’Italian mob sia lo stesso. E tanti altri negli ultimi anni, magari solo qualche scena girata nel Bronx, magari solo qualche situazione: Butterfield 8 (Venere in pelliccia), Awakenings (Risvegli), Summer of Sam (S.O.S. Summer of Sam – Panico a New York) in cui nel 1999 Spike Lee racconta del serial killer che aveva terrorizzato il Bronx (e il Queens) nell’estate del 1977 e girato in parte a Morris Park, Country Club e Throgghs Neck, e ancora Finding Forrester (Scoprendo Forrester) di Gus Van Sant, The Royal Tenenbaums (I Tenenbaum) di Wes Anderson, City Island, fino al recente The We and The I, girato nel 2012 nel South Bronx e a Hunts Point dall’autorialissimo e autorevolessimo Michel Gondry.

Negli ultimi tempi nel Bronx è arrivata anche la Tv, per girare qui alcune scene di serie di successo, prima fra tutte Gotham, che ha ampiamente utilizzato la Bronx County Courthouse e Grand Concourse, ma anche Shades of Blue con Jennifer Lopez, più nota da queste parti come “Jennie from the block”, The Knick, bellissima serie d’epoca diretta da Steven Soderbergh, Madam Secretary, che ambienta Georgetown alla Fordham University, Orange Is the New Black, a Pelham Cemetery, Marvel’s Daredevil, al St. Barnabas Hospital e The Get Down, serie televisiva musicale diretta da Baz Luhrmann (premiere annunciata su Netflix per il 12 agosto 2016) che utilizza diverse location per ricreare la scena musicale del Bronx degli anni Settanta, girata in luoghi storici della New York musicale e descritta come “a mythic saga of how New York at the brink of bankruptcy gave birth to hip-hop, punk and disco”.
“Sono ancora pochissime le location scelte da produzioni cinematografiche e televisive nel Bronx rispetto a quelle scelte a Manhattan o a Brooklyn”, hanno commentato più volte dal Mayor’s Office of Media and Entertainment, e l’intenzione dell’amministrazione sembra quella di riportare definitivamente il Bronx sulla mappa. Questo vale per il cinema come per l’intera geografia sociale, culturale ed economica di New York.