Il Teatro Biondo di Palermo, un tempo Stabile, oggi un po’ ‘in-Stabile’ è stato escluso dai Teatri nazionali perché, secondo la Commissione, nominata dal governo nazionale, “c’era poca apertura nei confronti della città”. Un colpo duro, durissimo per un pezzo importante della cultura siciliana. Un Teatro storico, il Biondo, voluto da Margherita e Andrea Biondo, sorella e fratello, nei primi del 1900 (è da loro che prende il nome “Biondo”) che lo fecero costruire sul finire dell’800, nel momento di massimo splendore culturale della città ‘felice’, quando una borghesia illuminata, guidata dalla famiglia Florio, si distinse sul piano internazionale. Altri tempi.
Il Biondo diventa Teatro Stabile il 31 dicembre del 1986: i soci sono rappresentati dalla Fondazione Biondo, dal Comune di Palermo, dalla Provincia di Palermo e dalla Regione siciliana. Dopo anni di successi teatrali e di botteghino si avvia, come già ricordato, sul viale del tramonto: i conti sono in ‘rosso’ e Regione siciliana, Provincia e Comune di Palermo non sembrano messi meglio – sotto il profilo finanziario – dello stesso Teatro.
Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, nel 2012, ha nominato lo scrittore e giornalista Roberto Alajmo direttore artistico. Alajmo ha un po’ risollevato il Teatro e l’ha restituito alla città. Ma i problemi sono comunque rimasti.
Quest’anno si è presentata l'opportunità di far diventare il Biondo Teatro nazionale. Va ricordato che il Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo ha abolito lo scorso anno il titolo di Teatri Stabili, rinominandoli Teatri nazionali e Teatri di interesse culturale. Ai primi andranno i finanziamenti più cospicui, ma dovranno garantire 240 giornate recitative di produzione e 15 mila giornate lavorative. E qui sono cominciati i problemi.
E’ stato costituito un comitato guidato da Andrea Cusumano, assessore alla Cultura del Comune di Palermo che, entro il 31 gennaio di quest’anno, avrebbe dovuto presentare un progetto al Ministero: l’idea era quella di creare un unico ente che potesse riunire i due principali Teatri siciliani di prosa: il Biondo e il Teatro di Catania. Ma questa soluzione, caldeggiata dalla Regione, non è piaciuta al Comune di Palermo e alla Fondazione Biondo. L’amministrazione comunale del capoluogo dell’Isola avrebbe invece voluto riunire il Biondo, il Teatro Libero, il Laboratorio di Mimmo Cuticchio (Teatro dei pupi) e il Teatro Garibaldi.
Ci sono dei requisiti fondamentali chiesti dal Ministero: una sala da 500 posti, due sale da 300 posti e la scuola di recitazione: cosa che Roberto Alajmo ha subito realizzato con Emma Dante, regista premiata a Venezia, che la dirige.
Il Comune, nominando direttore artistico Alajmo, ha stanziato già due milioni di euro di cui 250 mila vincolati per i prepensionamenti. Ed è proprio il sindaco Orlando che ha chiesto ai soci di impegnarsi di più, mentre la Regione ha preferisce pensare a riunire i Teatri siciliani. Il termine ultimo era il 31 gennaio e quindi bisognava fare in fretta: per il 23 gennaio è stata riconvocata l’assemblea dei soci. Ma il Libero, Cuticchio e Garibaldi non hanno sale grandi come richieste dal Ministero. Questa è la storia. Così è arrivata la ‘bocciatura’ del Ministero. Inesorabile.
Per farci descrivere come vanno le cose al Teatro Biondo di Palermo ci facciamo ‘accompagnare’, se così si può dire, dal consigliere comunale Filippo Occhipinti, un amministratore particolarmente attento alle questioni culturali del capoluogo dell’Isola. “I Teatri siciliani non sono diventati Teatri nazionali – ci spiega Filippo Occhipinti, che milita in Italia dei Valori -. Ma questa è una vicenda ancora aperta. Intanto la questione legata al Biondo va avanti da mesi, da quando il Comune ha deciso di rilanciare il Teatro nominando Alajmo, dandogli tutte le possibilità”.
“Il problema nasce nel momento in cui la Provincia di Palermo commissariata – aggiunge Occhipinti – non eroga il contributo di 700 mila euro. Nel frattempo nei vari bilanci vengono fuori dei ‘buchi’ mai quantificati, né si conosce l’origine di questi ammanchi degli anni passati ed è per questo che abbiamo chiesto i bilanci degli ultimi 5 anni. Il presidente del consiglio di amministrazione del Biondo, Gianni Puglisi, ci ha risposto che, in buona sostanza, i bilanci noi non li possiamo chiedere direttamente all’Ente, ma al Comune, cosa che abbiamo fatto. Nei prossimi giorni li analizzeremo. Naturalmente poteva darceli lui direttamente: avrebbe potuto essere un atto di trasparenza amministrativa, trattandosi di denaro pubblico. Ma evidentemente il professore Puglisi non ha ritenuto di fare così, nonostante noi svolgiamo come consiglieri comunali una funzione di controllo delle partecipate o di tutti i soggetti ai quali vengono indirizzati i contributi pubblici del Comune. Soldi dei cittadini palermitani”.
Chiediamo: l’esclusione del Biondo dal novero dei Teatri nazionali è stata determinata dalla politica? C’è stato un braccio di ferro sulle proposte? “Intanto – precisa Occhipinti – bisogna dire che la costruzione di questa proposta di candidatura a Teatro nazionale è stata fatta molto tardi. C’erano due posizioni: una riguardava la Regione che pensava di puntare sul Biondo di Palermo e sul Teatro di Catania per concorrere come unico Teatro nazionale siciliano. Questa strada non è stata ritenuta percorribile viste le resistenze di Catania. Il Teatro Biondo aveva due opzioni: o concorrere da solo, o aggregarsi con dei Teatri minori. A questo punto c’è stata una frizione, secondo me, tra il direttore Alajmo e il Comune di Palermo, perché il Comune di Palermo avrebbe voluto l’unione con i Teatri minori. Invece Alajmo, non essendoci il tempo necessario, ha preferito andare da solo. Noi abbiamo detto che era una posizione debole. Abbiamo anche proposto il Teatro Al Massimo come eventuale partner. C’era poco tempo per poter ragionare anche su altre proposte. Alla fine è andata come è andata: nessuno dei due Teatri è diventato Teatro nazionale. Rimangono Teatri di interesse culturale che prendono comunque dei contributi dal Ministero: si tratta di un 20% in meno rispetto ai nazionali: il Biondo avrebbe preso, diventando Teatro nazionale, un fondo di 800 mila euro”.
“Il problema vero è che bisognerebbe capire cosa vogliono fare la Regione e il Comune di questo Teatro – osserva ancora Occhipinti -: e in questa storia ci metto pure la Fondazione Biondo. Ricordo che il presidente della Fondazione e del consiglio di amministrazione, Puglisi, ha minacciato più volte, in assenza del bilancio provvisorio 2015, di ritirare la struttura al teatro… (la Fondazione Biondo è proprietaria dello stabile ndr). Insomma si può fare Teatro senza Teatro? Alla fine hanno approvato il bilancio con enormi sacrifici per i lavoratori e la stagione dovrebbe essere salva per quest’anno: ci auguriamo che per la prossima candidatura a Teatro nazionale si faccia qualcosa di più concreto per il futuro del Biondo e dei lavoratori”.
“Io ritengo che i soci sono quelli che devono far funzionare questo Teatro – prosegue il consigliere comunale -. Parliamo di Regione e Comune. Già il Comune quest’anno ha stanziato un milione 750 euro, e in più ha dato 200 mila euro a fine anno per sopperire alla possibilità di prepensionamento di alcuni lavoratori. Si deve trovare una soluzione, insomma. Ci sono 45 famiglie che lavorano in Teatro e naturalmente sarebbe un colpo per la cultura palermitana se si perdesse questo spazio culturale”.
Quindi il Comune ha fatto la sua parte? “Sì, il Comune ha messo lì Alajmo che ha rilanciato benissimo il Biondo. Gli hanno dato carta bianca. Alajmo ha portato Emma Dante e ha rilanciato l’attività facendo fare il doppio e triplo dei turni ai lavoratori con dei sacrifici economici. A questo punto non si capisce perché da un anno il Comune di Palermo non dà il contributo dovuto. Ciò significa che il Biondo per pagare i fornitori, gli stipendi e gli spettacoli deve chiedere prestiti alle banche. Si determinano oneri per interessi di circa 250 mila euro che praticamente coincidono con il contratto di secondo livello residuo dei lavoratori che oggi gli viene chiesto di revocare. C’è qualcosa che non funziona in questo meccanismo. Alajmo ha fatto un ottimo lavoro, ha fatto il pieno degli abbonati, ma da solo non può fare più di quello che fa”. Abbiamo chiesto ‘lumi’ anche a un altro consigliere comunale, Giulio Cusumano, che la pensa in modo diverso da Occhipinti. “È inaccettabile – dice Cusumano – che Roberto Alajmo tagli di quasi il 40% lo stipendio dei dipendenti del Teatro Biondo, senza sentire il bisogno di decurtare il proprio più che munifico compenso per la direzione artistica dello Stabile di Palermo, che ammonta a 11 mila euro al mese. È oltremodo antipatico, oltreché presuntuoso, pretendere di ascrivere a stessi, come fa Alajmo, il rilancio del Teatro Biondo, invece di condividerlo con l'intera struttura che non è di sua proprietà, ma è mantenuta con un largo uso di fondi pubblici. Cercare di risparmiare risorse è sacrosanto, in tempi di spending review, ma è troppo comodo farlo solo sulla pelle delle maestranze del Teatro, le quali hanno anche loro contribuito con il proprio lavoro, ben oltre gli orari di servizio, al rilancio della struttura”.
“Questo è solo l'ultimo dei motivi – aggiunge Cusumano – che ci induce a richiedere senza indugio le dimissioni di Roberto Alajmo. La richiesta si inserisce nel recente pessimo risultato conseguito da Alajmo: e cioè nel non essere stato capace di far inserire il Biondo tra i Teatri di rilievo nazionale, nonostante le numerose proposte di accorpamento suggerite con altre strutture della città che avrebbero garantito meglio il risultato”.
Il consigliere comunale fa anche riferimento allo sciopero dei dipendenti del Teatro, che si sono visti negare il contratto integrativo con la conseguente decurtazione degli stipendi. “Alajmo – dice sempre Cusumano – rivendica di aver triplicato gli abbonamenti al Biondo: peccato che lo ha fatto a spese dei dipendenti del Teatro e con fondi pubblici, se è vero che ad oggi si registrano i prezzi di ingresso più bassi della storia. Se lo fa con una struttura privata o con il suo compenso sono cavoli suoi, ma se lo fa con i soldi pubblici sono affari della città".
Ma cosa dice il direttore artistico del Teatro di Palermo? “Il Biondo – dice Alajmo – ha dato finalmente una cittadinanza ad artisti come Mimmo Cuticchio e Emma Dante. Ora un direttore come può fare dei contratti quando non ha la certezza di avere il sostegno economico con i finanziamenti? La verità è che si lavora in un contesto di sottosviluppo regionale. Ecco perché uno Stabile viene poi declassato e va avanti con un esercizio provvisorio”.
Una storia amara, inconcepibile, che mostra ancora una volta, la faccia sporca e cattiva di una politica incapace. Forse la Sicilia è “l’isola che non c’è”.