Un’alleanza tra scienza, inclusione e sostenibilità per affrontare le grandi sfide globali. Questo il messaggio lanciato dalle Nazioni Unite in occasione dell’evento ad alto livello organizzato dalla Missione Permanente d’Italia all’ONU, in collaborazione con l’UNESCO, per celebrare i 60 anni dell’ICTP – il Centro Internazionale di Fisica Teorica Abdus Salam di Trieste.
Nel prestigioso scenario della Sala del Consiglio di Tutela al Palazzo di Vetro, l’incontro dal titolo “Promuovere la Cooperazione Scientifica Globale per lo Sviluppo Sostenibile: Sfruttare la Scienza Quantistica per un Futuro Resiliente” ha riunito scienziati, diplomatici, ministri dell’istruzione e giovani ricercatori provenienti da tutto il mondo. L’evento rientra anche nel programma per il 70° anniversario dell’ammissione dell’Italia alle Nazioni Unite.
Tra i momenti centrali, la lectio magistralis del Premio Nobel per la Fisica Duncan Haldane, professore alla Princeton University, che ha sottolineato l’urgenza di “una scienza libera, collaborativa e capace di abbattere barriere geopolitiche”. Haldane ha ricordato come proprio la ricerca teorica – spesso sottovalutata – sia stata alla base delle tecnologie quantistiche che oggi promettono applicazioni rivoluzionarie nei campi dell’energia, della sicurezza informatica e della modellazione climatica.
Nel suo discorso introduttivo, l’Ambasciatore Maurizio Massari, Rappresentante Permanente d’Italia all’ONU, ha definito l’ICTP “un esempio straordinario di diplomazia scientifica al servizio dell’umanità”. “Il centro triestino – ha detto Massari – ha contribuito non solo alla lotta contro il cambiamento climatico, ma anche alla costruzione di un dialogo internazionale prima inesistente nel campo della scienza teorica”.
Fondato nel 1964, l’ICTP è oggi uno dei principali poli di formazione e ricerca scientifica del mondo, gestito congiuntamente da UNESCO, AIEA e Governo italiano. Solo dal continente africano, oltre 22.000 scienziati hanno partecipato ai suoi programmi in più di 50 anni. Ogni anno circa 1.000 ricercatori africani – un terzo dei quali donne – frequentano corsi e workshop a Trieste. L’Istituto ha anche avviato centri partner come l’East African Institute for Fundamental Research a Kigali, in Ruanda.

All’evento hanno partecipato anche il Ministro dell’Istruzione del Lesotho Ntoi Rapapa, ex studente dell’ICTP, la Vice Direttrice Generale UNESCO per le Scienze Naturali Lidia Arthur Brito, e l’astrofisica italiana Simonetta Di Pippo, ora docente alla Bocconi. Insieme a loro, giovani scienziati oggi impegnati in istituzioni di punta come il MIT o il Perimeter Institute, come la ricercatrice camerunense Estelle Inack, co-fondatrice della startup quantistica yiyaniQ.
L’evento si è tenuto anche in vista dell’Anno Internazionale della Scienza e della Tecnologia Quantistica (2025) e del Decennio delle Scienze per lo Sviluppo Sostenibile (2024-2033) proclamati dall’Assemblea Generale ONU. L’obiettivo: rafforzare l’accesso universale alla scienza e promuovere la cooperazione tra Nord e Sud del mondo per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs).
L’evento ha mostrato, una volta di più, come la scienza – se libera, condivisa e accessibile – può essere una chiave concreta per affrontare i grandi squilibri del nostro tempo. E l’ICTP di Trieste, in questo senso, non è solo un centro di ricerca: è un ponte tra mondi, culture e visioni del futuro.
Ai margini dell’evento, abbiamo avuto l’occasione di chiedere al professor Duncan Haldane la sua opinione sull’impatto crescente dell’intelligenza artificiale nella ricerca scientifica. Haldane ha riconosciuto che l’IA rappresenta una frontiera affascinante ma ambivalente.
Professore Haldane, l’intelligenza artificiale è un’opportunità o qualcosa di cui dobbiamo preoccuparci? Può aiutare la sua scienza?
Haldane: “Probabilmente entrambe le cose. L’intelligenza artificiale sta emergendo sempre di più in tutti i rami della scienza. All’inizio veniva usata solo per analizzare grandi quantità di dati, ma ora è possibile darle istruzioni per cercare lo stato quantistico migliore che approssimi quello reale di diversi sistemi — e sta dando risultati piuttosto interessanti.
Puoi fornirle istruzioni molto semplici, e l’IA a volte finisce per risolverle in modi inaspettati. I modelli linguistici di grandi dimensioni, credo, sono al centro di questo sviluppo, e stanno comparendo sempre più spesso in molti ambiti scientifici.
In fisica quantistica, non si tratta tanto di addestrare l’IA su dati esistenti, ma di porre un problema, indicare un insieme di regole, e dire: “Trova la miglior approssimazione possibile che rispetti queste regole.” E spesso l’IA trova qualcosa di davvero interessante. A volte produce soluzioni che già conosciamo, ma a volte anche idee nuove che non conoscevamo prima.
È uno sviluppo davvero notevole, che ha cominciato a prendere forma solo una decina d’anni fa, quando i programmi di IA hanno iniziato a funzionare davvero bene. Tutto dipende dal livello di complessità che si inserisce nei filtri, e anche nella descrizione degli stati quantistici: più aumenta la complessità, più le cose iniziano a funzionare.
Ma se rappresenti un pericolo? Certo, come persona, sono preoccupato se pensiamo di affidare tutto all’IA. Credo che l’intelligenza artificiale sia utile per trovare risposte a problemi già formulati, o per cercare soluzioni nuove. Ma non credo che possa generare le idee di base.
Gran parte del lavoro e delle idee nella scienza quantistica non sono nate dall’elaborazione di enormi moli di dati, ma da intuizioni su modelli semplici, in cui si è scoperto che si poteva costruire qualcosa di speciale. Spesso è frutto del caso, di un percorso di ricerca che ha portato uno scienziato a guardare nel posto giusto e a notare qualcosa di davvero interessante.
Ma per riuscire a vedere che c’è qualcosa di speciale e trasformarlo in una teoria… non sono sicuro che l’IA sarà mai in grado di farlo”.