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Processo a Donald Trump: oggi a Washington l’incriminazione formale per il 6 gennaio

A giudicare l'ex presidente lo stesso magistrato che condannò i rivoltosi di Capitol Hill. Lui ribatte: "Abbiamo vinto nel 2020, lo rifaremo nel 2024"

Massimo JausbyMassimo Jaus
Trump interrogato oggi a New York: l’inchiesta per frode fiscale verso la fine

Donald J. Trump - ANSA/EPA/WIN MCNAMEE / POOL

Time: 4 mins read

Nega, accusa, minaccia. Ma alla fine Donald Trump giovedì andrà nella sua odiata Washington, dove alle 4 del pomeriggio sarà ufficialmente incriminato per la terza volta, forse quella con le accuse più gravi.

“L’attacco a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 è stato un assalto senza precedenti alla sede della democrazia americana. Un attacco che è stato alimentato dalle bugie dell’imputato”, ha detto Jack Smith presentando l’atto di accusa.

“L’imputato ha perso le elezioni presidenziali del 2020, ma nonostante la sconfitta era determinato a rimanere al potere – si legge nelle 45 pagine dell’atto di accusa, – così, per oltre due mesi dopo Election Day, (…) ha volutamente diffuso menzogne riguardo alle frodi elettorali che avrebbero determinato il risultato e il fatto che sarebbe stato lui a vincere. Affermazioni che erano false – conclude – e lo stesso imputato sapeva che erano false”.

Jack Smith ha dichiarato martedì che l’attacco del 6 gennaio 2021 al Campidoglio è stato “alimentato dalle bugie” raccontate dall’ex presidente. L’incriminazione di Trump con quattro nuove accuse penali federali, tutte legate al tentativo dell’ex presidente di cercare di ribaltare la sua sconfitta nelle elezioni del 2020, evidenzia la premeditazione e la strategia nel disseminare le menzogne elettorali per alimentare il sentimento antidemocratico tra i suoi elettori – esploso poi nel tentativo insurrezionale del 6 gennaio.

Rudy Giuliani e Donald Trump – Twitter Rudy Giuliani

Nell’atto di incriminazione ci sono quattro capi di imputazione, compresa la “cospirazione” ai danni degli Stati Uniti e l’accusa di aver cospirato per “frodare” lo Stato. Nel rinvio a giudizio vengono elencate le falsità volutamente disseminate da Rudy Giuliani e Sidney Powell prese dagli atti giudiziari presentati nei tribunali americani. Una valanga di affermazioni non vere per seminare dubbi sulla validità della vittoria di Joe Biden. Un elenco, quello presentato da Jack Smith, che evidenzia sia l’ampiezza delle affermazioni false sulle elezioni, sia sul gran numero di Stati in cui Trump e i suoi delegati hanno cercato di confondere gli amministratori locali per cercare di ribaltare il risultato elettorale, continuando a fare affermazioni non vere in privato e in pubblico anche dopo che ne era stata dimostrata la falsità.

Il Trump che emerge dalle 45 pagine del rinvio a giudizio è un uomo frustrato che, insieme ai suoi cospiratori (per ora anonimi e ancora non accusati, ma che secondo diversi media dovrebbero essere Rudy Giuliani, Sidney Powell, John Eastman, Jeffrey Clark, Ken Chesebro e un’altra persona non nominata), ha messo in atto un piano concertato per tentare di sovvertire le elezioni del 2020.

Smith fa risalire il complotto al 14 novembre 2020, il giorno dopo che gli avvocati della campagna elettorale di Trump avevano ammesso la sconfitta in tribunale in Arizona, segnalando che aveva perso le elezioni presidenziali. “Rudy Giuliani – che viene citato almeno 40 volte da Jack Smith nelle pagine del rinvio a giudizio – ha aiutato a mettere in atto una strategia per utilizzare la campagna di menzogne per compromettere, ostacolare e vanificare la funzione del governo federale”.

Per quanto conosciuti alcuni dettagli elencati nel rinvio a giudizio sono curiosamente intriganti. Jack Smith include anche la telefonata tra Trump al segretario di Stato della Georgia, Brad Raffensperger, in cui l’allora presidente gli chiedeva di “trovare” 11.780 voti, sostenendo anche che in Georgia avessero votato 5.000 morti. “Il numero effettivo è di due”, ha risposto Raffensperger. “Due. Sono due le persone morte che hanno votato in questo Stato”.

Tanya Chutkan

Dal suo club del golf di Webminster, in New Jersey, Donald Trump partirà per la capitale federale per andare di persona davanti al magistrato Tanya Chutkan, giudice federale nominata da Obama davanti alla quale sono comparse torme di seguaci dell’ex presidente che presero parte al tentativo insurrezionale del 6 gennaio. Un magistrato severo che molto spesso ha emesso condanne a pene superiori a quelle chieste dai pubblici ministeri.

Dato che la parte procedurale dell’arresto è già stata svolta in Florida quando l’ex presidente è stato rinviato a giudizio a Miami per essersi portato via dalla Casa Bianca alcuni documenti top secret, Tanya Chutkan ha chiesto a Trump se preferisse prendere parte all’udienza di persona o in remoto. Il presidente ha optato per essere in aula di persona.

“È la prima volta che un presidente in carica attacca un avversario politico sulla base del primo emendamento, criminalizzando l’espressione della propria posizione e lo svolgimento dell’attività politica”. Così John Lauro, uno dei legali di Donald Trump, ai microfoni della Cnn, sostenendo che l’incriminazione dell’ex presidente per aver tentato di sovvertire il risultato delle elezioni del 2020 è una violazione della sua libertà di espressione.

“Quello che il presidente ha visto nelle elezioni del 2020 erano delle irregolarità in corso e lui aveva tutto il diritto di commentarle e agire politicamente”, ha aggiunto l’avvocato sostenendo che i procuratori federali “non potranno mai dimostrare” che le dichiarazioni fatte da Trump, definite da loro “menzogne”, non “erano protette dal primo emendamento”.

Inoltre, Lauro ha definito “assurda” la richiesta del procuratore speciale, Jack Smith, di avere un procedimento rapido. “Che giustizia è costringere un ex presidente degli Stati Uniti a un processo in 90 giorni quando hanno avuto tre anni di tempo?”, ha continuato polemico, collegando l’incriminazione alle nuove elezioni (in cui Trump è il front-runner repubblicano).

January 6 Insurrection at Capitol Hill (Brett Davis, Flickr)

La nuova incriminazione “senza precedenti” “mostra al mondo la corruzione, lo scandalo e il degrado in cui sono precipitati gli Stati Uniti negli ultimi 3 anni”. È quanto scrive su Truth Social proprio Trump, all’indomani dell’annuncio delle nuove accuse federali. “Mi attaccano da sinistra e da destra, i marxisti, i comunisti e i fascisti, ma noi non solo sopravviveremo, saremo più forti che mai. Abbiamo vinto nel 2016, abbiamo avuto un’elezione truccata nel 2020 e vinceremo anche nel 2024”.

Se verrà condannato per l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio, Trump rischia un massimo di 55 anni di reclusione. Le incriminazioni contro l’ex presidente, così come le eventuali condanne, non lo escludono dal correre per la Casa Bianca. Per candidarsi alla Casa Bianca, la Costituzione pone tre condizioni: avere più di 35 anni, essere nato negli USA e averci vissuto per almeno 14 anni. La carta fondamentale americana, infatti, non contempla requisiti di ineleggibilità per i processati o gli imputati. Ma paradosso dei paradossi, un cittadino condannato al carcere definitivo non può votare. Può comunque essere eletto. Solo un impeachment da parte del Senato potrebbe fermare Trump.

C’è però anche il 14° emendamento della Costituzione, che vieta a chiunque sia coinvolto in un’insurrezione contro gli Stati Uniti di essere eletto “senza l’approvazione dei due terzi dei membri del Senato”.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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