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May 1, 2023
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Denny Mendez e quella notte in cui divenne la prima Miss Italia di colore….

L'attrice e conduttrice da allora ne ha fatta di strada, l'Italia sul tema della diversità etnica meno

Massimo CutòbyMassimo Cutò
James Gunn chiude il cerchio con l’emozionante Guardiani della Galassia 3

Denny Mendez / courtesy Mendez

Time: 4 mins read

Come si comporta l’Italia rispetto alla diversità etnica?

Risposta complessa: diciamo che ha la digestione lenta. Fa tre passi avanti e due indietro perché è resistente al cambiamento. Oggi come allora.

L’allora di Denny Mendez, attrice, conduttrice televisiva, modella già da ragazzina, ha una data spartiacque: la notte tra l’8 e il 9 settembre 1996. Quando lei, diciottenne nata a Santo Domingo e arrivata bambina a Montecatini con la madre Lidia, segni particolari bellissima, fu eletta Miss Italia. La prima e unica (per ora) Miss Italia di colore. Alla proclamazione, sul palco di Salsomaggiore scoppiò un putiferio che spaccò la nazione e sorprese il mondo. La rivista Time la mise in copertina sovrapponendola all’immagine della Primavera di Botticelli. Alba Parietti, giurata, sostenne al contrario che quella ragazza non era rappresentativa della bellezza italiana, salvo pentirsene tempo dopo: <Fu la più grossa cretinata di tutta la mia carriera>. Il fotografo Bob Krieger, stessa linea, fu espulso dalla giuria per decisione irrevocabile del patron Mirigliani. Il gruppo veneziano dei Pitura Freska la inserì nella canzone portata a Sanremo, predicendo un futuro ancora incompiuto: Sarà vero? Dopo Miss Italia aver un Papa nero, no me par vero. Intervenne anche Indro Montanelli che scrisse: <Con questa polemica abbiamo toccato il fondo>. Il premier Romano Prodi la benedisse senza mezzi termini: <E’ il Paese che cambia>.

Denny Mendez Miss Italia 1996 / courtesy Mendez

Ma è cambiato davvero?

Sì e no. C’è ancora parecchia confusione. Da una parte tante persone generose, attente, sensibili, capaci di ragionare con la testa e con il cuore. Dall’altra assistiamo a episodi squalificanti che indignano. La vittoria di Mahmood al Festival è stata strumentalizzata in negativo come la mia. Paola Egonu, campionessa di volley, ha giustamente denunciato l’opposizione razzista al cambiamento. Per non parlare degli odiatori sui social che seminano veleno: non si può parlare di semplice ignoranza.

Che cosa le viene in mente pensando a quella notte?

Il concorso doveva essere una festa. Non lo è stata completamente: dolce e amara insieme. Sono stata comunque molto felice per me e per la gente che mi sosteneva.

Forse l’Italia non è matura per il melting pot?

Il tempo non è passato invano, le dinamiche dell’intolleranza sono state scoperchiate. Però non ancora risolte.

Che cosa manca?

Il coraggio di buttarsi e accettare la realtà. Per molti è faticoso scollarsi di dosso i vecchi schemi.

Di chi è la colpa?

Servono tre cose per superare un ostacolo anacronistico. Innanzitutto una comunicazione chiara e diretta, e in questo senso i mass media non sono proprio impeccabili. Poi occorre la disponibilità all’ascolto, che spesso manca. Infine la responsabilità della politica: dev’essere irreprensibile nell’accettare e definire il progresso con azioni concrete.

Lei vive tra Bologna e Los Angeles, dove è nata la protesta black lives matter. Anche lì non è semplice.

Negli Stati Uniti le posizioni sono estreme e vengono storicamente da lontano. Quando la società si spacca, le grandi rotture sfociano in atti violenti. Ma la politica è più pronta che da noi a dare segni tangibili: Obama è stato presidente, Kamala Harris è vice presidente. E non è a caso se Ketanji Brown Jackson, una donna cresciuta nel profondo Sud, è diventata la prima afroamericana a entrare alla Corte Suprema. Sono passi giganteschi: il riconoscimento della diversità in America. Non so se succederà mai lo stesso in Italia.

Sua figlia si chiama Nayara e deve compiere sette anni. Ha tutta la vita davanti: come vivrà il suo tempo?

Mi auguro che trovi un mondo giusto. E’ cosmopolita, abituata a vivere tra Bologna e Los Angeles. Salta tra due case e due situazioni molto differenti con estrema naturalezza. Senza nessun problema. I problemi semmai sono degli altri.

E’ ottimista?

Ho fiducia nelle nuove generazioni. I ragazzi per fortuna non vedono nessuna differenza nei colori della pelle. Neppure la considerano.

Né Roma, né Milano: ha scelto di stare a Bologna. Perché?

E’ una città dove si respira la storia ma al tempo stesso è dinamica. Mi ha sempre stimolata. E’ logisticamente centrale e offre servizi efficienti, cosa molto importante pensando all’educazione della bambina. Bologna è una mamma: ti accoglie, ti abbraccia, ti accudisce.

E mamma Denny?

Corre come una trottola da un posto all’altro, da un set cinematografico a uno studio televisivo a un teatro. Corre perché ha paura di far tardi e deve prendere Nayara all’uscita della scuola. I figli li devi seguire.

Dura eh?

Fare il genitore è un mestiere difficile, una madre ha l’obbligo di crescere i figli educandoli al lavoro e all’indipendenza con il proprio esempio. Purtroppo le donne trovano parecchi ostacoli nel gestire il doppio ruolo: io mi sento fortunata perché ho una famiglia che mi dà una mano.

Che cosa le ha insegnato questa esperienza?

Dico grazie a Nayara se sono diventata più morbida: mi ha cambiata profondamente. Sto crescendo con lei.

E’ cresciuta anche nel lavoro?

La serenità è fondamentale: avere certezze è la base, specie per una come me molto versatile. Ho lavorato nel cinema in America con Travolta, Vincent Cassel, Morgan Freeman. Sono stata per tre anni nel cast di una fiction storica come Un posto al sole. Ho girato un videoclip con Bocelli. Ora conduco in tv su Business24 un programma di taglio economico: in Pole Position intervisto imprenditori e manager delle eccellenze made in Italy. La curiosità mi porta a sperimentare nuovi ruoli su fronti diversi.

Denny Mendez / courtesy Mendez

Per questo è tornata al teatro?

Sto portando in tournée una pièce intitolata Cose di ogni giorno. Interpreto il personaggio di Rina, una giovane moglie e madre che ha cercato di trasmettere ai figli i valori in cui ha sempre creduto: l’onestà e l’amore per la famiglia. Mi viene facile identificarmi in questa donna.

La donna, l’uomo: un rapporto mai come ora confuso e conflittuale. Com’è questo momento?

L’universo femminile rivendica un posto preminente nella società. E l’universo maschile è rimasto spiazzato. Occorrono calma ed equilibrio nell’inseguire obiettivi legittimi: sarà un’idea romantica, ma continuo a credere che l’uno ha bisogno dell’altra e viceversa.

Fianco a fianco per afferrare il senso della vita?

Buone o cattive che siano, in definitiva nelle cose della vita c’è tanta bellezza. Non va lasciata scappare.

Il tempo che passa è un nemico?

Macché. Nessun timore di invecchiare: passata la soglia degli anta mi sento più matura, so chi sono e chi non sarò mai. Ho un’identità e me la tengo stretta. Sono una formica che tira su un mattoncino alla volta. Vado avanti come un diesel: pronta a tutto perché sono capace di adattarmi. Ho cambiato tante volte, cambiare non mi fa paura.

C’è chi l’aiuta?

La fede. L’arcangelo Michele mi protegge, è un guerriero come me.

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Massimo Cutò

Massimo Cutò

Giornalista, classe 1957, ha svolto tutta la sua carriera tra Resto del Carlino e Quotidiano Nazionale. È nato a Pescara ma vive e lavora a Bologna da molti anni. Ogni volta che arriva in piazza Maggiore non si rassegna a una domanda senza risposta: perché qui non c'è il mare?

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