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February 9, 2022
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Da Lagos a Palermo e ritorno: Chris Obehi torna in patria

6 anni dopo lo sbarco in Italia come rifugiato, è tornato nella sua terra natale. Il viaggio un primo passo per costruire "un asse culturale tra Sicilia e Nigeria"

George De StefanobyGeorge De Stefano
Time: 7 mins read

Cu ti lu dissi ca t’haju a lassari,
megliu la morti e no chistu duluri,
ahj ahj ahj ahj moru moru moru moru,
ciatu di lu me cori l’amuri miu si tu!

Cu ti lu dissi (“Chi te l’ha detto?”) è una delle più celebri canzoni siciliane e forse la composizione più amata dalla defunta cantante folk Rosa Balistreri. Qualche anno fa, un giovane chitarrista di strada intonava il lamento della Balistreri nel mercato Ballarò a Palermo. La cosa non avrebbe attirato molta attenzione se non fosse stato per il fatto che questo cantante di strada era un giovane africano.

Chris Obehi è arrivato in Sicilia nel 2015 da adolescente, dopo un viaggio straziante che è iniziato con la sua fuga dalla Nigeria, l’imprigionamento in Libia e la traversata del Mediterraneo in un gommone affianco a più di 100 altri rifugiati, compresi molti bambini.

Obehi è nato nel 1998 a Warri, in Nigeria, vero nome Christopher Goddey; alla nascita, la sua famiglia gli ha assegnato il tradizionale onorifico Obehi (“mano d’angelo”). A 16 anni, ha viaggiato dalla Nigeria alla Libia per sfuggire alla violenza del gruppo terroristico Boko Haram. Ma la Libia era diventata caotica e fuorilegge da molto prima, dopo l’assassinio di Muammar Gheddafi nel 2011. Dopo quattro mesi in Libia, dove ha lavato auto per permettersi un biglietto per l’Europa, Obehi è stato rapito e buttato in carcere. Un’esperienza terrificante, con prigionieri fucilati a cadenza giornaliera. Lui e un altro prigioniero alla fine sono riusciti a fuggire e, dopo svariati giorni in balia del mare, una nave di salvataggio ha trovato lui e gli altri rifugiati e li ha portati in Italia.

Nel novembre 2021, Obehi è tornato in Nigeria per la prima volta dopo sei anni, dopo essere diventato cantautore. Le sue performance stradali a Palermo hanno infatti attirato l’attenzione del produttore Fabio Rizzo della 800A Records, che gli ha fatto firmare un contratto e pubblicare il suo primo album, Obehi, nel 2020. I nove brani dell’album sono composizioni originali, tranne la canzone di Rosa Balistreri che ha stupito i palermitani di Ballarò. Obehi, che canta in inglese, italiano, la sua lingua nativa Esan e il siciliano, è supportato da una band guidata da Rizzo alla chitarra, con l’apparizione di uno dei principali musicisti siciliani, il trombettista Roy Paci.

Fela Kuti and Obehi, Kalakuta Museum

Mentre era in Nigeria alla fine dell’anno scorso, Obehi si è riunito con la famiglia che non vedeva dalla sua partenza, ha visitato il Museo Kalakuta dedicato a Fela Kuti, il defunto musicista nigeriano famoso in tutto il mondo per aver creato il genere Afrobeat, e ha registrato con i membri della band di Kuti, gli Egypt 80. Durante il viaggio, il regista britannico Shayo Three ha girato un documentario sul ritorno a casa di Obehi, dal titolo Back to Motherland, che uscirà questo mese.

Ho intervistato Chris Obehi chiedendogli del suo ritorno in Nigeria e della sua vita a Palermo, con la partecipazione di Fabio Rizzo. Quella che segue è una versione modificata della nostra conversazione.

Chris, quando sei andato in Nigeria e per quanto sei rimasto? E qual era lo scopo del viaggio?

“Sono arrivato il 27 novembre 2021 a Lagos. Sono rimasto in Nigeria per tre settimane. Ho passato i primi sette giorni nella capitale, dove ho girato delle riprese per il mio documentario. Nelle restanti due settimane mi sono spostato nella mia città natale nello Stato del Delta [una delle 36 regioni della Nigeria] per vedere la mia famiglia. Gli obiettivi di questo viaggio erano: tornare nella mia patria e vedere la mia famiglia dopo sei anni; documentare, dalla mia prospettiva, come è cambiata la Nigeria negli ultimi sei anni e cosa ho provato tornando dopo così tanto tempo; e dare un assaggio della scena musicale africana a un pubblico occidentale, dato che Lagos è il cuore pulsante dell’afrobeat.

Quali sono stati alcuni dei momenti salienti del viaggio a Lagos?

“Mi sono divertito molto perché ho visitato posti come la Nike Art Gallery, il Lekki Conservation Center, The Jazz Hole, il Bogo Biri e la comunità di Makoko. Il Kalakuta Museum [nella casa a tre piani dove viveva Fela Kuti] è stato incredibile. Ho visto la stanza di Fela Kuti, dove hanno esposto le sue scarpe, le borse, il suo guardaroba. Tutto era ancora intatto, com’era prima”.

Obehi and Nike Okundaye, founder of the Nike Art Center

Hai registrato nuova musica a Lagos?

“Ho rilasciato un singolo sulla situazione attuale in Nigeria, Actions and Consequences, con la famosa band Egypt 80 di Fela. È stato un grande onore lavorare con gli Egypt 80. Abbiamo prenotato una sessione al Diamond Studio a Lekki, Lagos. Abbiamo registrato la batteria, il sassofono, le percussioni e la voce. È stata una fantastica sessione di registrazione afrobeat”.

I membri della tua famiglia e altri nigeriani erano curiosi della tua esperienza in Sicilia? Che tipo di domande ti hanno fatto al riguardo?

“Sì, certo, molte persone erano curiose della mia esperienza, specialmente della mia vita qui in Italia. La mia famiglia è molto orgogliosa di me, soprattutto per le mie capacità di esprimermi in lingua italiana. Mia madre una volta mi ha chiesto: ‘Dimmi, figliolo, com’è la vita là fuori? E la loro cultura, il cibo e la musica? Tutti erano così curiosi di sapere come ho imparato l’italiano”.

Dopo sei anni lontano dalla Nigeria, il tuo ritorno è stato come un ritorno a casa, o, come altri immigrati in altri Paesi, hai avvertito che la lontananza dalla Nigeria ha cambiato il tuo rapporto con la tua patria?

“Beh, direi che la sensazione è stata così forte che ho provato un sacco di emozioni. A volte sentivo la gente sussurrare ‘superstar’ mentre passavo davanti a loro, così mi giravo e sorridevo. È stata una grande sensazione tornare in patria, perché non importa dove vai, casa sarà sempre casa”.

Hai lasciato la Nigeria nel 2015. Perché sei partito e come sei arrivato in Sicilia? Hai scelto la Sicilia come destinazione specifica?

“Lasciare casa è stata una decisione triste, ma non avevo altra scelta che andarmene. Me ne sono andato non perché odi il mio Paese o altro, ma perché il governo non riusciva a soddisfare le esigenze di base dei cittadini, innanzitutto sicurezza e protezione. La Nigeria è il Paese più popoloso dell’Africa, siamo più di 200 milioni. Anche se la Nigeria è un’economia in rapida crescita, quasi la metà della popolazione vive ancora sotto la soglia di povertà, mentre la corruzione è diventata una piaga. La Sicilia non era in realtà la mia destinazione finale, ma alla fine, ho deciso di rimanere”.

Quando sei sbarcato in Sicilia, come ti sei adattato? Chi ti ha aiutato con le cose basilari che gli immigrati devono affrontare – trovare un posto dove vivere e lavorare, e adattarsi ad una lingua e cultura diversa?

“Quando sono arrivato in Sicilia, adattarmi alla vita qui è stato molto difficile. Ho avuto molti problemi con la lingua italiana. All’inizio, la odiavo: era il mio incubo! Preferivo parlare inglese in tutte le mie conversazioni con gli italiani. Quando sono arrivato, avevo paura di uscire a causa della mia esperienza e di tutte le cose terribili che avevo passato. Quando ero in prigione in Libia, sentivo spari ogni giorno, gente che gridava e urlava; avevo tanta paura. Con tutto questo in mente, uscire e ricominciare la vita a Palermo non è stato tanto facile per me.

Tuttavia, ho trovato nuovi amici qui a Palermo. La gente è molto amichevole, è facile andarci d’accordo; anche l’ospitalità è stata fenomenale. Ma devo dire che in tutti quei momenti difficili, è stata la musica a salvarmi la vita. Ho trovato rapidamente amici che mi invitavano a jam sessions, suonavamo insieme e alcuni di loro mi impartivano anche lezioni di italiano.

Dopo aver lasciato il centro di accoglienza, la vita è stata dura per me perché ho dovuto cercare in fretta un lavoro e affittare un posto per dormire. Ho provato, ma era difficile trovarne uno, così ho iniziato a suonare con la mia chitarra per le strade di Palermo per sopravvivere. In questo modo, riuscivo a guadagnare i soldi per pagare l’affitto e comprare un pasto caldo quasi ogni giorno. Ho iniziato a fare l’artista di strada in posti vicini a bar e ristoranti, dove la gente, dopo aver sentito la mia musica, mi dava la mancia. Era poco, ma era quello di cui avevo bisogno in quel momento”.

Come hai scoperto la musica siciliana e, in particolare, la musica di Rosa Balistreri? Cosa ti attrae della sua musica?

“Ho scoperto Rosa Balistreri grazie a un amico qui a Palermo, Francesco Riotta. Mi aveva chiesto di fare il bassista nella sua band e ho accettato. Un giorno stavamo provando e mi ha detto: ‘Chris, ascolta questa canzone, penso ti piacerà’. Mi è venuta la pelle d’oca ad ascoltare Cu ti lu dissi di Balistreri. Sono andato a casa, ho cercato di sdraiarmi, ma quella canzone era rimasta nella mia testa. L’ho cercata su YouTube e ho continuato ad ascoltarla ogni giorno. Le parole erano così strane per me all’inizio, perché non è italiano, ma dialetto siciliano. Ho imparato Cu ti lu dissi così come ho imparato a suonare la chitarra acustica: attraverso YouTube! Per imparare la chitarra ci sono voluti sei mesi e molta pratica sia per le strade di Palermo che nella mia stanza”.

Chris and Shayo Three

Come hai conosciuto Fabio Rizzo?

“Ho conosciuto Fabio dopo aver pubblicato un videoclip di me che cantavo Cu ti lu dissi. Ho girato quel video con il Festival di Palermo, poi è diventato virale, e ho trovato Fabio. Lui ama quello che faccio, la mia musica e il mio progetto, così ho deciso di lavorare con lui. È una persona fantastica, e da allora lavoriamo insieme come una grande squadra, è come una seconda famiglia”.

(A Rizzi) Fabio, perché hai deciso di far registrare Chris con la tua 800A Records? Cosa ti ha attratto della sua musica?

“Per la nostra etichetta, la cosa più importante quando cerchiamo un artista è la sua visione: se la sua musica e la sua storia ci permettono di collegare la Sicilia con il mondo, allora è esattamente quello che stiamo cercando. Chris è un vero manifesto dell’arte e della vita per 800A Records”.

Fabio, hai scritto che “stiamo costruendo un asse culturale tra la Sicilia e la Nigeria”. Cosa vuol dire e come lo state costruendo?

“La nostra missione è culturale a 360 gradi, non solo musicale. Preparando il viaggio e il progetto in Nigeria, abbiamo stabilito molti rapporti: artistici, logistici, produttivi, culturali, con molte realtà di Lagos che ci permetteranno di sviluppare molti altri progetti dopo questo. Parlando anche dell’aspetto commerciale, credo che in Italia non ci siamo ancora resi conto di quanto l’industria musicale africana e nigeriana in particolare stia esplodendo. Noi a Palermo vogliamo essere tra i primi a scommettere su questo movimento”.

Chris, cosa sta succedendo con il documentario sul viaggio in Nigeria, Back to Motherland, diretto da Shayo Three?

“Il documentario è attualmente in fase di montaggio e post-produzione. Durante il mese di febbraio, rilasceremo alcuni estratti, e l’uscita finale avverà entro la fine del mese”.

 

Tradotto da Gennaro Mansi


Per ulteriori informazioni su Chris Obehi e la 800A Records:

https://800arecords.bandcamp.com/artists

Video di Chris Obehi:

Non siamo pesci – https://www.youtube.com/watch?v=TnoawuMgD6Y

Cu ti lu dissi – https://www.youtube.com/watch?v=yWvwMhApKv4

La Siminzina (feat. Angelo Daddelli & I Picciotti) – https://www.youtube.com/watch?v=6JqvNJThYos

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George De Stefano

George De Stefano

George De Stefano is a New York-based writer and editor specializing in culture and politics. He is the author of An Offer We Can’t Refuse: The Mafia in the Mind of America (Farrar, Straus, Giroux) and a contributor to numerous other books, including the Routledge History of Italian Americans, Our Naked Lives: Essays from Gay Italian American Men (Bordighera Press), Mafia Movies (University of Toronto) and The Essential Sopranos Reader (University of Kentucky Presses). His articles, essays, and reviews have appeared in The Nation, Newsday, Film Comment, The Advocate, The Italian American Review, Gay and Lesbian Review Worldwide, and the online publications PopMatters, Rootsworld, the New York Journal of Books, La Voce di New York, and I-Italy. He also has appeared in the documentary films “Beyond Wiseguys,” “The Godfather Legacy,” and the four-part PBS series, “The Italian Americans.”

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