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Il test nucleare della Nord Corea: all’ONU un déjà vu di troppo

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
L'ambasciatore giapponese Motohide Yoshikawa parla ai giornalisti dopo la riunione d'urgenza del Consiglio di Sicurezza sul test nucleare della Nord Corea

L'ambasciatore giapponese Motohide Yoshikawa parla ai giornalisti dopo la riunione d'urgenza del Consiglio di Sicurezza sul test nucleare della Nord Corea

Time: 3 mins read

Déjà vu al Palazzo di Vetro mercoledì mattina. Grande frenesia tra i giornalisti, col corri corri per la riunione straordinaria del Consiglio di Sicurezza convocata d'urgenza dopo il test nucleare (non si capisce ancora che tipo di bomba) della notte prima in Corea del Nord e con il Segretario Generale dell'ONU Ban Ki-moon, che ai giornalisti dice che l'azione nordcoreana è "deeply troubling" (Profondamente preoccupante). Ma dato che dal 2006 questa è la quarta volta che ciò accade, e ogni volta la convocazione speciale della riunione del Consiglio di Sicurezza finisce con l'annuncio di nuove sanzioni, ecco che proprio mentre ci accingiamo a scrivere quello che abbiamo visto al Palazzo di Vetro oggi, ci sembra l'ennesimo Déjà vu.

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Il régime di Pyongyang provoca per l'ennesima volta il mondo che col Consiglio di Sicurezza ha trovato finora una rara unità nel condannare le politiche nordcoreane non solo sugli armamenti nucleari, ma anche sui diritti umani, e tutti i leader del mondo sono pronti a condannare. Ma chi risponde alla domanda sul perché? Che cosa vuole in cambio il regime di Pyongyang per smetterla di provocare il mondo con questi suoi test sulla fine del mondo?

Dopo il quarto test, ora dal Consiglio di Sicurezza ci dicono che la prossima risoluzione sarà "more significant", come ha detto l'ambasciatore dell'Uruguay Elbio Rosselli, presidente di turno del CdS, leggendo il "press statement" che la riunione di mercoledì è riuscita a sfornare. Rosselli non ha risposto a domande, ma subito dopo è apparso allo stake-out l'ambasciatore giapponese Motohide Yoshikawa, per ribadire che non finisce qui, che il Consiglio di Sicurezza avrebbe avuto presto una risoluzione in cui si doveva dar seguito a quello che aveva minacciato nella risoluzione precedente, la 2094 votata nel 2013. Yoshikawa ha aggiunto che il Giappone aveva alcune nuove idee sulla prossima risoluzione e poi ha risposto alle domande dei giornalisti. Così quando anche noi de La VOCE qui abbiamo chiesto di condividerne almeno una con i giornalisti, l'ambasciatore giapponese è rimasto prudente: "Queste idee le condivideremo prima con gli altri membri del Consiglio".

L'ambasciatore giapponese, che insieme ai rappresentanti di USA e Sud Corea aveva chiesto la riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza, tra tanta retorica ha detto una frase significativa: "Se nella prossima risoluzione del Consiglio non ci sarà una risposta adeguata, il Consiglio stesso rischia la sua credibilità".

Ma quale potrebbe essere la risposta adeguata? Cosa c'è rimasto di opzioni, oltre alla serie di sanzioni già imposte, che possano colpire il regime di Pyongyang? 

A cosa serve mostrare sempre il bastone senza far capire come si possa raggiungere invece la carota? Quel regime nordcoreano è pericoloso? Non c'è dubbio, ma è ovvio che con questi test mandi messaggi minacciosi alla comunità internazionale per aver in cambio qualcosa. Che cosa?

Perché delle due una: o il Consiglio di Sicurezza si convince che il regime Nord Coreano è criminale, fuori controllo e prima o poi scatenerà il finimondo e quindi bisogna agire di conseguenza (anche se ormai questa soluzione appare troppo in ritardo per poter evitare la catastrofe), oppure pur con tutte le sue stranezze, quel regime è pur sempre un interlocutore con cui bisogna cercare un accordo, come per esempio è alla fine avvenuto con l'Iran. 

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Quando all'ambasciatore giapponese è stato chiesto a cosa serva un'altra serie di sanzioni e se questo ultimo test Nord Coreano invece non sia un modo per Pyongyang di attrarre attenzione per ottenere un "deal" come lo ha avuto Teheran (che, ricordiamo, non ha ancora la bomba atomica),  Yoshikawa ha risposto che il Giappone, come altri paesi, è pronto a ristabilire relazioni normali con la Nord Corea, e che nelle risoluzioni precedenti c'era sempre stata questa porta lasciata aperta se solo fosse stata scelta. 

Visto dal Palazzo di Vetro, il déjà vu continua. Aspettatevi quindi  un'altra risoluzione del Consiglio di Sicurezza, e come ci ha detto anche Lassina Zerbo, the Executive Secretary of the CBTBO (Comprehensive Nuclear Test-Ban Treaty Organization), questa dovrà avere un linguaggio "ancora più forte".  Quindi la logica ci dice che per attrarre l'attenzione su quello che chiede il supremo leader Kim Jong-un, il prossimo test Nord Coreano potrebbe fare ancora più rumore. Con l'alto  rischio che dal déjà vu , prima o poi si passi a raccontare la favola de "al lupo al lupo…"

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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