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July 14, 2015
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Obama sul nucleare iraniano fa la cosa giusta: anche con l’Iran la fiducia non serve

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Barack Obama, con accanto il vicepresidente John Biden, annuncia agli americani l'accordo con l'Iran sul nucleare

Barack Obama, con accanto il vicepresidente John Biden, annuncia agli americani l'accordo con l'Iran sul nucleare

Time: 7 mins read

"Come si può essere così ingenui dal fidarsi dell'Iran" continua a dichiarare Israele e così gli fanno eco al Congresso degli Stati Uniti dopo l'annuncio questa mattina del presidente Barack Obama sullo storico accordo sul nucleare firmato a Vienna. E già da questa affermazione si capisce che non si vuol capire nulla (o si fa finta di non capire) di quello che sta avvenendo in Medio Oriente.  Infatti lo stesso Obama, quando ha parlato dalla Casa Bianca, ha subito avvertito: "Questo accordo non è costruito sulla fiducia, ma sulla verifica". 

E'  ovvio che non ci si possa fidare dell'Iran. Ma poi, chi nelle relazioni internazionali si fida dell'interlocutore? La fiducia, nella geopolitica, non è una cosa seria. Insomma gli Stati si accordano, si alleano, fanno trattati e affari e non si fanno magari più guerra, non perché da ex nemici ora si "fidano" l'un dell'altro ma perché hanno costruito una base di interessi comuni su cui costruire il loro rapporto di convivenza e di pace. La fiducia nel senso di "trust" non è mai esistita nelle relazioni internazionali tra gli Stati, e a prova di ciò bastano le ultime rivelazione di WikiLeaks, di come la Casa Bianca spiava sia il governo di Parigi che di Berlino. Ma come degli alleati? Altro che fiducia. Ma ovviamente, anche la Francia o la Germania, se ne avessero la possibilità…Deal 1

La fiducia è un sentimento serio tra marito e moglie, tra amici, tra giocatori e allenatore, tra medico e paziente…. nel proprio rapporto con Dio: In God You Can Trust! Ma tra gli stati? E' ingenuo e assurdo pensare di basare i rapporti tra le nazioni sulla "fiducia", quando questi prosperano e non tradiscono (troppo) nelle relazioni solo perché gli interessi in comune diventano più forti delle loro potenziali ostilità. 

Quindi quello che è  successo tra Stati Uniti e Iran (sottoscritto da Russia,  Francia, Germania, GB, Cina e UE) non è altro che la presa d'atto che gli interessi in comune tra queste nazioni possono essere più forti dei quasi quaranta anni di "artificiale" ostilità e guerra fredda. Gli Stati Uniti per trovare la stabilità in un sempre più instabile Medio Oriente, non possono rinunciare alla possibilità di avere una intesa con l'Iran, la nazione più grande e potente della regione. La questione nucleare in realtà è la scusa per inaugurare una nuova era, perché è chiaro che prima o poi Teheran, se ancora la vorrà, la bomba atomica l'avrà (dopo 15 anni, secondo l'accordo, l'Iran sarà libero di arricchire quanto uranio vorrà).  Ma senza l'intesa con l'Iran, il Medio Oriente, dalla Siria all'Iraq, dallo Yemen al Libano, continuerà ad essere un pandemonio di guerre sempre più vicino all'abbisso. Ad Israele, questo non importa?

Ministri Esteri

I ministri degli Esteri del 5+ 1 con il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif, il 14 luglio a Vienna, annunciano l’accordo (Foto Ap)

Al Congresso esponenti di entrambi partiti troppo celeri nel supportare il governo di Israele prima ancora di sapere che cosa farà, avevano più volte minacciato Obama nell' andare avanti con un "deal" con l'Iran. Apriori, seguendo i dettami del governo Netanyhau, alcuni senatori e congressman  – e già quasi tutti i candidati repubblicani alla Casa Bianca – avevano dato per certo che "fidarsi" dell'Iran sarebbe stato come un suicidio. Obama non si è fatto intimidire e ha subito dichiarato che, mentre il Congresso si accinge ad esaminare l'accordo di Vienna, lui ha già deciso. Lo ha annunciato stamattina alla nazione,  porrà  "il veto a qualunque legislazione che cercherà di prevenire il successo dell'attuazione dell'accordo". E col veto presidenziale, facendo un po' di calcoli di quanti siano coloro che in Congresso sono con Israele a prescindere da quello che farà, sarebbe veramente arduo per i senatori riuscire a respingere il trattato.  

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, non si è fatto attendere, e ancora prima che Obama annunciasse ufficialmente agli americani la firma dell'accordo, lo ha marchiato come "un errore storico" che porterà a "una superpotenza terrorista nucleare".

A dargli subito manforte, l'ambasciatore israeliano all'ONU, Ron Prosor, che al Palazzo di Vetro ha rilasciato questa mattina la minacciosa dichiarazione: "Gli iraniani si sono svegliati oggi all'alba di un nuovo giorno. E' molto simile all'alba del giorno prima, in cui erano parte di uno stato fanatico religioso che cerca l'annientamento di un altra nazione e cerca di promuovere il terrore in tutto il resto del mondo. Eppure, all'alba di questo nuovo giorno, possono rilassarsi e agire senza limiti, grazie ad una nuova prosperità economica, con un grande sorriso sulle lore facce. Domani, il resto del mondo ne pagherà il prezzo".  (The original in English: "The Iranians have woken up today to the dawn of a new day. It is very similar to the dawn of the previous day, in which they were a religiously fanatic state that seeks the annihilation of another nation, and acts to fund and promote terror all over the world. However, on the dawn of this new day, they can lean back comfortably, and act without limitations, with newfound economic prosperity, and with a broad smile on their faces. Tomorrow, the rest of the world will pay the price”.)

Israele, anzi il governo israeliano, afferma quindi di non fidarsi e che tutto il mondo pagherà caro questo accordo. Secondo chi scrive, Israele fa bene a non fidarsi dell'Iran infatti e farà bene a continuare a non fidarsi di qualsiasi altro stato, compresi gli Stati Uniti (non ci sorprenderebbe che WikiLeaks presto ci faccia vedere come gli americani spiano il premier israeliano, come ovviamente avviene già viceversa…).deal 2

Ciò che però continuiamo a non comprendere è come Israele, o meglio dire il governo Netanyhau, non si accorga che tra i paesi del Medio Oriente è proprio l'Iran quello dove gli interessi in comune potrebbero essere molto più pesanti dei motivi di ostilità. Ma i mullah ripetono che vogliono la distruzione di Israele? Cane che abbaia non morde, crede un' antica saggezza contadina. La retorica anti israeliana è servita da sempre al regime iraniano a dare comodamente la colpa di tutto quello che non va in Iran a Israele e al suo protettore "satana" l'americano.  Ma il popolo di una nazione millenaria come l'Iran sa benissimo che la distruzione di Israele equivarrebbe a sua volta alla distruzione della sua nazione e della civiltà persiana. Non ci risulta che l'iraniano medio che si è svegliato oggi col sorriso per l'accordo raggiunto sia così interessato a sparire dalla faccia della terra, come magari invece lo potrebbero essere certi fanatici che vengono attratti dallo Stato Islamico (nemico acerrimo dell'Iran, ndr), ai quali andando nell'altro mondo avrebbe i piaceri delle vergini in attesa…

Già, chi non ha tremila anni di storia, ma si espande a vista d'occhio attorno proprio ad Israele,  rappresenta invece un pericolo ben più imminente per Israele, quel salafismo sunnita, quel wahabismo con i petrodollari dell'Arabia Saudita,  quel nazionalismo arabo rafforzato dal fanatismo religioso del Califfato, ecco che questo potrebbe portare allo scontro finale con Israele e alle soluzioni di autodistruzione apocalittiche…deal 3

L'Iran con la bomba nucleare sarebbe lo stesso? Beh, forse lo era ieri, ma un Iran reintegrato tra le nazioni del mondo e fuori dal regime di sanzioni,  che diventa di nuovo il paese al centro del commercio  internazionale dal Medio Oriente ( a proposito, l'Italia era con la Germania la prima partner prima dell'arrivo del regime sanzionatorio, ma oggi si deve accontentare di partecipare alle trattative con la pur brava Federica Mogherini rappresentante dell'UE… ) sicuramente avrebbe molto meno interesse a perseguire una certa retorica nichilista: già, con gli affari non si sposerebbe affatto bene.

Quello che è sembrato notevole dalle prime informazioni sull'accordo, è che il regime delle sanzioni (quello sulle armi durerà ancora per cinque anni e per i missili otto) potrebbe essere reinstaurato se venissero trovate delle violazioni dell'Iran all'accordo sul nucleare firmato a Vienna; infatti basta che un panel di 8 membri confermi a maggioranza queste violazioni. In questo panel, oltre agli USA e l'Iran, detengono il voto la Russia, la Cina, la Francia, la GB, la Germania e l'UE. Cioè significa che il voto contrario di Iran, Russia e Cina non potrebbe fermare gli altri paesi dall'instaurare nuovamente le sanzioni ONU se fossero accertate delle violazioni. Ci sembra che John Kerry, il segretario di Stato vero artefice di questa trattativa non stop, abbia fatto bene i compiti fino alla fine. C'è persino il deal col ritorno al passato se l'Iran proverà a barare.

Ha ad un certo punto detto l'ovvio Obama, ma anche questo andava ricordato, quando ha ripetuto semplicemente che senza nessun accordo "le possibilità di avere una ulteriore guerra in Medio Oriente sarebbero più grandi". Bravo Mr. President, chi ama la logica invece che il fanatismo, non può che applaudire. 

Adesso anche Obama avrà la sua "legacy" in politica estera e proprio col Medio Oriente, come toccò a Jimmy Carter con gli accordi di Camp David tra Israele ed Egitto. Ma, lo ripetiamo, la grande occasione qui non è quella dell'aver evitato un Iran nucleare (probabilmente l'appuntamento è stato rinviato soltanto di 15 anni) ma quello che, finalmente, si potrà cominciare a spegnere l'incendio che divampa nella polveriere del mondo. 

Adesso che con l'Iran arriva la possibilità di aprire una nuova era, non ci sono più scuse: please Mr. President, si prenda seriamente cura di quel mostro chiamato ISIS (o ISIL o IS, o Daesh…) che continua a crescere minaccioso e troppo vicino all'Europa. Magari, alla fine del suo mandato, Mr. Obama, ci lasci un Medio Oriente meno terrorizzato e terrorizzante.


 

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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