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June 17, 2015
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Ciao Professore Antonino Ciappina, infaticabile testimone di un’epoca che scompare con te

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 5 mins read

"La comunità sono iooooo!!!!!".

Così a squarcia gola urlò Antonino Ciappina, dopo un'animata discussione con la direzione, quando America Oggi era ancora nella vecchia redazione di Westwood. Già, Ciappina, chiamato da tutti i colleghi "Il Professore", se ne è andato a 90 anni compiuti e quella volta aveva proprio ragione: con lui scompare un'epoca della storia dell'immigrazione italiana in America.

Siciliano di Messina, di madre americana, nella città dello Stretto Ciappina aveva ricevuto una educazione religiosa e così rimase, uomo di fede devotissimo alla madonna, Gesù e i santi.  

Era destinato all'America. Conoscendo bene l'inglese, durante l'occupazione Alleata della Sicilia del 1943-45, riuscì a diventare interprete degli americani.

Alla fine della guerra, decide di trasferisi negli Stati Uniti e già negli anni '50 viene assunto come professore di italiano da un liceo del New Jersey. Lettore assiduo de Il Progresso italoamericano, il quotidiano italiano allora più importante degli Stati Uniti, si infuria ogni volta che scorge grossolani errori nei titoli e nei testi degli articoli. Questa "passione" per far notare gli svarioni grammaticali pubblicati sul Progresso, gli prepara un futuro da giornalista: dopo l'ennesima telefonata di protesta per segnalare gli strafalcioni, l'allora editore Fortune Pope gli fa una proposta di assunzione che non può rifiutare: correttore di bozze del giornale. Praticamente essere pagato per il suo hobby preferito. Svolgerà quel compito con precisione e, si racconta, estrema pignoleria fino a quando gli arriva la successiva proposta: lavorare in redazione come giornalista per coprire gli eventi della comunità degli italiani del Tristate. 

Svolse quell'incarico per mezzo secolo, prima al Progresso, poi ad America Oggi.

Ciappina si ritrovò tra gli scioperi che portarono al licenziamento dei giornalisti e dipendenti del Progresso e quindi, con Andrea Mantineo, Massimo Jaus, Giustina Li Causi e tanti altri giornalisti, tipografi e impiegati, diventò nel 1988 uno dei soci fondatori del quotidiano America Oggi. Per anni, Antonino Ciappina rimase nel Consiglio di Amministrazione del giornale. 

Tanti i miei ricordi del Professore Ciappina. Quando arrivai ad America Oggi, nel 1994, mi toccava ogni tanto fare la pagina della Comunità. Editando e impaginando i suoi pezzi, si doveva restare sul chi va là: se ti azzardavi a tagliargli un passaggio o appena cambiarlo, diventava furibondo. Andava a vedere le bozze delle pagine prima che diventassero lastre per la stampa. Appena si accorgeva che il suo pezzo era stato cambiato, si infuriava. Eppure bastava spiegargli, con calma, che sfoltendo un po' il pezzo si era riusciti a dar più spazio in pagina ad una delle tantissime foto che lui stesso scattava agli eventi, ed ecco che si calmava e sorrideva soddisfatto per la bella pensata: "Ah, benissimo, allora possiamo far posto anche per quella foto del commendatore seduto accanto all'uomo dell'anno…".

Ciappina riceveva più telefonate lui in redazione che tutti gli altri giornalisti messi insieme, e se le faceva passare tutte. E a quelle chiamate dai vari esponenti dei club delle comunità del New Jersey, del Queens, di Brooklyn, di Staten Island, del Bronx e persino del Connecticut, che lo imploravano di venire alle loro feste, lui rispondeva di "sì, sì, sì verrò lo prometto" e avrebbe fatto di tutto per esserci anche al loro "gala dinner dance". Ovviamente erano promesse impossibili, perché anche se Ciappina ce la metteva proprio tutta per essere "la comunità", questa si divideva in migliaia di associazioni e lui purtroppo era uno. Così si ammazzava di lavoro, lo vedevi sempre di fretta, arrivare in redazione di corsa per poi uscire di nuovo, per poi tornare e poi ripartire. E intanto ogni giorno qualcuno chiamava per rimproverarlo: "Ma perché proprio al nostro dinner dance non sei passato?". E lui, esausto, ripeteva: "Mi spiace, ma io sono dovuto andare prima al Queens, e poi tornare qui in New Jersey, a Brooklyn non ci sono arrivato ma… Si aggiusta tutto, mandatemi un resoconto e due foto, farò del mio meglio…".

Sì, Antonino Ciappina era proprio lui la comunità. E ne siamo convinti, ha vissuto novanta anni, nonostante entrasse e uscisse dagli ospedali da almeno dieci anni, perché non solo lo sosteneva la fede, ma sentiva fortissimo l'affetto che gli italiani d'America avevano per lui. E quell'amore ricambiato lo temprava. Come quella volta, una decina di anni fa, che dopo essere stato in ospedale più del solito ed essere stato dato ormai per spacciato dai soliti iettatori, la sera stessa che costrinse i medici a dimetterlo, arrivò bianco cadaverico direttamente in redazione senza passare da casa, e si mise alla scrivania a lavorare. Il direttore Mantineo invano cercò di convincerlo ad andare a casa, ma lui rimase li fino a tardi a scrivere gli articoli arretrati e sistemare gli appuntamenti per i prossimi "dinner dance" e "uomini dell'anno". Si affliggeva ma non per la malattia ma al pensiero: la comunità come avrebbe fatto senza di lui?

Ciappina si accorgeva che i colleghi lo prendevano un po' in giro per quella sua passione smisurata per la comunità. Eppure non faceva mancare giornalmente una dimostrazione di affetto per chiunque.  A tutti offriva, ogni pomeriggio, puntuale tra le tre e le quattro, dei biscottini a forma di animale. Io mi divertivo ad acchiappare gli animaletti dalla scatola, mentre li offriva, dicendo ad alta voce ciò che mi apprestavo a divorare: "Elefante! Cammello!…". E poi lo provocavo. Prendevo uno di quei biscottini storpiati, e dicevo: e questo che animale è? E il Professore subito si metteva li a studiare il misterioso biscottino, e al momento di svelare l'animaletto, eccolo contento sorridere come un bambino.

Era un signore gentile che non sapeva dire no. Le stagiste, le giovani aspiranti giornaliste arrivate dall'Italia che nella redazione di America Oggi non sono mai mancate, lo adocchiavano subito per quel suo andare e tornare e riandare. Si faceva trovare sempre disponibile per i passaggi verso New York, tanto lui a Brooklyn, Queens, Manhattan, andava comunque. Così gli occhi dietro le lenti spesse gli si illuminavano quando chi in cerca di passaggio chiedeva: professore, lei a che ora va? Posso andare con lei?

Era stato sposato, poi per anni rimase scapolone, tanto lui era sposato con la comunità. Fin quando incontra e poi sposa l'amata Cindy, che diventerà sua moglie quando lui aveva ben passato gli ottanta. Lo abbiamo già detto, Antonino Ciappina è stato fino all'ultimo un uomo di fede molto sentita che esprimeva non solo nello spirito, ma anche con le azioni concrete. Per i bambini orfani di padre Salerno, missionario in Perù, organizzò collette al giornale con risposte dei suoi lettori che portarono alla costruzione di una scuola. Partiva per il Sud America, per l'Africa, e portava il suo aiuto ai preti e alle suore missionarie. Ciappina aveva uno sconfinato amore per la comunità italo americana ma donava il suo grande cuore cristiano a tutti coloro che ne avevano più bisogno.

Antonino Ciappina, classe 1925, è stato un uomo generoso e religioso. Un italiano patriottico. Un siciliano in America di altri tempi. Con i suoi articoli coloriti e a volte troppo approfonditi, è stato tra i maggiori testimoni della storia, cultura e tradizione degli italiani in America. Proprio vero, Antonino Ciappina era quella comunità che infatti con lui se ne va. 

Ciao Professore, in Paradiso sarai sicuramente santo dell'anno. 

 


La salma è composta nella Van Emburgh-Sneider-Pernice Funeral Home, 109 Darlington Avenue, Ramsey, New Jersey. Orario visite giovedì ore 4-9 pm.

La messa funebre sarà celebrata venerdì alle ore 11 am nella St Luke's Catholic Church, 340 N. Franklin Turnpike, Ho-Ho-Kus, New Jersey. La sepoltura avverrà nel cimitero della stessa chiesa.

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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