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Arte e Design
August 3, 2014
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August 3, 2014
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Luce e colore nella pittura dell’ultimo Turner

Beniamino VizzinibyBeniamino Vizzini
Immagine 1

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Time: 8 mins read

 

La mostra alla Tate Britain di Londra Late Turner – Painting set free è destinata a diventare riferimento importante, di livello europeo, per un meritato ritorno di interesse verso l’arte pittorica di uno tra i pochi grandi artisti inglesi il cui nome è noto anche fuori dal proprio paese d’origine. Assieme ad altri pittori quali Hogarth, Reynolds, Gainsborough, Stubbs, Blake, Lawrence e Constable, Turner è stato uno degli esponenti di primo piano della storia dell’arte inglese in un periodo in cui questi artisti riuscirono ad affermare una scuola nazionale. Tuttavia, fin dagli esordi, l’artista londinese di Covent Garden destò meraviglia e indignazione nei suoi contemporanei per le tecniche e l’aspetto inconsueto dei suoi dipinti. In seguito, le cose non cambiarono, anzi, mano a mano che si andava affermando, lo stile dei suoi dipinti si allontanò sempre più da ciò che il pubblico e i critici si aspettavano. Ciò nonostante, a dispetto del generale sconcerto che suscitò, o forse proprio grazie a esso, Turner riuscì a mantenere la propria posizione di artista più illustre della sua generazione. Probabilmente, è proprio questo lato poco conformista del suo lavoro pittorico, soprattutto nel carattere sperimentale delle scelte tecniche e nelle prospettive di indagine di un certo sguardo sul mondo, che continua ancora oggi ad affascinare e ad attrarre molti, soprattutto artisti, e che ha indotto la Tate Gallery a riservare uno spazio espositivo concentrato, come non si era mai visto prima, sulle opere prodotte durante l’ultimo periodo della vita di Turner; quelle che, per alcuni, rappresentarono il delirio di un anziano pittore ormai non più capace di autocontrollo e che, invece, rivelarono, al suo massimo grado di radicalità, il senso ultimo e più autentico di tutta quanta la ricerca artistica di un’intera esistenza.

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Joseph Mallord William Turner fu grandissimo pittore, incisore ma, soprattutto, virtuosissimo e raffinatissimo acquerellista; vari anni prima di cimentarsi con la pittura a olio era già abilissimo nell’uso dell’acquerello su carta. Arte inglese per eccellenza, l’acquerello godeva di un’illustre tradizione. Alla fine del XVIII secolo un celebre collezionista, il dottor Monro, costituì quella che diventerà una delle fonti maggiori dell’arte britannica. Aprì nella sua casa uno studio dove molti giovani artisti sperimentarono la tecnica dell’acquerello; tra questi William Turner che, da quel momento, inizierà ad avviare un processo di ricerca in cui avviene una fusione della pittura a olio con questo medium relativamente nuovo, poco usato fino alla fine del Settecento, dell’acquerello e dove il colore è steso a velature, come nei dipinti classici veneziani, o come se la tela fosse, appunto, un grande acquerello, pervenendo alla composizione d’una tecnica e di un’opera così moderne che il concetto di luce, forma e spazio da lui espresso ha segnato in modo indelebile la storia dell’arte.

Nel 1790, quando per la prima volta espose una sua opera alla Royal Academy si trattò ovviamente, di una veduta della sua città natale ad acquerello. Dovevano passare altri sei anni prima che partecipasse a una mostra con una tela a olio. Nel primo decennio dell’Ottocento, Turner dipinse svariate serie di acquerelli per il suo principale mecenate che, all’epoca, era Walter Fawkes, possidente terriero dello Yorkshire. Di questi fanno parte le sue più raffinate vedute alpine che nel 1819, quando vennero esposte nella dimora londinese di Fawkes, furono considerate una prova inoppugnabile del fatto che Turner aveva trasformato l’acquerello in una forma artistica di cui l’Inghilterra poteva giustamente andar fiera. Ma fu la serena, brillante luminosità degli acquerelli prodotti durante i suoi soggiorni in Italia a testimoniare la prima trasformazione nell’uso dei colori da parte di Turner.

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Anche prima della fine del Luglio 1819, quando Turner, per la prima volta, lasciò Londra per raggiungere la penisola, l’artista aveva dipinto vari acquerelli che raffiguravano il paesaggio italiano, ivi inclusa una serie basata sugli schizzi a matita di James Hakevill. Tra questi vi erano delle vedute di Venezia, Roma, Firenze, che più tardi vennero incise a partire dai suoi acquerelli. In questo periodo, l’artista che il pittore inglese ammirava di più era Claude Gellée, noto come Lorrain. Turner si era commosso fino alle lacrime davanti alla bellezza dei dipinti di Lorrain, temendo di non riuscire a dipingere niente che fosse altrettanto bello. E furono proprio i paesaggi di questo pittore del Seicento a fornirgli la chiave per le sue vedute spesso strutturate con il sole al centro del dipinto, come nel Porto di mare eseguito dall’artista francese. Era la scoperta della luce: protagonista assoluta d’una visione ricca di splendore fisico, materico e spirituale insieme, in cui si configura la qualità “trascendente” dell’immagine pittorica.

Dopo, durante il suo primo effettivo tour in Italia, Turner riempì ventitre album, la maggior parte dei quali erano dedicati al periodo trascorso a Roma e nei suoi dintorni, come per esempio a Tivoli; in realtà l’artista riuscì a visitare anche Venezia, Como, Napoli, Pompei e Paestum. L’Italia era stata la meta da lui ambita per tanti anni soprattutto perché Turner desiderava conoscere la campagna che aveva magnificamente ispirato l’opera di Lorrain. Di conseguenza, per prima cosa cercò di individuare gli scenari preferiti del suo predecessore. Ma la ricchezza degli stimoli visivi davanti ai quali si ritrovò superava di gran lunga il programma che si era prefisso, così cominciò a privilegiare la propria visione personale, dipingendo suggestivi, meravigliosi acquerelli, in cui le immagini sembrano sospese sul foglio come un miraggio, un effetto che nasce dall’importante serie di studi dipinti a Venezia nei primi anni Quaranta, e che trasmettono efficacemente l’estasi dell’artista davanti al paesaggio italiano.

Le ultime composizioni di Turner acquistano toni sempre più visionari, le forme del mondo si dissolvono, gli spazi cessano di essere percepibili, i colori accentuano il loro significato emotivo. In qualche caso i colori si dispongono secondo un vortice che rapisce lo spettatore e che vertiginosamente lo conduce verso spazi luminosi e infiniti, come in Luce e colore: la teoria di Goethe. Il mattino dopo il diluvio. Mosè scrive il libro della Genesi, un’opera del 1843 nata sotto l’influsso della lettura del libro goethiano La teoria dei colori; infatti, secondo Goethe le tonalità calde come il giallo (il primo colore che esce dalla luce), il rosso e il verde, sono positive in quanto suggeriscono calore e gioia di vivere. Turner si servì di questi colori per rappresentare il rinnovato espandersi della luce dopo le lunghe tenebre del diluvio universale.

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L’ossessione di Turner per il carattere mutevole della luce fu in definitiva la caratteristica fondamentale di gran parte delle sue ultime opere, egli concentrò la propria attenzione sulla maniera in cui la luce cambia il mondo così come viene visto comunemente. I suoi dipinti furono il modo più esplicito di mostrare ciò che aveva teorizzato Goethe ovvero come, secondo lui, i principi della luce e del colore operassero realmente in relazione all’oscurità e alle tenebre. Il grande poeta tedesco aveva scritto: “La nascita di un colore richiede luce e oscurità, chiaro e scuro, oppure con un’altra formula più generale, luce e non-luce. Vicinissimo alla luce nasce un colore che chiamiamo giallo, vicinissimo all’oscurità sorge invece quanto designamo con l’espressione azzurro” (W. Goethe, La teoria dei colori, a cura di R. Troncon, Il Saggiatore, Milano, 1979).

Concludiamo, ancora, con le seguenti parole di Wolfgang Goethe tratte da La teoria dei colori e, a nostro parere, non indisponibili ad essere riferite al senso della pittura quale fu praticata, in specie, da un grande artista come Joseph Mallord William Turner, membro effettivo della Royal Academy di Londra e membro onorario dell’accademia di San Luca, grazie a Canova. “…Dicevamo: l’intera natura si rivela attraverso il colore al senso della vista. Ora affermiamo, seppure in certa misura ciò possa suonare singolare, che l’occhio non vede alcuna forma, in quanto soltanto chiaro, scuro e colore stabiliscono insieme ciò che distingue un oggetto dall’altro e la parte di un oggetto dalle altre. Sulla base di questi tre momenti costruiamo il mondo visibile rendendo così contemporaneamente possibile la pittura, capace di creare sulla tela un mondo visibile assai più compiuto di quanto possa essere quello reale” (W. Goethe, La teoria dei colori, a cura di R. Troncon, Il Saggiatore, Milano, 1979).

 


Nelle immagini:

Immagine 1: Joseph Mallord William Turner, Ancient Rome; Agrippina Landing with the Ashes of Germanicus, in mostra nel 1839, olio su tela, supporto: 914 x 1219 mm; cornice: 1230 x 1530 x 140 mm, Tate. Accettato dalla nazione come parte del Turner Bequest 1856.

Immagine 2: JMW Turner, The Blue Rigi, 1841-2, acquerello su carta, supporto: 297 x 450 mm, Tate. Acquistato con l'interessamento del National Heritage Memorial Fund, l'Art Fund (con il contributo della Wolfson Foundation e il generoso supporto di David and Susan Gradel e di altri donatori grazie all'appello Save the Blue Rigi), membri e donatori della Tate 2007.

Immagine 3: JMW Turner, 9 tele finite, da sinistra a destra: Undine Giving the Ring to Massaniello, Fisherman of Naples, exh.1846 (Tate); War. The Exile and the Rock Limpet, exh.1842 (Tate); Dawn of Christianity (Flight into Egypt), exh.1841 (Ulster Museum, Belfast); Glaucus and Scylla – from Ovid’s Metamorphoses, exh.1841 (Kimbell Art Museum, Fort Worth, USA); Shade and Darkness – The Evening of the Deluge, exh.1843 (Tate); Light and Colour (Goethe’s Theory) – The Morning after the Deluge – Moses Writing the Book of Genesis, exh.1843 (Tate); Bacchus and Ariadne, exh.1840 (Tate); The Angel Standing in the Sun, exh.1846 (Tate); Peace – Burial at Sea, exh.1842 (Tate).

Immagine 4: JMW Turner, Rain, Steam, and Speed – The Great Western Railway, 1844, Copyright The National Gallery, London.

 


*Beniamino Vizzini nasce a Palermo nello stesso anno in cui escono Minima Moralia di Th.W. Adorno in Germania e L’uomo in rivolta di Albert Camus in Francia. Attualmente vive in Puglia. Fondatore con Marianna Montaruli e direttore della rivista Tracce Cahiers d’Art, curatore editoriale dal 2003 delle Edizioni d’arte Félix Fénéon. Cultore dell’autonomia dell’arte, concepisce l’esercizio della critica secondo le parole di O. Wilde come “il registro di un’anima”, decidendo di convertire questa sua passione in impegno attivo soprattutto sul versante pubblicistico-editoriale della comunicazione intorno all’Arte ed alla Storia dell'Arte.  

 

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