Martedì 2 agosto il Consiglio di Sicurezza, per tutto il mese guidato dal Rappresentante Permanente per la Malesia Dato’ Ramlan Ibrahim, ha dato avvio al dibattito aperto volto a discutere il 14° Report Annuale rilasciato dal Segretario Generale Ban Ki-moon a riguardo del preoccupante coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati.
Il documento, preparato in aprile ma reso pubblico solo a inizio giugno, sottolinea le nuove sfide che si pongono per assicurare ai bambini di tutto il mondo una corretta protezione ed ha ufficialmente inserito il rapimento nella lista delle sei più gravi violazioni verso i minori.
Il Segretario Generale si è dichiarato particolarmente preoccupato per l’aumentare dei casi di abusi sui diritti dei bambini, ormai troppo frequenti sopratutto in zone come Afghanistan, Iraq, Somalia, Sud Sudan, Siria e Yemen. Solo in quest’ultimo paese, ad esempio, il tasso di bambini arruolati nell’esercito e nelle milizie locali si è quintuplicato rispetto allo scorso anno e il numero di bambini uccisi o mutilati è aumento di sei volte. A tutto ciò si aggiungono gli attacchi compiuti quotidianamente dall’ISIS, che sempre più spesso si avvale di bambini soldato per rimpolpare i suoi ranghi, e le violazioni portate avanti da Boko Haram in Nigeria dove, solo per citare uno dei tanti casi registrati, 21 ragazze sono state fatte esplodere in luoghi affollati.
In occasione dell’apertura del dibattito aperto il Segretario Generale ha affermato: “Lo scenario internazionale cambia continuamente ma una cosa sembra rimanere uguale: i bambini continuano a pagare il prezzo più alto nelle situazioni di guerra. Le ragazze i ragazzi sono bersagli diretti e vengono troppo spesso arruolati per combattere. Sono vittime di torture, mutilazioni, abusi sessuali. Le loro case e le scuole vengono distrutte. È come se vivessero all’inferno”. Ban Ki-moon ha proseguito rifacendosi direttamente ai dati e ricordando che lo scorso anno in Somalia le violazioni sono aumentate del 50% rispetto al 2014, in Siria migliaia di bambini sono morti a partire dall’inizio dei conflitti e milioni sono rimasti traumatizzati, le violenze continuano a colpire i bambini israeliani e palestinesi e al momento più di metà dei profughi sono minorenni. Il Segretario ha poi spostato l’attenzione sul fatto che spesso gli abusi hanno luogo anche durante le operazioni di contro-terrorismo o pace-keeping e in occasione dei bombardamenti aerei. “Anche la guerra ha le sue leggi. Gli ospedali e le scuole dovrebbero essere protetti. I civili dovrebbero essere risparmiati, e i bambini non dovrebbero essere usati per combattere — ha dichiarato Ban Ki-moon — Il Report potrebbe risultare sconfortante ma non è questo il suo intento: esso mira a proteggere i bambini in pericolo e a promuovere un cambiamento concreto. Sono stati fatti passi avanti. Nel 2015, più di 8000 bambini soldato sono stati rilasciati e hanno possono ora tornare alla normalità. Molti paesi, inoltre, hanno approvato diverse leggi riguardanti la salvaguardia dei minori. L’obiettivo finale è porre fine a tutte queste gravi violazioni. Ciò richiede l’interruzione definitiva dei conflitti e il ristabilimento della pace, e per fare questo è necessario l’appoggio di ogni Stato membro. Se volete proteggere la vostra immagine, proteggete i vostri bambini ” ha concluso il Segretario.
A presentare il rapporto al Consiglio di Sicurezza, c’erano anche Leila Zerrougui (vedi video sopra), Secretary-General’s Special Representative for Children and Armed Conflict, e Anthony Lake, Executive Director of UNICEF.
Durante lo stakeout per la stampa Zerrogui ha affermato: “Il report fa riferimento al 2015 ma purtroppo gli abusi continuano anche nell’anno corrente. Il Mandato Speciale per la Rappresentanza dei bambini nei conflitti armati è stato creato vent’anni fa per porre fine alle violazioni e, anche se molte di queste proseguono, sono stati registrati progressi e ci complimentiamo con i leader che fanno tutto il possibile per assicurarsi che i diritti dei bambini vengano rispettati, anche nelle condizioni più difficili”.
Lake, durante il suo intervento nel corso del dibattito, ha ringraziato il Consiglio di Sicurezza per gli sforzi fatti nei confronti dei bambini ed ha ricordato che, al momento, circa 250 milioni di loro vivono in paesi lacerati dai conflitti, 30 milioni hanno dovuto lasciare le loro case e molti altri sono stati fisicamente e psicologicamente traumatizzati, “vedendo cose che nessun bambino dovrebbe mai conoscere: attacchi in scuole e ospedali, violenze sessuali, rapimenti portati avanti da adulti che hanno perso ogni decenza. La nostra rabbia, però, deve essere seguita da azioni concrete” ha affermato il Direttore Esecutivo, proseguendo: “Sono stati fatti progressi e molti Stati hanno modificato le loro legislazioni per assicurare che i diritti vengano rispettati. È il caso, tra gli altri, di Afghanistan, Colombia e Sudan. Dobbiamo continuare a collaborare per migliorare soprattutto in tre aree fondamentali: armi esplosive, accesso alla sanità e all’educazione. I bambini vittime dei conflitti non sono fuori dalla nostra portata e la comunità globale può e deve aiutare queste giovani vite ad emergere dall’oscurità portata dalle guerre”.
Anche l’Ambasciatore britannico Peter Wilson ha commentato l’avvio del dibattito ponendo l’attenzione sulla situazione in Siria, affermando: “Siamo estremamente preoccupati per queste zone a causa di ciò che il regime siriano e i suoi sostenitori stanno facendo nei confronti dei bambini. Credo che nel corso della prossima settimana avremo numerose possibilità per discutere l’argomento. Durante il dibattito ci concentreremo sull’importante lavoro svolto dalle Nazioni Unite e che tutti noi sosteniamo”.
Il Vice-rappresentante Permanente per l’Italia alle Nazioni Unite, l’ambasciatore Inigo Lambertini ha così commentato l’inizio delle discussioni: “Quest’anno celebriamo il 20° anniversario della creazione del Mandato Speciale per la Rappresentanza dei bambini nei conflitti armati, che l’Italia supporta pienamente. Dalla sua inaugurazione sono stati fatti importanti passi avanti verso la limitazione della pratica dei bambini soldato. Sono anche stati firmati vari documenti che hanno dato vita a normative più forti ed efficaci mirate alla protezione dei bambini coinvolti in conflitti armati, come l’introduzione del rapimento nella lista dei reati e l’adozione dell’Agenda 2030 tramite la quale gli Stati Membri si sono impegnati a prendere misure pratiche per sradicare i lavori forzati ed eliminare le peggiori pratiche di lavoro minorile, incluso l’arruolamento. Ma molto più importante dei documenti sarà la loro effettiva messa in atto”.
Lambertini ha proseguito il suo discorso affermando che il contributo dell’Italia riguardo al problema delle violenze su minori si manifesta su più fronti, dal coinvolgimento diretto dei centri di addestramento del paese nelle operazioni di pace agli sforzi fatti in direzione delle leggi internazionali, oggi minacciate da attori non-statali coinvolti nei conflitti. L’Italia promuove inoltre iniziative a lungo termine per il recupero e la reintegrazione dei bambini soldato nella società, in particolare in Africa e Medio Oriente, ed è coinvolta nell’elaborazione di nuove piattaforme studiate per affrontare il flusso di rifugiati minorenni che ogni giorno scappano dai conflitti.
“Tutti questi sforzi non possono essere disgiunti dalla necessità di fare giustizia nei confronti dei colpevoli. La credibilità a livello nazionale e internazionale è la chiave che permetterà di assicurare la fine degli abusi sui bambini. Con la Lista di Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile l’Italia si impegna ad eliminare il traffico di bambini soldato entro il 2030. Dobbiamo lavorar insieme per trasformare questa promessa in realtà” ha concluso Lambertini.
Molto controversa è stata la decisione, risalente al 6 giugno scorso, di modificare il Report per rimuovere la coalizione di paesi guidata dall’Arabia Saudita dalla lista di paesi autori di violazioni e abusi contro i minori. Numerose associazioni umanitarie hanno interpretato il provvedimento come un “vergognoso caso di sottomissione all’Arabia Saudita” e Richard Benner, Rappresentante dell’ufficio ONU di Amnesty International, ha dichiarato senza mezzi termini: “È la prima volta che le Nazioni Unite si piegano alle pressioni e accettano di modificare uno dei propri documenti in seguito alla sua pubblicazione. È immorale inoltre il fatto che l’autore di queste pressioni sia stato proprio uno Stato coinvolto nel Report”. Ban Ki-moon si è difeso affermando di dover tenere in considerazione gli interessi di un enorme numero di persone, ed ha affermato di aver avuto colloqui con i più alti Capi di Stato sauditi che gli hanno assicurato di aver preso misure volte a terminare e prevenire ogni tipo di violazione contro i bambini. L’ambasciatore saudita Abdallah Y.Al Mouallimi è intervenuto al Consiglio di Sicurezza e poi è andato davanti ai giornalisti a spiegare le ragioni dell’Arabia Saudita (vedio video sotto) per essere rimossa dal rapporto: “Credo che la decisione sia doverosa e corretta e siamo estremamente contenti che il Segretario Generale l’abbia approvata. Essa è basata sulle informazioni relazionate alla situazione dei bambini che sono state fornite alle Nazioni Unite in seguito alla pubblicazione del Report. Avremmo dovuto avere la possibilità di spiegarci prima, ma meglio tardi che mai. L’Arabia Saudita e la Coalizione per la restaurazione della legittimità in Yemen hanno sempre rispettato la legge internazionale in maniera appropriata. Siamo ora pronti a riprendere le consultazioni”. Ma poi sono iniziate le domande dei giornalisti e l’ambasciatore Mouallimi, di solito molto calmo, è apparso sempre più nervoso e spazientito.