“Possa Colui che ha instaurato la pace nei cieli, assicurarla anche a noi e al popolo di Israele. Amen”. Il rabbino Warshauer conclude il kaddish, la preghiera ebraica per i defunti. Il resto della cerimonia è un addio senza pianti. Un succedersi di discorsi e ricordi affettuosi, a volte anzi perfino scherzosi e punteggiati da scoppi di risa, come lei avrebbe voluto.
Rina Anoussi, l’agente di viaggio dei vip, a 67 anni se n’è andata così. “Biglietto di sola andata? No problem”. Come nel lavoro, anche nella vita la sua filosofia si riassumeva tutta in questo fiducioso messaggio. Rina soffriva di un male inguaribile, senza possibilità di ritorno. Cancro al cervello. Lei lo sapeva, ma non per questo aveva perduto la voglia di vivere. Fumatrice accanita, a chi le suggeriva di smettere rispondeva, con tono di sfida: “A che serve?”.
La sua specialità erano i viaggi del tipo “missione impossibile”. Attori di Hollywood, gente di Wall Street o di Broadway, ambasciatori e campioni sportivi: chiunque avesse una richiesta da soddisfare per il più irrealizzabile o stravagante dei viaggi non poteva che rivolgersi a lei. Qualche volta – ma erano tempi diversi – ai suoi servizi ricorrevano anche gli operatori dei media.
Nel 1987, verso le 14.30, l’allora corrispondente dagli Stati Uniti di un importante quotidiano europeo venne a sapere che l’FBI si preparava a imbarcare su un volo per Milano il faccendiere e collaboratore dei servizi segreti italiani Francesco Pazienza, sospettato di coinvolgimento nel caso Calvi (il banchiere del Banco Ambrosiano trovato impiccato a Londra sotto il Blackfriars Bridge). Il problema era che il volo sarebbe partito meno di 3 ore più tardi. Come arrivarci per tempo allo scopo di realizzare un’intervista esclusiva con il faccendiere di sicuro interesse?
“Nessun problema”, assicurò l’imperturbabile Rina. E così fu. Grazie al suo supporto logistico, il corrispondente-maratoneta, precipitatosi di corsa (il traffico era bloccato) verso il più vicino elicottero, alla fine riuscì a imbarcarsi. Mentre l’aereo volava, fece l’intervista con l’irraggiungibile Pazienza, seduto in classe economica con il poliziotto americano, in ultima fila vicino alle toilettes.
Greca di nascita e di educazione, per vocazione cittadina del mondo, prima di fondare a New York la sua agenzia-boutique The Travel Business, Rina Anoussi aveva lavorato in Israele e in Italia. In America, in trent’anni di attività, si era affermata specializzandosi nel settore dei viaggi per la clientela più sofisticata. Sci di fondo in Antartide? No problem. Un party volante per 200 persone diretto alle Fiji? Detto e fatto. Per Rina, e la sua squadra di 11 collaboratori, non era un problema.

L’attore Jeremy Irons ai funerali di Rina Anoussi a New York, martedì 28 ottobre
La sua clientela la inseguiva in ogni parte del mondo e non ha voluto mancare neppure per l’estremo saluto alla Riverside Chapel, partecipando a una cerimonia discreta come lei stessa aveva voluto. Uno dei discorsi più belli, senza retorica né commiserazione, è stato quello di Jeremy Irons. L’attore inglese, ora impegnato nella fiction I Borgia, ma già ben noto per altri film di successo quali Le Crociate di Ridley Scott e La donna del tenente francese di Karel Reisz, è venuto al funerale di Rina che, ha detto, faceva parte della sua cerchia di affetti.
Dopo di lui, è stata la volta del celebre commediografo Tom Stoppard, ora impegnato a Broadway in una nuova versione di The Real Thing, proprio l’opera grazie alla quale 30 anni prima Rina aveva conosciuto Jeremy Irons, all’epoca attore di teatro. “Rina si era follemente innamorata di Jeremy – ha ricordato Stoppard con una indiscrezione benevola che ha fatto ridere l’uditorio – lo rincorreva da tutte le parti e pretendeva che qualcuno glielo presentasse”.
Da quella infatuazione è nato un legame profondo, al punto che Rina – nel frattempo felicemente sposata con il manager di grandi catene alberghiere Takis Anoussis, suo connazionale – è stata scelta come madrina per il figlio minore di Jeremy Irons, Max, di religione cattolica, per volontà della madre Sinead Cusack, nota attrice irlandese. Una madrina ebrea per un ragazzino cattolico? E con ciò? Dov’è il problema?